Nella seconda metà degli anni ’60 del secolo scorso la canzone italiana fu caratterizzata, in maniera quasi ossessiva, da una sola tematica: il materasso. Gli esordi del genere, che i critici, presi completamente alla sprovvista, ribattezzarono “pop onirico” (etichetta che venne poi rubata dagli angloamericani decenni dopo come dream pop), furono all’insegna della leggerezza e dell’orecchiabilità, con motivi come Comprare il materasso di Teodoro Monghi del 1965 e Il Primo Materasso degli Amici del Cuore di pochi mesi dopo:
Già con l’exploit di Remo Amaretti (Sei il mio materasso, 1966) il genere nella sua resa si complica sia a livello musicale che di contenuti: a una semplice esaltazione delle conquiste materiali della classe media seguite al cosiddetto “miracolo economico” si appaia una meditazione più profonda sui destini del Paese e sul pericolo di un “brusco risveglio” individuale e collettivo (anche se taluni interpretano ancora il pezzo solo come una ispirata ballata d’amore).
Nel 1967 esce il capolavoro dell’onirismo italiano: Il Materasso degli Dei Del Sonno. La complicata suite, che fa combaciare l’intimismo della forma (già intriso delle influenze dei generi più all’avanguardia come il progressive e la psichedelia) con quello dei contenuti, venne definita dai critici dell’epoca come “troppo bella per essere reale”.
Poco tempo dopo le Ancelle di Morfeo riproposero Il Materasso senza tuttavia riscuotere grande attenzione a livello nazionale, in compenso però trovando una tanto calorosa quanto enigmatica accoglienza in Germania, Jugoslavia e Bulgaria.
Il Sessantotto concise con l’inizio della fine per il genere, principalmente a causa del clima di protesta imperversante nel Paese: il collettivo politico-musicale Panificio di Piazza Primo Maggio insinuò addirittura che dietro al “materassismo” ci fosse un complotto democristiano atto ad addormentare gli italiani e narcotizzarli con i falsi sogni di benessere di fronte agli incubi reali della rivoluzione nascente.
I Lillipuziani cercarono di bilanciare le tendenze ideologiche e le nuove influenze musicali proponendo, con Dormire, dolce dormire del 1969, una singolare commistione tra pop e progressive, con un testo che avrebbe dovuto equilibrare la “musica impegnata” (ormai divenuta un’espressione obbligatoria per il mainstream nazionale) con i gusti del pubblico. Il risultato venne snobbato in maniera clamorosa, e la band si sciolse immediatamente.
Il canto del cigno del pop onirico è rappresentato da Sonno Profondo di Diva Concetta, ballata struggente a cavallo tra un decennio e l’altro che restituisce le ansie e i desideri degli italiani e delle italiane dell’epoca. Si noti il fatto che ormai il “materasso” non viene più nominato ma soltanto evocato, come oscuro oggetto del desiderio della nostra musica leggera, perso per sempre come in un sogno.
Il tuo miglior pezzo su/con la c.d. “i.a.”
Secondo me sia testi che la musica sono del calcolatore, mentre il commento critico è tuo. Altrimenti ho fallito il test di Turing.
Grazie, i testi sono “purtroppo” miei (a parte quello degli Amici del Cuore, comunque ritoccato), perché il calcolatore, calibrato sull’inglese, è ancora incapace di scrivere alcunché di minimamente cantabile. Anche il commento critico è mio, ma è un ragionamento posteriore a tutta la roba creata con Suno.com (incredibilmente semplice da usare). Se hai delle idee da proporre scrivi pure, grazie