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La sodomizzazione della rivoluzione: l’eterogenesi dei fini contro la degenerazione

L’espressione “eterogenesi dei fini”, seppur coniata dallo psicologo tedesco Wilhelm Wundt (Heterogonie der Zwecke), come concetto appartiene da secoli alla filosofia italiana, tanto da poterne ritrovare una prima formulazione nel Vico: “Pur gli uomini hanno essi fatto questo mondo di nazioni […] ma egli è questo mondo, senza dubbio, uscito da una mente spesso diversa ed alle volte tutta contraria e sempre superiore ad essi fini particolari ch’essi uomini si avevan proposti”.

Nell’epoca contemporanea, ad averlo riproposto con forza nel Bel Paese è stato Augusto Del Noce, fino quasi a farne un perno del pensiero conservatore anche non cattolico. Quest’idea innerva tutta l’opera del filosofo: pensiamo a un passaggio chiave del classico Il suicidio della rivoluzione, dove il Nostro evoca le Note sulla rivoluzione russa (1917) nelle quali Gramsci commenta il rifiuto da parte di alcun detenuti russi di essere scarcerati perché desiderosi di espiare la loro pena:

“In un reclusorio i condannati per reati comuni all’annunzio che erano liberi, risposero di non sentirsi in diritto di accettare la libertà perché dovevano espiare le loro colpe. A Odessa essi si radunarono nel cortile della prigione, e volontariamente giurarono di diventare onesti e di far proposito di vivere del loro lavoro. […] L’uomo malfattore comune è diventato, nella rivoluzione russa, l’uomo quale Emanuele Kant, il teorizzatore della morale assoluta, aveva predicato, l’uomo che dice: l’immensità del cielo fuori di me, l’imperativo della mia coscienza dentro di me. È la liberazione degli spiriti, è l’instaurazione di una nuova coscienza morale”.

Ora, lo stesso Gramsci definisce il suicidio di Carlo Michelstaedter come conseguenza della sua incapacità di “porre d’accordo la pratica quotidiana coi principi della morale di Kant”, il che fa dedurre a Del Noce che “la morale kantiana pone davanti a un bivio, o il suicidio o l’eversione rivoluzionaria dell’ordine esistente”. Il filosofo cattolico nella sua raffinatezza evita di esplicitare il meccanismo dell’eterotelia in atto, il quale tuttavia ha avuto persino una rappresentazione plastica nella trasformazione della sublime Königsberg, avanguardia della civiltà occidentale nell’Europa Orientale e città kantiana per antonomasia, nella cupa Kaliningrad, avamposto dell’espansionismo sovietico ribattezzata col nome del braccio destro di Stalin durante la Seconda Guerra Mondiale.

Che il concetto di eterogenesi dei fini possa essere dunque usato nella polemica spicciola lo dimostrano, per esempio, le argomentazioni con cui la Democrazia Cristiana tentò di opporsi all’introduzione del divorzio in Italia. In un articolo del maggio 1970 per una rivista legata alla DC (“Luce”), il deputato Luigi Michele Galli, partendo dal presupposto che i “divorzisti” intendevano trasferire il diritto di famiglia dalla dimensione sociale alla “sfera della coscienza individuale e dell’autodeterminazione personale”, affronta la questione con toni quasi profetici:

“I divorzisti […] scelgono il discorso della ‘civiltà’ come la supremazia dell’individuo sull’ordine giuridico. Senza rendersi conto, almeno spero, che se seriamente si crede in questa tesi e se la si vuol portare fino in fondo, allora a che titolo proibire o addirittura perseguire l’aborto, la poligamia, la libertà sessuale intesa come rapporto omosessuale, pederastia, pornografia, ecc., l’uso della droga, l’eutanasia, la sterilizzazione e via di questo passo? Perché non affidare anche queste questioni alla libera coscienza individuale, spogliandone l’ordine sociale e giuridico?”

Ecco, non che l’eterogenesi dei fini debba apparire come una versione appena più sofisticata della famigerata Legge di Murphy (“Se qualcosa può andar male, lo farà”), ma più che da un sempiterno pessimismo certe considerazioni sono dettate dalla pura e semplice logica: e se la logica è la stessa, non resta che svilupparla per “gradi successivi di applicazione”.

Del Noce, essendo morto nel 1989, ha fatto in tempo a vedere solo la legalizzazione dell’aborto e della pornografia, tuttavia questo gli bastò per coniare altri concetti quali “partito radicale di massa” e “totalitarismo della dissoluzione”, prevedendo anch’egli che in base alla stessa logica avremmo avuto il “pacchetto completo”.

