La teoria del carrello della spesa (dagli annali di psico-sociologia di 4chan)

In un commento del maggio 2020 comparso su 4chan (un forum di studi psicologi e sociologici) un anonimo utente estone elaborava una teoria che in poco tempo avrebbe guadagnato un successo incredibile tra i cosiddetti normie: Il test del carrello della spesa.

«Il carrello della spesa è la cartina tornasole definitiva per stabilire se una persona è in grado di autogovernarsi. Restituire il carrello della spesa è un compito facile e comodo, che tutti noi riconosciamo come una cosa corretta da fare.

Restituire il carrello della spesa è oggettivamente giusto. Non ci sono situazioni, a parte le emergenze più gravi, in cui una persona non sia in grado di restituire il proprio carrello. Allo stesso tempo, non è illegale abbandonare il carrello della spesa.

Pertanto, il carrello della spesa si presenta come l’esempio lampante per comprendere se una persona sia in grado di fare ciò che è giusto senza costrizione. Nessuno vi punirà per non aver restituito il carrello della spesa, nessuno vi multerà o vi ucciderà per non averlo restituito, e al contempo non si guadagna nulla restituendo il carrello della spesa. Bisogna restituire il carrello della spesa per bontà d’animo. Bisogna restituire il carrello della spesa perché è la cosa giusta da fare. Perché è corretto.

Una persona che non è in grado di fare questo ragionamento non è migliore di un animale, è un selvaggio che può essere costretto a fare ciò che è giusto solo con la minaccia di una legge, e la coercizione che la fa rispettare. Il carrello della spesa è ciò che determina se una persona è un componente buono o cattivo della società».

Ora, bisogna chiarire il contesto americano, che è diverso da quello italiano e anche europeo: oltreoceano chi si reca nei supermercati in primo luogo non ha nemmeno bisogno della famigerata “monetina” per ottenere il carrello, e in secondo luogo troppo spesso lascia i carelli accanto al parcheggio o nelle aree di transito delle macchine. Le giustificazioni più comuni, da parte dell’americano medio, riguardano soprattutto la distanza che intercorre tra la propria aiuto e la sede fisica dove riportare il carrello.

Questo problema non è obiettivamente molto sentito dagli italiani, sia perché non esistono supermercati che non impongano una “cauzione” per prendere un carrello, sia perché dalle nostre parti certi falansteri ciclopici sono spuntati solo da pochi decenni a questa parte, e principalmente nel Settentrione, dove comunque esiste un senso civico superiore (senza offesa per nessuno) rispetto ad altre aree del Paese. Certo, a ritrovarsi in un megaparcheggio di 2 km² e dover fare almeno dieci minuti a piedi per rimettere a posto il carello una volta caricata la spesa in macchina può far desistere anche il meno pigro, effemminato e sovrappeso degli yankee.

In ogni caso, dietro a quel post si cela una malizia che i più non possono afferrare: la polemica infatti ha trovato terreno memetico fertile per il semplice motivo che, al di là delle usanze poco urbane dell’americano medio (che tra le altre cose sembra sia incline anche a “rubare” il carrello degli altri clienti per non fare la fatica di andare a prenderselo), c’è una categoria particolare che porta via i carrelli dai supermercati solo per il gusto di rubare: sto parlando, chiaramente, degli afroamericani.

Negli Stati Uniti solo negli ultimi anni alcune grandi catene stanno valutando la possibilità di chiedere la “monetina” proprio per avere un’arma di dissuasione: peraltro un dettaglio caratteristico è che i primi ad aver introdotto tale usanza “esotica” sono stati i punti vendita della tedesca Aldi. Con il risultato, forse paradossale, di incentivare la voglia di furto in chi si sente “depredato” del quarto di dollaro richiesto per sbloccare il carrello.

La teoria del carrello comunque è già mainstream, c’è persino qualche “creatrice di materiali didattici” che l’ha trasformata in una scheda di educazione civica, nonché diversi siti che la ripropongono come ultimo test degli psico-scienziologi americani.

A mio parere l’aspetto più interessante della teoria è la capacità che una trollata di 4chan (come il sostegno a Donald Trump, la creazione del panico pandemico o l’antisemitismo) possa raggiungere il grande pubblico in tempi sempre più stretti e riuscire addirittura ad ammantare di “involucri” accettabili (conferiti per giunta dagli stessi normaloidi) il proprio vangelo di intolleranza e apocalisse.

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2 thoughts on “La teoria del carrello della spesa (dagli annali di psico-sociologia di 4chan)

  1. Bello il finale: la complessità della Megamacchina è tale (si sono aggiunti infiniti feedback positivi/negativi) che prevederne il comportamento è impossibile. E in più i tempi di risposta si sono ridotti! mi viene voglia di rispolverare la cara vecchia cibernetica ma probabilmente la migliore previsione è che non si può fare nessuna previsione

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