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Laoshu ha avuto un ictus

Per chi non lo conoscesse, Moses McCormick (nome d’arte “Laoshu”) è un afroamericano che negli ultimi quindici anni si è messo a studiare una cinquantina lingue, raggiungendo risultati degni di nota soprattutto nel campo degli idiomi asiatici (cinese mandarino, cantonese, giapponese, coreano, vietnamita…).

Per mantenersi ha messo in piedi anche a sort of business attraverso il quale vende corsi incentrati sul suo metodo, che promuove in maniera piuttosto spettacolare (per esempio recandosi nei supermercati con una telecamera nascosta e approcciando ogni straniero in cui si imbatte).

Ha fatto anche un video in italiano, anche se le uniche volte in cui l’ho visto parlare nella nostra lingua “dal vivo” è stato con dei somali di mezza età (la città in cui vive, Columbus in Ohio, ospita una delle più grandi comunità degli Stati Uniti), a testimonianza che almeno fino a una generazione fa l’italofonia a Mogadiscio era ancora tenuta in considerazione.

Solitamente non guardo mai i video personali, ma oggi sono rimasto colpito da un titolo, My Stroke Anniversary And Consistant Gains, e non ho potuto fare a meno di cliccare: così ho scoperto che un anno fa Moses McCormick, un trentaquattrenne altro due metri e magro come uno stecco, ha avuto un ictus! È vero che è sposato, ha due figlie piccole (più una terza in arrivo, mi pare di aver capito), ma com’è potuto accader?

Sono risalito al video precedente (The Story Of My Life), pubblicato il 17 settembre 2015 (singolare il fatto che lui invece affermi di aver avuto il colpo l’11 ottobre e non il 12 settembre, forse è ancora un po’ confuso) e dai commenti è venuto fuori che si è trattato tecnicamente di Transient Ischemic Attack (“Attacco ischemico transitorio”), dunque una specie di ictus meno aggressivo (un “mini-stroke”), che però ha stupito i medici per essersi verificato in un paziente apparentemente sanissimo («I underwent several test and they insist that everything is normal and I’m healthy»).

Subito la paranoia ha iniziato a serpeggiare tra i seguaci: non è che troppe lingue mandano in pappa il cervello? Qualcuno ha provato a scherzare («I think you finally did it. You filled your brain to capacity with these languages Moses! They’re trying to bust out»), ma in generale ha prevalso l’apprensione, sia per le condizioni di Moses (che subito dopo l’attacco ammetteva di avere problemi a parlare e a usare il suo braccio destro), sia per la possibilità che stesse emergendo una nuova malattia, il mal del poliglotta. Un utente ha consigliato a tutti gli appassionati di lingue di prestare massima attenzione agli stress symptoms, ricordando come anche lui dopo aver studiato per settimane russo, tedesco e italiano fosse stato sopraffatto dal mal di testa, dall’impossibilità di concentrazione e da un malessere generale, decidendo alla fine di studiare solo il russo e dedicare all’italiano il fine settimana.

Degno di nota anche il commento di Richard Simcott, un altro “iperpoliglotta” abbastanza noto nel web:

Dopo un anno, sembra che il Nostro si sia ripreso alla perfezione (non si riesce nemmeno a concepire la tragedia di “perdere” decine di lingue a causa di un danno cerebrale), e sia anche prodigo di consigli: «Quando passate i trent’anni, dovete avere più cura di voi stessi, mangiare sano, fare esercizio, perché il vostro corpo diventa sempre più fragile…».

Forse è venuto il momento di diventare suo seguaci anche in questo.

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