La scuola italiana negli anni ’50: una testimonianza

Prosegue la serie dedicata agli anni ’50, basata su testimonianze personali e ricerche storiche. Qui la prima parte, in cui si descrive la giornata classica di una famiglia dell’epoca. In questo capitolo, invece, viene offerto ai lettori un vivido affresco di una tipica scuola in quegli anni.

Pierfaustalaberto e Giorlimaco sono arrivati giusto in tempo all’istituto Augustolo Pertinenti Barbagliani Del Frattale Aleatorio, prima che i suoi pesanti cancelloni in amianto si chiudessero e li consegnassero per un’intera giornata alle tenebre e all’orrore. Il loro fratellino più piccolo, Crisantonpardo, è purtroppo deceduto nel tragitto da casa a scuola (una cinquantina di chilometri) che i bambini devono compiere quotidianamente, attraversando paludi non bonificate e grotte infestate dagli spiriti di partigiani azionisti fucilati dai comunisti (e per questo convertitesi a ideologie che nell’aldilà li hanno resi più aggressivi).

Giungere in classe in ritardo, o addirittura dopo l’avvento dell’Extrarettore Carladolfo Angenacletio Scannaleoni, comporterebbe tutta una serie di mutilazioni rituali in pubblico (eseguite, naturalmente, col consenso dei genitori e del medico di famiglia). Adesso però l’Arcidirigente sta entrando, e gli alunni devono star ben pronti ad alzarsi in piedi senza fallo.

L’ingenuo Salvadornibale, affetto da enormi deficit cognitivi (in terza elementare non è ancora in grado, a differenza dei suoi compagni, di risolvere la congettura di Riemann), dovuti di certo alle origini siculo-cirenaiche (a causa delle quali deve essere necessariamente escluso dai riti sociali e religiosi), nell’ergersi inciampia goffamente.

L’Ultrapreside Carladolfo allora lo chiama a sé e, dopo avergli bonariamente somministrato cinquanta nerbate con una cinghia infetta di polioembolite, lo rispedisce al posto tra lo stupore degli astanti per la lievità della pena. Ma ecco che l’infido Salvadornibale, in virtù del suo istinto levantino, sembra fuggir via troppo rapidamente verso il suo banco di ossa umane: tosto il mite Podestà Didattico gli spara a una gambetta con il revolver di classe, consentendo altresì ai compagni di godere dell’agonia del coetaneo come i beati in cielo si pascono delle sofferenze dei dannati all’inferno.

Silenzio ora, perché comincia finalmente la lezione. Il Sovramaestro chiama alla lavagna Silvanferino poiché appena ritornato a scuola dopo centouno giorni di assenza per influenza afroaustralasiatica (contratta durante i suoi lunghi turni di guardia notturni all’allevamento di aquile bicefale del nonno). Avendo compiuto un lustro e mezzo, il giovine dovrebbe ormai essere in grado di rispondere alla semplice richiesta del Surdocente, che dopo aver recitato un’eulogia in tedesco sulla necessità di nuclearizzare Hiroshima, gli chiede, ovviamente nella stessa lingua, di identificare la Spannungfeld tra i motivi fondamentali dell’annichilimento totale e della rigenerazione di una nuova umanità.

Silvanferino risponde citando le interpretazioni più all’avanguardia della Scuola di Streichholzschachtelburg, ma la preparazione più che sufficiente non basta a impedire all’Ultrapedagogo di adontarsi, in quanto a suo insindacabile parere l’alunno ha personalizzato eccessivamente la spiegazione, dimostrando una pericolosa e sovversiva originalità. Il voto dunque si abbassa a 4,092 [oggi equivalente a un A+++++ di quinta superiore].

Dopo un altro giro di domande lampo sulla teoria della relatività ristretta e sull’epos enniano in Plauto (argomenti indispensabili per chi in quegli anni avesse voluto ambire almeno alla quarta elementare), con necessarie somministrazioni agli impreparati di marchiature a ferro rovente e torsioni delle braccia, allo scadere dell’ora quinta il Santo Onnisciente conduce la scolaresca nel cortile dell’istituto, dove i discoli potranno spassarsela con lame arrugginite e residuati bellici, oppure giuocando al pallone con qualche raro teschio di homo habilis.

Passati i dieci minuti di svago, giungono gli addetti del personale ATA, che all’epoca venivano definiti Untermenschen o con la formula latina hostes humani generis, i quali con efficienti pungoli per bestiame conducono la mandria umana in mensa, dove i piccini potranno gustare le specialità del giorno: spiedini di occhi di giovenche nere sacrificate ad Asmodeo, pinzimonio di oleandro e stramonio e, come dessert, il tipico dolce dell’epoca, il Tormentasanti, un composto di testicoli di cerbiatto e mosto fermentato di Agave aromatizzato con sangue fresco di vergine.

Prima dello scadere dei banchetti luculliani, agli alunni viene somministrato di soppiatto un siero composto da essudato di gattopardo per prevenire l’emersione serale di febbre emorragiche gengivali o procellosi materica. Dopodiché, al suono dei Washint, tradizionali flauti etiopi ancora lordi di budella di abissino, i cancelli del falansterio si chiudono solennemente e tutti gli individui non appartenenti all’apparato reggitore del sistema vengono espulsi anche tramite l’utilizzo di cannoni e botole segrete.

Alle 13 in punto Pierfaustalaberto e Giorlimaco si trovavano lanciati nel Viale dei Fabbri, dove figure sataniche di apprendisti accertati sprigionano scintille al loro passaggio. Avrebbero impiegato circa due giorni per raggiungere la loro impresentabile magione, e ritornare immediatamente indietro prima che la scuola ricominciasse.

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