La Metropolitana di New York annuncia che “per la prima volta in 115 anni il servizio notturno è stato sospeso per disinfettare i treni contro la pandemia”. Qualche osservatore malizioso fa notare l’orgoglio del governo “per aver pulito i treni per la prima volta in un secolo”.
Sono sicuro che da qualche parte qualcuno avrà scritto che l’attuale ossessione per l’igiene abbia qualcosa a che fare col fascismo, se non addirittura il biofascismo, nuovo hapax pronto a immillarsi nella lingua di legno.
In effetti anche in Italia la pulizia di mezzi pubblici e strade è stata annunciata come provvedimento “emergenziale e straordinario”, quasi una ammissione implicita che in fondo il rifiuto di sbarazzarsi di lerciume e sporcizia sia dettato più da una scelta politica che da qualsiasi pareggio di bilancio.
La stessa considerazione peraltro vale anche per l’impressionante dispiegamento di forze dell’ordine ad ogni angolo del Bel Paese: quello che in “tempi normali” non si poteva fare contro spacciatori e vandali, diventa routine contro i normali cittadini.
Lo schema sembra anche piuttosto semplice: se ci si rifiuta di fare “pulizia” ordinaria, un giorno si sarà costretto a farne di “straordinarie”. Il decoro urbano non è solo una paranoia conservatrice, ma ha evidentemente anche una funzione preventiva in termini di diffusione di malattie.
Per far capire di cosa sto parlando, vorrei riproporre un esempio che ho citato spesso. Si tratta di un aneddoto risalente all’estate del 2018, quando mi trovavo in Croazia e le prime pagine dei giornali vennero occupate per lunghissimi giorni dalle riprovevoli gesta della figlia del premier ungherese Viktor Orbán, Ráhel, macchiatasi di uno dei crimini più odiosi per gli abitanti della Republika Hrvatska: gettare un pannolino sporco a terra.
L’abominevole azione ebbe risonanza anche nella patria d’origine della sciagurata, perlopiù utilizzata dagli oppositori del governo per qualche polemicuccia sulla “impunità della famiglia Orbán“. Tuttavia, è stato principalmente nell’ex provincia balcanica dell’Impero Austroungarico che l’affronto ha più pesato: evidentemente la pulizia delle strade anche per Zagabria assume, come notavano, un significato ulteriore rispetto al semplice decoro urbano.
Questo porta a una riflessione più ampia, che vorrei approcciare tornando un attimi ai tragici anni ’90, ai tempi in cui la stampa cattolica era galvanizzata dall’eventualità di un bel governo clerico-fascista al di là dell’Adriatico e non si lasciava sfuggire occasione per giustificare sottilmente il revanscismo croato.
In particolare ricordo un pezzo di un noto giornalista “tradizionalista” che rappresenta ancora un capolavoro di surrealismo politico: in esso si elogiava il governo Tuđman per aver “ripulito le strade” come primo atto, non in senso metaforico ma proprio letteralmente, dando così al concetto di “strade pulite” piena legittimità nel pantheon dei valori di destra.
Ora, senza soffermarmi su quella generazione di para-lefebvriani che per un istante trovò una patria ideale in Balcania (salvo tornare immediatamente in cattività), devo ammettere che per quanto possa trovare ridicola l’idea di essere di destra solo per avere le strade pulite, al contempo riconosco che da quelle parti l’attenzione verso il bene pubblico è quasi commovente.
Non solo per i parchi ben curati, le palestre all’aperto o l’assenza di ladri e vandali (solo kossovari e napoletani, ma “in trasferta”), ma proprio per la “strada pulita”, attrazione turistica di così gran lustro da rendere addirittura meno ripugnante l’usanza dei barbari tedeschi e olandesi di camminare a piedi nudi sull’asfalto.
Quindi la conclusione quale dovrebbe essere? Miriadi di pulitissimi litorali istriani e dalmati negli ultimi anni sono stati ribattezzati “Riva Dottor Franjo Tudman”, il che lascia presupporre una inconscia relazione tra strada pulita e nazionalismo. Tuttavia, noto che la toponomastica croata contempla ancora numerosi viali Maresciallo Tito, quasi a dar l’idea che l’attenzione per il bene comune sia al contrario un lascito del socialismo jugoslavo. E se invece dovessimo risalire più indietro, appunto all’Austra-Ungheria o (ancor meglio) alla Serenissima? Come vedete, non è solo clerico-fascismo, o biofascismo.
La discussione non paia oziosa, poiché alla fin fine qualche sprovveduto potrebbe persino convincersi che per avere vicoli privi di cartacce, scarafaggi e piscio si renda indispensabile una guerra civile di stampo etnico-religioso e l’instaurazione di un governo clerico-fascista. Invece no, magari basterebbe solo qualche decennio di dittatura (che poi sfocerebbe in un’altra guerra civile eccetera). Grande è la confusione sotto il cielo e sopra i marciapiedi. Per ora l’unica direttiva è: “Pulite le strade, Dio riconoscerà i suoi”.