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La prima fotografia della Sindone

Secondo Pia (1855–1941)

L’avvocato astigiano Secondo Pia (1855–1941) è passato alla storia come primo fotografo della Sindone di Torino, l’autore dell’immagine che ottenne l’approvazione dalla Chiesa come parte devozionale del Santo Volto di Gesù.

L’impresa (perché tale fu) gli riuscì grazie al sostegno del barone Manno, suo patrocinatore nelle difficili trattative con Casa Savoia, proprietaria della reliquia. Grazie al negativo, la fotografia svelò particolari che a occhio nudo potevano solo con grande approssimazione essere percepiti.

Proprio questi dettagli suscitarono, in seguito alla divulgazione dell’immagine ripresa da Pia, grandi polemiche nell’opinione pubblica, tanto che il Pia, nel 1901, decise di far autenticare le testimonianze di quanti erano con lui quella notte che fotografò il Sacro Lenzuolo, per attestare l’assenza di artifici nell’esecuzione delle lastre.

Nell’atto raccolto dal regio notaio Giuseppe Cantù, si legge:

«Nella notte del ventotto maggio milleottocentonovantotto alle ore nove e mezzo pomeridiane il Signor Avvocato Secondo Pia si accinse a fotografare il Santo Lenzuolo. A tale effetto fu costruito un apposito palco alla distanza di otto metri e dirimpetto all’altar maggiore, sul quale stava esposta la Sacra Reliquia dietro al Cristallo, entro a cornice. Sul detto placo l’Avvocato Pia collocò la sua macchina fotografia del formato cinquanta per sessanta, la Sacra Reliquia era illuminata da due fari elettrici i quali ciascuno con proprio riflettore mascherato da schermi di vetro smerigliato [per una migliore diffusione della luce, n.d.r.] erano collocati di fronte e lateralmente alla S. Reliquia ed alla distanza di circa metri dieci dalla medesima, e con l’avvertenza che quello collocato in cornu evangelii aveva una potenza luminosa superiore di circa cinquanta candele a quello opposto, come si vede chiaramente dal cliché fotografico. Accintosi all’operazione eseguì l’Avvocato Pia due pose, una di quattordici minuti primi e l’altra di venti minuti primi. Si esclude in modo assoluto che siansi prese negative per trasparenza od in qualsiasi altro modo diverso da quello suaccennato, non essendo la Santa Reliquia mai stata rimossa dalla sua cornice e dal cristallo che la custodiva».

Secondo la stessa relazione del Pia, l’obiettivo da egli utilizzatao fu un Voigtlander “con diaframma due millimetri” e le lastre prodotte dalla Edward e sviluppate in soluzione di ossalato ferroso. Per evidenziare le tonalità pose inoltre davanti all’obiettivo un filtro paglierino. L’emozione nel constatare che sulla prima lastra appariva un perfetto ritratto “in positivo” del corpo la fece scappare di mano all’avvocato.

Fotocamera a lastre 50×60 usata da Secondo Pia per fotografare la Sindone (Museo della Sindone, Torino)

Altre immagini vennero realizzate in occasione delle successive ostensioni: nel 1931 da Giuseppe Enrie, fotografo in Torino, e nel 1969, durante la ricognizione promossa dal Cardinale Pellegrino, da Giovan Battista Judica Cordiglia. Nel 1973, poi, la Sindone fu ripresa dalla RAI per una ostensione solamente televisiva. Come ricorda una rivista di fotografia (La Sindone fotografata, “Il Diaframma/Fotografia Italiana”, luglio-agosto 1978)

«Le immagini dei primi fotografi vennero eseguito su lastre di grande formato, con ottiche di lunga focale, ad una distanza che permetteva una buona resa prospettiva dell’assieme, mentre il formato maggiore usato da Judica Cordiglia fu una macchina 10,7 x 12,7. Oltre al formato, anche la qualità dell’emulsione risultò importante, secondo i fratelli Dutto, continuatori dello studio Enrie, e studiosi dei problemi fotografici connessi alla Sindone. Le emulsioni impiegate nel 19669 erano pancromatiche, mentre quelle del Pia e di Enrie erano semplicemente ortocromatiche, “a bassa sensibilità (emulsione in attinica al rosso e perciò poco sensibile alle tonalità calde), essendo l’impronta della Sindone proprio di detta tonalità)”».

Cartellone sull’ostensione del 1898 della Sindone
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