Fra i protagonisti più appariscenti del polverone mediatico seguito all’annuncio dei dazi da parte di Donald Trump si possono senza dubbio annoverare i “filocinesi”, ovvero coloro i quali si pascono dell’idea che in un futuro sempre più prossimo Pechino sostituirà gli Stati Uniti come “compratore di ultima istanza”.
A parte che ci sarebbe da discutere non tanto sui diritti umani (s’intende dalla prospettiva dei “liberali alle vongole”) quanto sugli ostacoli politici che l’Impero Celeste potrebbe porre alla libera concorrenza (si parla anche solo di un brand che potrebbe suonare offensivo verso Xi Jinping o qualche alto rappresentate della gerarchia del PCC).
Far spallucce su tale presupposto è decisamente controproducente per questi “liberali alle vongole”, poiché il loro cinismo implica che alla Cina non importi nulla di stringere accordi commerciali con altri Paesi in nome di qualche principio che non rientri nei propri interessi sulla breve o lunga distanza. E, allo stato attuale, al gigante asiatico non converrebbe più avvalersi della globalizzazione per prosperare, dal momento che sta entrando in una fase di consolidamento dei vantaggi acquisiti nei decenni passati tramite politiche di aumento della domanda interna, promozione della classe media e aperto sostegno alla “piena autosufficienza”, specialmente in campo agroalimentare.
Da tale prospettiva si può interpretare la recente decisione di considerare i famigerati “Consorzi di Tutela” alla stregua di Organizzazioni non Governative. La norma in realtà risale al 2017 ma solo negli ultimi anni sta venendo applicata con una certa decisione, a partire dall’obbligo per i Consorzi di indicare un referente legale cinese per poter svolgere attività promozionali nel Paese, vincolandosi così di conseguenza alla sottoscrizione di una “lettera di intenti”.
La questione è degna di nota, perché questo tipo di leggi rientrano nelle cosiddette “barriere non tariffarie” di cui sta discutendo proprio in questi giorni l’Amministrazione Trump per stabilire un criterio di reciprocità nella comminazione di dazi (il governo cinese, tra le altre cose, ha paventato l’applicazione di una serie di sanzioni nei confronti Consorzi di tutela del vino, quali l’esclusione per un quinquennio da qualsiasi attività promozionale sul proprio territorio).
Uno dei lati grotteschi della vicenda è che Pechino abbia iniziato a “implementare” tali norme esattamente un attimo dopo aver firmato un accordo bilaterale con l’Unione europea nel marzo 2021. A quanto pare, nel mirino delle autorità sarebbe entrati anche gli enti francesi come lo storico Comité Champagne.
Questo è di certo il regolamento che ha fatto più scalpore, ma come osservavo iniziative in tal senso vanno di pari passo con il perseguimento di una “autarchia alimentare”: tramite una legge del 2024, la protezione del settore agroalimentare è rientrato in quello della “sicurezza nazionale”, dunque la strada è definitivamente in salita. E ciò dovrebbe portare a un maggiore sobrietà dei proclami in favore di una “Cina più vicina”, perché si rischia di far la fine del topolino col pezzetto di formaggio in bocca.
Ora, Donaldone può anche bluffare, magari fra qualche giorno può cambiare idea – d’altronde come ha fatto in passato – da consumato affarista qual è sa che basta usare solo il pizzo della paura data la malleabilità emotiva dei cosiddetti “mercati” – in realtà i potentati economici e finanziari – per ridurli a miti consigli e ottenere le condizioni desiderate. Non è importante questo, è importante che si sia risancito un principio: Il primato della politica sull’economia e la società. Il ritorno in grande stile della Politica e dello Stato. Il fatto che i potentati non possono andare sopra ogni cosa per piazzare merci e anche persone, il fatto di pretendere onnipotenza facendo leva sulle minacce, piazzare le loro fabbrichette in qualche paese sottosviluppato perché lì la manodopera “Costa zero”, cioè zero diritti sindacali.
Un fatto epocale, la totale sconfessione della retorica liberale e cosmopolita con cui ci hanno rintronato negli ultimi trent’anni e infatti i cantori parassitari che vanno dai liberali, libertari, neocon e la pletora di economisti e semi colti ora stanno annegando nelle lacrime e per me posso annegare nell’acido. Ciò che mi fa incazzare è che al piagnisteo si accodano i sinistrosi e certi camerati. Ma come, non è il principio con cui avete combattuto per anni e ora esibite un orgoglio risentito straccione solo perché lo fa Donaldone perché costui nemico di invertiti e negri e perché non gli è frega un cazzo dell’Europa Nazione? Illuminante anche questo, avete svelto la vostra vera faccia. Il vostro anticapitalismo e antiglobalismo si è rivelato una truffa adatta ai disadattati debosciati, allocchi che vi sono serviti per ottenere visibilità e poltrone dove appoggiare le vostre chiappe, per bramare ed entrare nel sistema liberale che dicevate – falsamente – di combattere. Capisco ora i fallimenti dei vostri proclami. Capisco che non erano i vostri VERI obiettivi. Evidentemente anche a voi facevano comodo le Nike a basso costo prodotte in Vietnam. Anche dai bambini