Ora, non ci voleva appunto la sfera di cristallo per intuire l’esito dell’individualismo tradotto in Legge. Il punto è semmai che la fantasia di un democristiano nato negli anni ’20 non poteva spingersi troppo oltre, a meno che non si fosse imbattuto -cosa non del tutto improbabile- nell’opuscolo del Marchese de Sade Francesi, ancora uno sforzo se volete essere Repubblicani, dove in base alla stessa logica si proponeva la legalizzazione di incesto, stupro e omicidio.

Oggi che siamo finiti in un tritacarne hegeliano, qualsiasi minoranza sessuale potrà rivendicare, esattamente negli stessi modi in cui ha fatto quella LGBTQ (ecc.), i propri “diritti”. Dopo gli omosessuali che hanno dominato i primi dieci anni del XXI secolo, ora è il turno dei trans: siamo nella fase in cui viene giustificata la terapia ormonale e la mutilazione genitale nei bambini di tre anni direttamente dai media mainstream.

Poi verranno gli incestuosi, come Sade insegna: nonostante l’antropologia lo consideri tabù universale, esiste la “giustificazione” per presentarlo come una forma di sessualità alternativa. Praticato, per esempio, dalle dinastie faraoniche, ai nostri giorni alcune tribù dell’Amazzonia lo usano come strumento per evitare la mescolanza con altri gruppi etnici. Scopo “culturale” (in senso lato), ma che verrà spacciato per naturale, come peraltro è stato già fatto in tempi non sospetti da figure piuttosto “integrate” come Ignazio Marino (Ai confini della vita, “L’Espresso”, 19 maggio 2006):

“Pensiamo per esempio al divieto di incesto, un’antica pratica di eugenetica oggi accettata in tutto il mondo, che probabilmente nasce proprio dalla necessità di prevenire malformazioni. Forse tra due o 300 anni sarà possibile impiantare nell’utero delle donne embrioni con un Dna privo di malattie e può darsi che questo [scil. l’incesto] sarà accettato come un fatto del tutto normale, come parte dell’evoluzione della specie umana, o per lo meno delle popolazioni più ricche”

o Dacia Maraini direttamente dalla prima pagina del Corriere (La natura è violenza, caos, incesto, 27 marzo 2007):

“Nel mondo naturale il più grosso mangia il più piccolo, il più robusto schiavizza il più debole, le madri si accoppiano con i figli, i padri con le figlie, i fratelli con le sorelle. […] L’incesto per esempio, presente in tutte le specie, anche nell’uomo, addirittura ammesso in certe circostanze storiche – vedi gli antichi egiziani – è stato proibito, come racconta bene Malinowski, per permettere alle prime tribù di espandersi, andare a cercare altre tribù, intrecciare rapporti e quindi aprire scambi di idee, di conoscenze, di esperienze”.

Poi, una volta rimosse le sanzioni all’accoppiamento tra genitori e figli e fratelli (come si evoca da anni nell’anglosfera, dalla Scozia, agli Stati Uniti fino all’Australia), verrà il turno della pedofilia, sdoganata da tempo dai “salotti”, tanto che la grande stampa non disdegna regolarmente di pubblicare apologie di molestatori di bambini.

Dopodiché si passerà alla zoofilia, che forse causerà qualche dibattito sul “consenso” (ma se il concetto verrà manipolato per i bambini di due-tre anni non vedo perché non lo si potrà fare con gatti e capre), e infine, dopo aver “sessualizzato” tutto il vivente, si giungerà alla necrofilia, peraltro tematica già decisamente pop negli Stati Uniti se da anni esiste un rinomato magazine dedicato al “genere”, Girls and Corpses, che  ritrae modelle in posa con cadaveri.

Nell’esplorazione erotica dell’organico si approderà in definitiva al feticismo, già rappresentato in modo ancor blando, oltre che da tutta la propaganda sui s_e_x toys, da quella donna che si dichiara da trent’anni moglie del Muro di Berlino (felicitazioni, i matrimoni odierni non durano così tanto), oppure da Erika La Tour Eiffel, compagna dell’omonima torre parigina.

Col senno di poi, appare come un wishful thiking sperare che aborto, poligamia, matrimonio omosessuale e pornografia rappresentassero il non plus ultra della degenerazione: ma è da ingenui illudersi che possa esistere un limite a “questa cosa”. Si scenderà nel profondo, a scenari che nemmeno riusciamo a concepire, a meno che naturalmente l’eterogenesi dei fini non intervenga a distruggere le magnifiche sorti e progressive del pansessualismo: per esempio, “obbligando” le lesbiche a contestare l’idea stereotipata e banale della femminilità rappresentata dai trans, o i trans a muovere guerra alle femministe in nome della “neutralità sessuale del pene”. Per non dire di qualche animalista che, seppur molestatore di ragazzini, non accetterà in alcun modo un’idea “antropocentrica” del consenso. E così andare. Più che di suicidio, dovremmo parlare di sodomizzazione della rivoluzione (ma, come notavamo, Del Noce è morto troppo presto per farsi trascinare a questo livello).

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