Le caste sacerdotali precolombiane nacquero dalle catastrofi naturali

Intorno all’XI secolo a.C., un popolo nuovo e aggressivo fece breccia nelle popolazioni di agricoltori degli altipiani dell’odierno Messico centro-meridionale. Questi invasori, probabilmente provenienti dalle pianure della giungla costiera orientale, sono stati definiti dagli storici olmechi, da un termine amerindiano che significa «da dove cresce la gomma»: tuttavia, considerando che l’espressione è stata usata in modo così indiscriminato da perdere ogni senso, altri storici hanno proposto di identificare tali popolazioni come “maghi” [Magicians].

I “maghi” riuscirono a imporre la magia alla civiltà mesoamericana sfruttando le catastrofi che avevano iniziato a flagellare le popolazioni agricole, eventi singolari e irregolari come gelate improvvise, nevicate fuori stagione, siccità prolungate ed eruzioni vulcaniche.

Una mentalità primitiva non poteva ovviamente accettare che questi eventi fossero casuali: le testimonianze dimostrano che nelle aree più provate dalle forze naturali gli uomini iniziarono a temere poteri cosmici invisibili e onnipotenti. Come la maggior parte degli agricoltori primitivi, i contadini degli altipiani veneravano il fuoco, l’acqua, il sole e praticavano culti di fertilità. Erano dunque già pronti a divinizzare le forze naturali, quando i “maghi” arrivarono.

I Maghi affermavano di poter controllare la pioggia con i rituali. Portarono con sé un dio della pioggia dai denti di giaguaro, al quale impartivano ordini attraverso cerimonie e balli rituali. Le maschere e le statuette che i Maghi si sono lasciati alle spalle danno un’idea delle loro liturgie: gli sciamani e gli stregoni si imbrattavano il viso di bianco o di nero, indossavano maschere fatte di argilla o pietra verde (alcune raffiguranti uomini deformi, il dio giaguaro, bestie carnivore con teste di uccelli o bocche ringhianti), sonagli, lunghi cappelli e tuniche in pelle di ocelot. Eseguivano danze mistiche, facendo rumore e lanciando invocazioni al dio della pioggia.

Questa magia, semplice variante di quella in uso tra molti popoli primitivi, riusciva a far proseliti. I Maghi divennero sempre più influenti e nuove comunità di sciamani dominarono la cultura agricola degli altopiani per molti anni, dal Veracruz meridionale a Puebia, Morelos, Tabasco, alla valle di Oaxaca e persino a sud-ovest del Guerrero. In tutta quest’area gli sciamani portarono il dio della pioggia dalle lunghe zanne e inculcarono una credenza nei riti mistico-magici per manipolare i fenomeni naturali.

Manufatti e opere d’arte dimostrano l’ossessione dei Maghi per mostri antropomorfi. Le loro statuette raffigurano uomini con deformità genitali o ghiandolari, teste appuntite, corpi deformi e bocche di animali, che credevano “santi”. I resti di questo popolo sembrano fornire una spiegazione alla mania: i Maghi soffrivano di adenoidismo congenito e avevano una corporatura tozza caratterizzata da ventre largo e gambe corte. Gli scheletri maschili mostrano sorprendenti caratteristiche femminili. E se i Maghi derivavano, forse come mutazioni, dal ceppo genetico degli amerindi, divergevano comunque in modo incredibile da esso, in quanto le loro ossa rivelano caratteristiche negroidi. Ciò ha indotto alcuni antropologi a insistere sul fatto che ci deve essere stata una migrazione africana in Mesoamerica.

I Maghi praticavano anche l’automutilazione (compresa la limatura dei denti), probabilmente nell’emulazione di qualche “leggendario” parto mostruoso. Le teste dei bambini venivano deformate allungando il cranio all’indietro. Tuttavia, anche nel loro culto vigevano delle contraddizioni: alcune delle loro statuette rappresentavano dolci fanciulle con gli occhi a mandorla e il vitino da vespa, scolpite con grande perizia.

Questo enigmatico popolo non rappresentava solo una razza di tozzi sciamani che terrorizzava gli altipiani centro-meridionali: nonostante il loro interesse per la magia – o forse proprio per questo – furono anche i promotori di un notevole progresso culturale. Furono esperti nella lavorazione della pietra e le loro opere erano molto più sofisticate dell’arte degli agricoltori, oltre che incomparabilmente più affascinanti.

I Maghi sapevano costruire asce di giadeite verde e specchi di pirite levigata, oltre che collane e monili da numerose varietà di pietre. Apprezzavano in particolare le pietre verdi come la giada e la serpentinite. I manufatti realizzati con questi materiali sono stati trovati a centinaia di chilometri di distanza dal luogo di probabile fabbricazione, il che indica la presenza di intensi scambi commerciali. I Maghi divennero esperti nella fabbricazione della gomma e impararono a tessere la fibra di cotone in filo per tessuto. Inoltre fumavano tabacco in tubi di pietra e modellavano la gomma in palline per una sorta di gioco rituale.

L’era dei Maghi fu un periodo di progresso ed espansione. In ognuno dei loro centri principali lasciarono una serie di troni di pietra scolpiti, su alcuni dei quali posero una loro rappresentazione come sciamani grassi e bardati come dei Buddha.

Lo “sciamanato” dei Maghi ha lasciato una eredità oscura nella Mesoamerica. I siti di sepoltura risalenti a questo periodo annoverano innumerevoli scheletri mutilati: decapitati, con teschi spezzati, braccia o gambe amputate, nonché i resti di bambini vittime di morte violenta. Ad un certo punto i Maghi arrivarono a credere che danze, preghiere e rituali non bastassero più a placare le potenti forze cosmiche, perciò istituirono cerimonie considerate molto più efficaci: i sacrifici umani.

Verso la metà del primo millennio a.C. i Maghi furono assorbiti dalle popolazioni circostanti o sterminati quando la loro magia non poté sopperire a un periodo di siccità prolungata. L’idea che gli uomini possano controllare le forze cosmiche della natura attraverso riti magici era tuttavia troppo pervasiva per morire completamente: questa è l’eredità fondamentale da essi consegnata ai posteri.

È difficile stabilire collegamenti diretti tra l’età preistorica Magica-Olmec e la successiva cultura mesoamericana, ma è certo che furono i Maghi a dare forma alle culture precolombiane. Le influenze magiche proseguirono infatti nella civiltà mesoamericana: la giada era stimata più dell’oro, i popoli organizzavano giochi rituali di pallamano, e tutti praticavano i sacrifici umani. Finché gli spagnoli non rovesciarono gli ultimi idoli, tutti gli dèi della pioggia degli altopiani vennero rappresentati con denti di giaguaro.

I Maghi, migranti o mutanti, sparirono dalla faccia della terra ma gettarono le basi per una civiltà i cui splendori e orrori perseguitano ancora l’umanità.

(informazioni tratte dal classico T.R. Fehrenbach, Fire & Blood. A History of Mexico, McMillan, New York, 1973).

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