Gian Pio Mattogno
La rivoluzione borghese in Italia. 1700-1815
(Edizioni all’insegna del Veltro, 1989)
La rivoluzione borghese in Italia.
Dalla Restaurazione ai moti del 1831
(Edizioni all’insegna del Veltro,1993)
Mattogno segue con attenzione le tappe involutive della società italiana del secolo XVIII: da una analisi attenta delle istituzioni tradizionali (…) l’autore registra le direttrici dell’assalto ebraico-massonico alla società italiana, volto ad instaurare un assetto adeguato all’espansione politica ed economica del modello capitalista borghese. Il ruolo di centro diffusivo di idee strumentalmente anti-assolutistiche, svolto dalla Massoneria e dai centri d’influenza ebraici, viene esposto con grande attenzione attraverso la documentazione di come i protagonisti del giacobinismo italiano e del “Risorgimento” siano tutti, in qualche modo, riconducibili ad ambienti settari di ispirazione massonica ed ebraica. La rivoluzione del secolo XIX, ci spiega Mattogno, non fu pertanto in nulla nazionale, quanto funzionale ad interessi di potenze straniere e gruppi di pressione sovranazionali. Dall’interesse della Massoneria napoleonica a quella inglese, fino alla brama di emancipazione dell’Ebraismo […] la rivoluzione borghese in Italia fu, negli obiettivi e nei metodi, radicalmente antipopolare e scevra di ogni valore comunitario – presupposto essenziale, questo, per ogni movimento di autentica liberazione nazionale.
(“Libraria”, 2, 2° semestre 1989)
Prosegue con questo volume l’indagine di Gian Pio Mattogno sulla “terza dimensione” del processo unitario italiano (…) Questo secondo volume, passando in rassegna la situazione degli Stati italiani all’indomani del 1815, rileva il carattere compromissorio e contraddittorio della politica attuata dai governi restaurati, i quali colpirono sì le forze borghesi sul piano politico, ma conservarono praticamente intatte (ed anzi spesso la favorirono) la loro base economica. Lungi dall’appiattirsi sulle posizioni del tradizionalismo cattolico, controrivoluzionario e borbonico, la ricerca di Gian Pio Mattogno individua freddamente, senza nessun riguardo per nessun tipo di idealizzazione agiografica, le forze motrici e gli agenti protagonisti di un processo storico che ebbe come veicolo i movimenti “patriottici” e liberali, ma seppe in una certa misura controllare e utilizzare anche la parte avversa.
(“Nuove Angolazioni”, gennaio-febbraio 1994)
«A partire dagli anni ’30 [del XVIII secolo] la massoneria cominciò ad estendere i suoi tentacoli su tutta la Penisola, spesso con la compiacente tolleranza e la protezione suicida dei prìncipi riformatori. […] La prima loggia italiana fu fondata a Firenze da un gruppo di inglesi ivi residenti, tra il 1731 e il 1732. L’installazione della loggia rientrava nella politica imperialistica dell’Inghilterra.
[…] Sembra che il primo venerabile sia stato Enrico Fox, al quale successe Sewallis Shirley. La loggia dapprima si radunava in via Maggio nella locanda di un tale Pasciò, poi si trasferì nell’albergo di un altro massone inglese, Collins. Il gruppo iniziale si accrebbe di una sessantina di membri […]. Sotto la protezione dell’ambasciatore inglese, il massone Horace Mann, la massoneria fiorentina divenne il centro propulsore della cultura illuministico-borghese e della lotta contro la società tradizionale.
[…] Con la complicità di Gian Gastone prima e di Francesco Stefano di Lorena poi, la setta penetrò nei gangli vitali della burocrazia statale. Massoni erano tra gli altri Giulio Rucellai, segretario della Giurisdizione; il ministro Carlo Rinuccini; i ministri del Consiglio di Reggenza Marco Craon ed Emanuele de Richecourt. Non mancavano neppure intellettuali, preti e banchieri.
Le forze cattoliche cercarono di arginare l’assalto settario sostenuto dallo stesso governo. Nel 1737 il gesuita padre Cordara aveva scritto quattro Sermones, nei quali attaccava la cultura laicistica e razionalistica che faceva capo all’Università di Pisa. L’anno seguente papa Clemente XII emanava la prima bolla di scomunica contro la massoneria. Il governo granducale non si degnò neppure di registrare la bolla. Per precauzione i massoni fiorentini decidono comunque di sciogliere la loggia.
[…] Francesco Stefano, stretto fra il desiderio di difendere i confratelli, le proteste inglesi e il timore di una rottura con la Santa Sede, scelse salomonicamente una vittima sacrificale nella persona del poeta Tommaso Crudeli, che venne arrestato la notte del 9 maggio 1739. Il processo dell’Inquisizione, condotto dal padre Ambrogi, venne intralciato in tutti i modi dall’omertà massonica della cricca di governo. Il Rucellai si lamentò col Richecourt; fu organizzata una gazzarra massonica a favore dell’arrestato, mentre la Gran Loggia di Londra provvedeva a una colletta. Il Crudeli fu condannati al domicilio coatto, ma non come massone, bensì per certe sue “bagatelle” (così il Rucellai). Morì nel 1745, salutato come il primo martire della causa massonica» (pp. 79-81).
“Since the first half of the 18th century, Freemasonry began to extend its influence across Italy, often with the agreement of forward-thinking princes. The first Italian lodge was founded in 1731 by a group of English citizens living in Florence. The creation of the lodge was part of British imperial policy.
It seems that the first venerable was Enrico Fox, to whom succeeded Sewallis Shirley. The lodge first met in an inn, then moved to the hotel of another English freemason, Collins. The initial group grew to about sixty members. Under the protection of the English ambassador Horace Mann, Freemasonry in Florence became the driving force of bourgeois enlightenment culture and the spearhead of the struggle against traditional society.
With the complicity of Gian Gastone de’ Medici, Grand Duke of Tuscany, and Francis I of Lorraine, the sect penetrated vital nerve centers of bureaucracy. Masons were, among others, Giulio Rucellai, secretary of the jurisdiction; the minister Carlo Rinuccini; the ministers of the Council of Regency Marco Craon and Emmanuel de Nay Count of Richecourt. There were also intellectuals, priests and bankers.
Catholic forces tried to stem the sectarian assault supported by the government itself. In 1737 the Jesuit father Cordara wrote four Sermones, in which he attacked the secularist and rationalistic culture headed by the University of Pisa. The following year Pope Clement XII issued the first bull of excommunication against Freemasonry. The Grand Ducal government did not even register the bull. As a precaution, Florentine Masons still decide to dissolve the lodge.
Francis Stephen, caught between the desire to defend his Brothers Freemasons, the influence of Britain and the fear of a rupture with the Holy See, chose as scapegoat a poet, Tommaso Crudeli, who was arrested on the night of 9 May 1739. The process of the Inquisition, led by Father Ambrogi, was hampered in all ways by the Masonic silence of the ruling elite. Rucellai complained to Richecourt; a Masonic sedition was organized in favor of the arrested, while the Grand Lodge of London organised a collection. Crudeli was sentenced to house arrest, but not as a Mason, but for some of his “mischief”. He died in 1745, hailed as the first martyr of Universal Freemasonry.”(Gian Pio Mattogno, La rivoluzione borghese in Italia: 1700-1815, 1989)