In un quartiere periferico di Milano è morto un giovane nordafricano che, scappando da un posto di blocco dei carabinieri, si è schiantato col motorino. Caramba indagati, giornaloni indignati, piddini in piazza a promettere ai vandali qualche prebenda. Non riesco a seguire la cronaca perché rischio di diventare una versione più vecchia e incazzosa di Vittorio Feltri.
Il problema principale è l’ipocrisia: da una parte, ci sono i milanesi che vogliono mantenere la loro allure da fighetti cosmopoliti, mentre sono solo dei complessati che fanno una vita miserabile rispetto a qualsiasi altro cittadino di una metropoli europea (e ce ne vuole). Dall’altra, c’è un intero Paese che non si rende conto di quanto la vita dei “giovani delle periferie” sia immensamente più interessante rispetto alla loro.
Per telegiornali e mass media questi “giovani delle periferie” sarebbero obbligati a diventare teppisti o spacciatori, nonché a scendere occasionalmente in strada ad aggredire gli sbirri, solo perché vivrebbero in capanne fatte col fango e avrebbero come unico passatempo schiacciarsi i pidocchi vicendevolmente. Invece, nessuno si rende conto che nel peggior “ghetto” milanese, proprio “grazie” ai sinistroidi, le condizioni di vita -secondo gli stessi paradigmi del mainstream– siano decisamente migliori che non in qualsiasi altra provincia italiana, o addirittura europea.
Un ragazzo di questi “quartieri difficili” può fare fondamentalmente il c a z z o che vuole: giocare a calcio? diventare campione di boxe? suonare il flauto o il basso o l’arpa? averci judo per sparire un po’ dalla circolazione? fare l’astronomo, o il coreografo, o il trapper, o il cuoco o che ne so?
Nascere figlio di magrebini o albanesi o senegalesi in queste “province dannate” significa godere di possibilità che non dico un ragazzo del Polesine o del Frusinate, ma nemmeno un norvegese o uno svizzero delle campagne potrebbe solo immaginare.
Giusto per dire: a Milano e provincia con il trasporto pubblico puoi andare da qualsiasi parte senza problemi di parcheggio o benzina. Puoi svolgere il tuo lavoretto facile e tranquillo, poi staccare, andare a farti gli affari tuoi in centro, e tornare nella tua bella casetta (offerta dal comune) spensierato e soddisfatto. O, perlomeno, avresti potuto fino all’avvento di certi quadrumani che non riescono a stare cinque minuti senza comportarsi come animali.
Conosco bene le province del milanese, del pavese, del bresciano, del Trentino e del Veneto, anche prima dell’immigrazione di massa: lì non c’è letteralmente un c a z z o, solo la sagra di tale o talaltro animale-totem, il baretto con un calciobalilla risalente al 1976, una “piazza” con due panchine, un campanile che nessuno può visitare perché presidiato da un sagrestano ombroso e inquietante, e una palestra comunale che consiste in quadro svedese gigantesco montato in diagonale a occupare tutta l’area, impendendo anche solo di fare una partita a basket.
Eppure in questi paesini microscopici non ci sono, o per meglio dire non c’erano, viuzze intrise di piscio, scarabocchi sui muri, magrebini in giro a berciare strafatti 24 ore su 24 o carrelli del supermercato abbandonati per ogni dove. E quella gente di provincia beveva, “faceva sagra” (letteralmente), provava anche droghe pesanti, si gettava nel fiume alle due di notte oppure organizzava gare di auto, motorini eccetera.
Nonostante le circostanze materiali, dicevo, questo degrado diffuso non esisteva. Con l’immigrazione di massa, tuttavia, la situazione è prevedibilmente peggiorata. Prima della crisi, dei tagli, del debito pubblico, del neoliberismo eccetera, l’austerity è stata imposta dalla “moltitudine” che ha inondato i quartieri difficili.
