La Turchia vuole rimodellare la demografia della Siria

Could Turkey use Syria safe zone to remake the area’s demographics?
(Paul Iddon, “Ahval”, 14 agosto 2019)

I precedenti della Turchia in Siria suggeriscono che Ankara potrebbe utilizzare una safe zone autorizzata dagli Stati Uniti, pianificata per maggioranza curda, per rimodellare la demografia della regione, nononstate i paletti posti da Washington.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha minacciato per mesi di avviare un’operazione militare transfrontaliera per spazzare via le Unità di Protezione Popolare (YPG) dall’area, affermando che la forza curda siriana è un’estensione del PKK che lotta da decenni per l’autogoverno nel sud-est curdo della Turchia.

L’offensiva della Turchia nel nord-est della Siria è stata finora bloccata dagli Stati Uniti, che hanno armato, addestrato e appoggiato le Syrian Democratic Forces (SDF), in gran parte costituite da combattenti dell’YPG, per aiutarlo a sconfiggere l’Isis in Siria. La scorsa settimana Turchia e Stati Uniti hanno tuttavia concordato di istituire un centro operativo congiunto per il controllo della safe zone in Siria. I dettagli dell’accordo non sono stati rivelati, ma la maggior parte degli osservatori ritiene che i due Paesi abbiamo opinioni contrapposte sulla dimensione di tale “zona di sicurezza” e su quali truppe dovrebbero sorvegliarla.

Le precedenti offensive oltrefrontiera della Turchia suggeriscono che la zona sarebbe tutt’altro che “sicura” per molti dei suoi abitanti, principalmente curdi. Dopo che la Turchia ha occupato il distretto curdo siriano nord-occidentale di Afrin all’inizio del 2018, i suoi delegati della milizia siriana, il Free Syrian Army, hanno saccheggiato le case in pieno giorno.

Durante l’occupazione in corso, la Turchia non ha fatto nulla per prevenire violazioni dei diritti umani, incluso lo sfollamento di oltre centomila nativi curdi. La Turchia ha anche assistito al reinsediamento di arabi sfollati da altre parti della Siria nelle abitazioni di curde. Ha persino offerto loro i permessi di soggiorno per rimanere nella regione. In tal modo, sta rimodellando la demografia di una regione storicamente curda.

Le principali regioni del Kurdistan siriano si trovano ad est del fiume Eufrate. Dopo l’accordo preliminare del 7 agosto tra Turchia e Stati Uniti per creare una safe zone in quella zona, l’ambasciata americana ad Ankara ha dichiarato: “che la zona sicura diventerà un corridoio di pace, e che ogni sforzo sarà fatto in modo che gli sfollati siriani possono tornare nel loro paese”.

“Il termine peace corridor si riferisce a due diversi obiettivi: per la Turchia, l’eliminazione totale del PKK dalla Siria settentrionale; per gli Stati Uniti, una soluzione per evitare lo scontro tra Turchia e YPG/PKK”, afferma Mustafa Gürbüz, un collega presso il Centro arabo di Washington. “A meno che non si verifichi un cambio di paradigma su entrambi i lati, è impossibile giungere a un accordo duraturo”.

La Turchia ha espresso continuamente l’intenzione di rimpatriare la maggior parte dei 3 milioni e mezzo di rifugiati siriani. Ciò potrebbe significare il reinsediamento degli arabi siriani nelle aree a maggioranza curda, come ha fatto ad Afrin, in modo da cancellare qualsiasi regione a maggioranza curda al confine con la Turchia.

La Turchia prevede di reinsediare circa 700.000 rifugiati siriani nei territori a maggioranza curda a nord-est della Siria dopo l’istituzione della zona sicura. Questo probabilmente fa parte di un progetto per ridurre l’impopolare presenza di rifugiati siriani in Turchia e cambiare radicalmente la demografia della Siria nordorientale, in modo simile alle politiche baathiste di arabizzazione degli anni ’60 e ’70. Tale piano mirava a ripopolare le aree a maggioranza curda al confine siriano con gli arabi per separare i curdi siriani da quelli turchi e iracheni, tra i quali il nazionalismo era in aumento.

