Le fake news? Tutta una bufala. Un ricordo del suo “inventore”

Come è noto, l’espressione fake news cominciò a essere utilizzata quotidianamente dalla stampa internazionale un attimo dopo l’elezione di Trump, trasformandosi in un motivo di polemica perenne contro chiunque non fosse allineato al mainstream.

Eppure anche l’epidemia di fake news che avrebbe plagiato la mente degli elettori occidentali è in sé una bufala: nel senso che l’infinita polemica contro il “popolino populista” è partito dall’alto, cioè da un certo Paul Horner, scrittore, comico e web designer (insomma, un piddino d’oltreceano), che nella seconda metà del 2016 creò siti-fotocopia di CNN, CBS e NBC a suo dire per “migliorare la società”, ma a ben vedere soprattutto per lucrarci attraverso la sponsorizzazione (erano dei mirror demenziali con dominio .co, qualcosa di molto somigliante al nostro “Lercio”, per intenderci).

Una sorta di art project dichiaratamente votato alla sensibilizzazione sui meccanismi dell’informazione eccetera, ma il cui scopo recondito era altrettanto evidente; come Horner dichiarò in un’intervista al Corriere del dicembre 2016:

«Io credevo che quelle notizie avrebbero danneggiato Trump e invece è successo il contrario. Ad esempio, quando ho scritto che gli Amish erano diventati suoi supporter, l’ho fatto per ridicolizzarlo, speravo che leggendo queste cose le persone pensassero che era una follia votare per lui. E invece i suoi supporter si limitavano a leggere il titolo e il sommario e, così facendo, hanno finito con il dare a quelle notizie il significato che volevano. Il punto è che quando leggi un mio articolo, vedi che, al di là del titolo e del primo paragrafo, più vai avanti e più la storia diventa ridicola e paradossale. Sono articoli di satira, ma sono stati usati per altri scopi».

Dopodiché di Horner non se n’è più parlato perché è venuto a mancare nel settembre 2017, a soli 39 anni: ironia della sorte, la notizia è ancora considerata una “bufala” per le circostanze misteriose in cui è avvenuto il decesso, in seguito a una overdose di fentanil. Ma paradossalmente questo è lo spaccato più reale di tutta la vicenda: la famigerata “epidemia di oppiacei” che ha maciullato la classe media americana, della quale il primo responsabile è la potentissima e intoccabile famiglia di “filantropi” Sackler (non indagate troppo sulle loro origini).

Se ci pensate, esiste un collegamento con la mania sinistroide di ridere dei “sempliciotti” (webeti ecc…), senza mai domandarsi chi ha consentito che il cittadino medio diventasse così credulo e abbindolabile, soprattutto in un Paese come l’Italia dove l’istruzione ha sempre avuto un marcato orientamento politico.

Al di là della sociologia, il problema si riflette su un livello superiore, se pensiamo che accanto a fake news l’altra formula magica anti-trumpiana è stata “post-verità”: quasi che in decenni di decostruzionismo e studies l’idea di verità non fosse stato ridotta dall’accademia a “concetto euro-occidentale profondamente radicato nell’illuminismo”, per citare la lettera aperta che alcuni universitari californiani scrissero nel 2017 per designare la veritas quale “invenzione del suprematismo bianco”:

La verità offende più della post-verità

Per l’appunto: Quid est veritas? Con queste premesse qualsiasi intervento atto al contrasto delle fake news non può che tradursi in una catastrofe per la libertà di parola (pensiamo alle proposte di reclusione da 6 mesi a 3 anni…): gli stessi che usano la dialettica come grimaldello per scardinare qualsiasi istituzione vorrebbero al contempo porre un limite legislativo alla corrosività della critica.(tutto può essere messo in discussione, tranne il fideismo degli infedeli).

In tutto ciò, lo sfortunato Horner si è resto strumento (inconsapevole?) di un esteso progetto di censura che comincia a prendere forma in maniera definitiva: come se gli stessi “imbonitori” ora chiedessero di mettere in galera quelli che si sono lasciati appunto “imbonire”.  Ma come sempre Piscis primum a capite foetet: le fake news sono un progetto nato per ridicolizzare il proprio avversario politico che tuttavia, avendo sortito effetto contrario, ora vengono addebitate su coloro i quali le hanno dovute “subire”. Una artefatta epidemia psichica curata col lockdown delle menti: soluzione che ormai vale “a tutto campo”.

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