La scimmia discende dall’uomo

Una delle tanti affascinanti tesi sostenute dal compianto Giuseppe Sermonti (1925–2018) è che la scimmia discende dall’uomo, ovvero che tra le due specie sia quella umana la primaria, o addirittura archetipica, in un ribaltamento dei paradigmi (più culturali che scientifici) della modernità, che giunge alla rivalutazione del concetto di “primordiale”, a parere del biologo italiano da legare non con la bestialità, la brutalità e la bruttezza, ma con una “forma ideale” e “incontaminata fanciullezza”.

Come sostiene nella summa delle sue ricerche dedicate al tema, Il tao della biologia (Lindau, 2007),

«L’uomo attuale è una specie giovanile, perché ha conservato la sua primitiva potenzialità, è sempre rimasta fanciulla. Poiché altre specie si sono mosse dalla stessa strada verso forme trasformate, si può dire di esse che sono derivate dall’uomo? L’uomo è la forma più vicina, tra gli esseri viventi e fossili che conosciamo, alla misteriosa “madre” da cui sono discesi tutti gli ominoidi, uomini e scimmie».

Ora, si dà il caso che al di là delle implicazioni culturali, morali o addirittura politiche (lo studioso si guadagnò la fama di “destrorso” nonostante la serietà delle sue ricerche), è un fatto che Sermonti per sostenere la sua “eresia” citi direttamente importantissimi biologi, zoologi e paleontologi, che hanno considerato l’ipotesi nonostante tutto il terrorismo psicologico imposto dall’ortodossia darwiniana.

Propongo perciò di seguito un florilegio di citazioni tratte dal volume che potrebbero aiutare i lettori ad approfondire la questione anche da profani (mi sono permesso di linkare alcuni volumi da Amazon perché, come sa chi mi segue, l’acquisto di libri sulla piattaforma tramite il blog mi consente una remunerazione di circa il 5% sul prezzo di copertina).

Vignetta americana del 1871: un gorilla vuole denunciare Darwin alla “Società per la prevenzione della violenza sugli animali” per aver sostenuto di essere uno dei suoi discendenti.

«Anche se scimmia e uomo hanno comune radice, cosa di cui neppure io dubito, questa radice, e il germoglio principale che nasce da essa, devono prendere il nome da quella forma che ha conservato più numerose e più pure le proprietà originali, e che così appare come il prolungamento diretto del ceppo della radice. Questa è però non la forma scimmiesca ma quella umana, dalla quale quella scimmiesca si separò forse già molto precocemente, addirittura alla radice dei mammiferi, ma forse anche più tardi. L’espressione volgare, se si devono usare queste formule, dovrebbe suonare così: “La Scimmia deriva dall’Uomo”…»

(Max Westenhoefer, Die Grundlagen meiner Theorie vom Eigenweg des Menschen, Carl Winter, Heidelberg, 1948, p. 194)

«Noi non siamo evoluti da alcun primate che somigliasse alle forme adulte di scimpanzé o gorilla. Le grandi scimmie, nella loro ontogenesi, sviluppano molti caratteri ristretti unicamente a esse e che hanno poco a che vedere con fasi scimmiesche della ascendenza umana. Se siamo pedomorfici riguardo a queste specializzazioni, questo fatto è irrilevante per gli eventi della nostra filogenesi. […] Quale fanciullo di primati viventi è più simile nella forma agli stadi giovanili dei nostri antenati? La risposta deve essere: la nostra stessa forma infantile»

(Stephen Jay Gould, Ontogeny and Phytogeny, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge Massachusetts 1977, p. 404)

«La paleontologia umana ha esorcizzato l’antenato-scimmia solo negli ultimissimi anni, quando, a forza di trovare fossili sempre più antichi e sempre meglio conservati, è stato inevitabile arrendersi all’evidenza. Il venerabile antenato aveva sì un cervello piccolo e una faccia grande, ma camminava in posizione eretta e le sue membra avevano le proporzioni a noi note nell’uomo»

(André Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola, Einaudi, Torino, 1977, p. 21)

«La risposta più logica suggerita dalla evidenza fossile è questa: gli Ominidi non discendono dalle scimmie antropoidi, piuttosto gli scimmioni possono essere derivati dagli Ominidi»

(Björn Kurtén, Non dalle scimmie, Einaudi, Torino, 1972, p. 46)

«Noi pensiamo – ma si tratta di un’opinione personale – che la derivazione degli Ominidi dal ceppo comune a tutti i Primati ha più probabilità di essere vera della filiazione a partire dalla linea scimmiesca»

(Pierre-Paul Grassé, L’evoluzione del vivente, Adelphi, Milano, 1979, p. 116)

«Il camminare sulle nocche – non il bipedismo – è la novità evolutiva nella locomozione dei primati e […] molti altri caratteri ominidi sono primitivi mentre le loro controparti nelle scimmie africane sono derivate»

(Alan R. Templeton, “Evolution”, vol. 37, n. 2, marzo 1983, pp. 221-244)

«Una grande causa di confusione nello studio della evoluzioni degli ominidi è stato un insieme di invadenti pregiudizi che sono stati raramente resi espliciti. Primo, che gli scimmioni siano strettamente imparentati e gli ominidi siano divergenti, differenti da tutti gli scimmioni. Secondo, che in quasi tutti i caratteri gli ominidi presentassero condizioni derivate e le scimmie primitive. Terzo, che le scimmie siano cambiate poco rispetto all’ascendente comune. Gli studi molecolari suggeriscono che la prima affermazione è falsa; anche le altre sono probabilmente false»

(David Pilbeam, Recent Advances in the Evolution of Primates, Pontificia Academia Scientiarum, Città del Vaticano, 1983, p. 47)

«Potremmo anche la nostra ipotesi dicendo che le scimmie discendono dall’uomo […]. Non intendiamo dire che l’antenato comune fosse un essere umano pienamente sviluppato, ma che era più simile all’uomo che all’antropoide. […] Se è vero ciò che andiamo sostenendo, scimpanzé e gorilla sono comparsi sulla scena dopo di noi, in quanto discendenti di una linea proto-umana»

(John GribbinJeremy Charfas, Sorella scimmia. L’enigma dell’origine dell’uomo, Mondadori, Milano, 1984, pp. 219-220)

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