Il governo siriano aveva pianificato di rimuovere i curdi da una zona di trecento chilometri: il piano non si è mai concretizzato, ma molti curdi sono stati effettivamente sradicati con la forza e nella loro terra sono state insediate circa 4.000 famiglie arabe. La Turchia potrebbe considerare la “zona sicura” come il primo passo per la creazione di una “cintura araba” lungo il confine. Le dimensioni esatte e la posizione della safe zone non sono ancora chiare. La Turchia vuole pattugliare una zona di almeno 30 chilometri lungo il confine mentre gli Stati Uniti vorrebbero concedeglierne meno della metà: Ankara minaccia un’operazione militare unilaterale qualora non ottenesse ciò che vuole.

Una zona di queste dimensioni includerebbe tutte le principali città del Kurdistan siriano, molte delle quali sono vicine al confine turco, e sarebbe inaccettabile per l’YPG e la SDF (arabo-curda). Gli Stati Uniti potrebbero convincere la Turchia ad accontentarsi invece di una zona sicura attorno alla città di confine a maggioranza araba di Tel Abyad, dove l’impatto dei rifugiati arabi siriani reinsediati potrebbero risultare meno dannoso per i curdi.

“I curdi vedono Tel Abyad come parte del Kurdistan siriano perché è una delle regioni in cui è stato messo in pratica il progetto della cintura araba e la demografia è stata modificata decenni fa”, ha detto Mutlu Çiviroğlu, analista curdo. Non è chiaro se gli Stati Uniti saranno in grado di convincere la Turchia a fare concessioni significative.

“Il team americano era convinto che Erdoğan avrebbe invaso la Siria settentrionale e orientale”, ha dichiarato Nicholas Heras, membro della sicurezza del Medio Oriente presso il Center for a New American Security. “C’era un inedito sentimento di disperazione da parte americana durante questi colloqui”.

La sconfitta del suo partito a Istanbul ha scosso il Presidente, sostiene Heras. Di conseguenza, Erdoğan considera il problema della Siria “come una cornucopia che può usare per placare quella parte di elettorato turco che si sta rivoltando contro di lui”.

“Gli Stati Uniti credevano che Erdoğan avrebbe invaso una fetta di territorio oltreconfine, cacciato l’SDF e spostato i rifugiati nel vuoto siriano. Ciò che preoccupa davvero la parte americana è il pericolo che a un certo punto gli Stati Uniti e le altre forze della coalizione dovranno sparare sulle truppe turche per proteggere la SDF”.

Heras sostiene anche che c’è stata una guerra silenziosa tra il Dipartimento di Stato che voleva dare ai turchi più spazio per operare nelle aree SDF, e le forze armate statunitensi che li stavano respingendo con forza.

“Né i turchi né gli americani concordano su molto, se non sul continuare a trattare” ha affermato Heras. “Ma questa è una vittoria sia per le forze armate statunitensi che per le SDF, perché più a lungo i turchi sono tenuti a bada, meno è probabile che la Turchia riesca a far fronte a un’invasione”.

Heras dubita che il Free Syrian Army appoggiato dalla Turchia sarebbe in grado di operare in qualsiasi zona sicura, osservando che “non ha alcuna protezione dalle forze della coalizione. Le forze di coalizione guidate dagli Stati Uniti nella Siria settentrionale e orientale non hanno quasi nessuna fiducia nei delegati ribelli siriani. Se provano a farsi strada nelle zone controllate dall’SDF, verranno attaccati”.

I curdi siriani credono che la Turchia usi i propri delegati siriani per proteggersi dalle accuse di abuso, ha detto Çiviroğlu. Egli dubita che gli Stati Uniti consentano alla Turchia di modificare la demografia della Siria nord-orientale: “Non credo che gli Stati Uniti siano disposti ad accettarlo, perché è contrario il diritto internazionale e non risolve alcun problema. Anche dal punto di vista etico, gli Stati Uniti non accetteranno una cosa del genere a mio avviso perché queste sono le persone che hanno combattuto al loro fianco contro l’Isis”.

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