I consiglieri comunali piddini, intrisi di umanesimo russoviano, si sono allora detti: “Facciamogli fare sport violenti così si sfogano“. Hai voglia però a tenere a bada queste masse di Untermenschen (facciamo finta che intenda l’espressione come una metafora, orsù) il cui unico scopo della vita, dalle nostre parti, è scendere in strada a periodicamente a distruggere gli arredi urbani (e una “tragedia” può anche essere la sconfitta del Marocco in qualche competizione calcistica internazionale – come, del resto, una sua vittoria), oppure, nelle loro nazioni, a giustiziare il Rais di turno che li ha prebendati (preferibilmente indossando delle infradito a favore di telecamera).
A schiantarsi dovrebbero perciò essere le -inesistenti- banlieue, così come il loro insensato “identitarismo”. Nulla però accadrà, e un motivo per scatenare nuove ondate di vittimismo nelle “periferie” si troverà sempre.
Avercene di Nethanyau. Addavenì reccihone!
grazie a tutti voi italiani per l’irpef spero che non vi estinguete completamente sarebbe un dramma ciao
Io sono nato e cresciuto in Emilia-Romagna una regione che disprezzo parecchio, sono quasi sempre in Veneto.
Ho molti amici Veneti.
Questo è lo sfogo che faccio un giorno si e un giorno no
Sono Polesano, grazie per aver inserito la parola “Polesine” nel post e per aver documentato indirettamente la situazione post Sovietica della bassa.
Tanto se arrivasse un Tizio X a massacrare questi bidoni di immondizia etnica sareste tutti li a scandalizzarvi che non si fa, che è troppo, che sarebbe bad optics, che la vostra religione lo vieta o peggio ancora che trattasi di false flag del Mossad o della CIA. Tutta roba tristemente già vista.
Non è il Breivik o il Tarrant di turno a risolvere la situazione, specialmente nel momento in cui semmai contribuisce al suo deterioramento (come è appunto successo in Norvegia e Nuova Zelanda). La soluzione deve essere a livello istituzionale, mentre sortite individuali eventualmente dovrebbero andare in parallelo con le azioni dei “piani alti”, altrimenti le conseguenze risultano talmente controproducenti da far ipotizzare davvero un false flag.
Il disfattismo palese nel disprezzare chiunque traduca la teoria in prassi parla da sé.
Non esiste soluzione politica.
Dai, non rompermi i coglioni. Allora perché non lo fai tu? Sei troppo intellettuale, poeta, filosofo? Hai troppo da perdere?
Nessuno ti ha esortato o obbligato a metterti materialmente in prima linea, men che meno ho dichiarato che sarei mai capace di farlo io. Il fatto è che a parole è facile fare i buffoni N***RI RAUS, poi alla prova dei fatti fate finta di non rendervi conto che la situazione in cui siamo è ormai ben oltre la condizione di poter essere risolta dal Capitone di turno con una firmetta su un decreto… O comunque quando qualcuno si stanca e decide di mettere mano alla situazione da sé, si abbia almeno la coerenza di NON dissociarsi. Avete mai visto o sentito un abbracciacammelli dissociarsi da o condannare quando uno dei suoi massacra noi sporchi infedeli? Io no, mai – e direi che fanno benissimo e che per questo prevarranno.
Tizio X ammazza 4 o 5 blatte e poco dopo i centri delle maggiori città sono invasi da scarafaggi furiosi. Poi gli animalisti avranno ragione a difenderli. Se ci fosse un virus altamente selettivo contro questi fastidiosi coleotteri!
Signori, ma davvero siamo ancora lì ad arrovellarci e fare piani di attacco? La guerra è persa, il male è entrato nella Cittadella, la trincea è vuota e il Meridiano Zero lo si è non solo raggiunto ma superato di molto. Massimo Fini consigliava il si salvi chi può andandosene in campagna ( Ultima Thule) con un buon fucile e taniche di benzina e sparare a chiunque si avvicinasse. Boni Castellane non crede più nel Passaggio Al Bosco, perchè anche il Bosco è stato occupato. Beniamino Di Dario invece ci consola col suo “Del Declinare del mondo” e fa di noi dei privilegiati che possono assistere alla fine di un ciclo e forse lo possono raccontare per quelli che verranno. Io spero di trovare le mie Serate di Pietroburgo, qui giù a Innsmouth mentre sotto casa gli uomini pesce si azzuffano per un parcheggio.