La questione dei “porti sicuri”

Oste, com’è il vino? La Tunisia non sarebbe un porto sicuro perché, stringi stringi, lo dicono…le ONG!
(Gog&Magog, 30 giugno 2019)

Sui temi dell’immigrazione dovremmo proprio aprire una rubrica “Qualcosa non quadra”, perché troppi sono i casi in cui, di fronte ad una narrazione mediatica e istituzionale assolutamente monolitica, basta una ricerca anche minima per trovare incongruenze enormi. E il tutto non è minimamente cambiato dai bei tempi dei “salvataggi nel Canale di Sicilia” esteso dai giornali sino alla Libia, per cui bastò un ragazzino youtuber a far saltare il coperchio mediatico.

Questo pare essere il caso anche di un altro totem immigrazionista, ripetuto come un mantra anche in questi giorni di Seawatch: “la Tunisia non è un porto sicuro”! E così, nonostante sia evidentemente più vicina alla Libia che il nostro paese, non ci si possono portare i migranti recuperati dalle navi Ong.

Il lettore poco attento, vedendo che una tale asserzione viene ripetuta in coro da tutti i media, da quelli vicini ai centri sociali, a quelli ecclesiastici a quelli di Confindustria, potrebbe essersi convinto che, in mezzo a tante incertezze, almeno tale punto sia assodato.

Infatti, sono circolati sui social vari post in cui si fa riferimento ad una mancata firma di convenzioni internazionali da parte del paese nordafricano, che lo renderebbero poco sicuro per i migranti sbarcati.

Se così fosse, in effetti le Ong avrebbero un appiglio formale notevole per rifiutare di fare rotta sui vicini porti tunisini. Ma c’è un problema: quale sarebbe questa Convenzione?

Su Linkiesta abbiamo trovato un recente esempio di questa prima “motivazione” (, e una tale Stela Xhunga fa riferimento alla Convenzione di Ginevra:

«La questione è così drammaticamente pratica da impedire a Carola Rackete di dirigersi a Tunisi perché la Tunisia non ha firmato la Convenzione di Ginevra, e in passato ha riportato i migranti in Libia».

Peccato che la Tunisia abbia firmato la Convenzione di Ginevra il 24 ottobre 1957… (attendiamo l’intervento dell’Ordine dei Giornalisti o dei factcheckers su questa fake news). Inoltre, quel paese pare proprio abbia firmato sia la Convenzione Internazionale per la sicurezza della vita umana in mare sia la Convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, insomma non c’è alcun accordo internazionale in merito cui la Tunisia non si sia prestata.

Non è un caso, quindi, che gli immigrazionisti più accorti non si azzardino a tirare in ballo l’argomentazione di mancate firme. Troviamo quindi il prof. Fulvio Vassallo Paleologo, docente a Palermo (un nome super partes, come vedete dalla sua biografia sotto, tratta dal sito “MeltingPot”: «Opera attivamente nella difesa dei migranti e dei richiedenti asilo, in collaborazione con diverse Organizzazioni non governative»), che interpellato da Euronews così dichiarava:

«Nel caso della Tunisia coloro che ottengono lo status di asilo ex convenzione di Ginevra come rifugiati non hanno diritto ad un permesso di soggiorno, coloro che ricevono protezione internazionale dall’UNHCR, non ricevono lo status legale, e poi rischierebbero di essere trasportati in altri paesi come il Niger, in caso di esito negativo della loro richiesta, qui potrebbero essere esposti a torture ed abusi da parte delle milizie che controllano i territori di questi paesi non appena fuori i centri d’accoglienza controllati dall’UNHCR».

Si tratterebbe quindi di un problema di garanzie burocratiche interne alla Tunisia, che ci risultano però bizzarre, dal momento in cui essa ha aderito pienamente a tutte le convenzioni in tema di diritto d’asilo e soccorso in mare…

Ecco però arrivare il Foglio che si limita a dire in questo articolo del 17 giugno 2019, una cosa ancora diversa: «Manca una legge che permetta a chiunque di presentare una richiesta di protezione umanitaria», senza però aggiungere alcun elemento preciso per questa affermazione. E infatti, forse per dare un po’ più di sostanza, il giornalista deve aggiungere un lapidario “il governo di Tunisi semplicemente non vuole accogliere i migranti che partono dalla Libia”.

Si tratterebbe, insomma, di un mero dato di fatto, senza un vero supporto formale…e le righe successive sembrano confermare questa impressione, dove si scrive, a mo’ di excusatio non petita, che, insomma, a prescindere dalle questioni giuridiche, questi tunisini fanno aspettare troppo le navi ong alla fonda («A prescindere dalla mancanza di tutele giuridiche per i migranti, le navi delle ong da quel momento non hanno più provato a fare rotta verso la Tunisia per evitare altre attese estenuanti»). E Alarm Phone (Alarm Phone! Ennesima ong di “volontari” nordeuropei, più volte accusata di coordinare i “soccorsi” coi trafficanti stile radiotaxi!) dice che non si può sbarcare lì.

Arriviamo così a un articolo di questi giorni de Il Post, in cui si intende ammaestrare il pubblico illustrando le “buone ragioni” del perché non si può sbarcare in Tunisia…e perbacco, niente mancate firme, niente indicazione precisa di leggi mancanti. La Tunisia non è un porto sicuro perché…così dicono le ong, le quali ritengono la legislazione del paese “incompleta”.

«La Tunisia è un paese relativamente sicuro ma non è attrezzato per garantire i bisogni dei migranti, e a giudizio degli operatori delle ong non ha una legislazione completa sulla protezione internazionale: una cosa essenziale perché possano essere rispettati i diritti umani dei migranti e perché un posto possa essere considerato un “porto sicuro”».

Da quando in qua organizzazioni private hanno una qualsivoglia autorità di interpretazione legislativa, a fronte di trattati internazionali firmati e in vigore? Si tratta per di più organizzazioni chiaramente aventi un interesse, morale se non economico, a portare il maggior numero di migranti in Europa, e per giunta con finanziamenti e catene di comando non sempre chiare.

Ciò a fronte, invece, di esponenti di organizzazioni internazionali riconosciute dal nostro paese, come l’UNCHR (il comitato Onu per i rifugiati, di certo non salviniano: è da lì che ci hanno “paracadutato” la Boldrini) che hanno ribadito più volte come la Tunisia sia un porto sicuro: da ultimo, Charlie Yaxley, Portavoce UNHCR per Asia e Europa, che si è così espresso nel 2018:

«Si tratta di un posto sicuro per lo sbarco, […] non ci si può trovare in una situazione in cui la disponibilità di fare domanda d’asilo […] viene rifiutata perché si cercano offerte migliori in altri paesi. […] Le Ong hanno un ruolo fondamentale nelle operazioni di ricerca e soccorso nel mediterraneo, offrendo assistenza alle persone che ne hanno bisogno mettendo in salvo quelle che si trovano in difficoltà in mare, ma il loro impegno non può arrivare fino all’offerta di assistenza alle persone facendo attività di lobby su dove la richiesta d’asilo debba essere presentata».

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