È tornato a circolare, sui gruppi Whatsapp come sulla grande stampa, un volantino della Lega Lombarda, risalente all’ormai lontano 1988, nel quale Jean-Marie Le Pen, padre di Marine, viene definito “fascista come i partiti di Roma”. Leggiamo il testo, un concentrato di antifascismo boomer (siglato a caratteri cubitali “Lega Lombarda: Coscienza partigiana!”) per comprendere tutto quello che non va col “partito più antico partito d’Italia” (e anche questo la dice lunga sui nostri tempi):
«Il Fascismo prevede che la forma dello Stato sia, come indica il suo nome, un fascio: cioè che lo Stato sia centralista.
I movimenti autonomisti, tra cui la Lega Lombarda, sono invece l’antitesi del fascismo perché lottano per ottenere uno Stato autonomista.
Paragonare quindi la Lega Lombarda al Lepenismo è un falso perché si tratta di movimenti politici con finalità diametralmente opposte. La Lega Lombarda lotta perché la forma dello stato sia quanto meno possibile centralista, cioè quanto meno possibile fascista. Uno Stato centralista non è infatti lo Stato di tutti i cittadini ma è uno Stato controllato dalla maggioranza etnica del paese, che da noi è quella meridionale.
Nella situazione attuale in Italia è sufficiente che un partito sia esteso sull’intero territorio dello Stato per essere automaticamente un partito a egemonia meridionale e quindi finalmente un partito portato a favorire privilegi unilaterali che discriminano inaccettabilmente le popolazioni cisalpine.
Ben diverso è il problema degli immigrati di colore perché non costituiscono una maggioranza etnica e non possono di certo egemonizzare nessuno dei popoli francesi. Semmai provocheranno gravi problemi di disgregazione sociale, ma non certo problemi fondamentali di egemonia e di libertà.
Se in francia (sic) esiste un Le Pen, è soltanto perché la legge elettorale francese è ancora meno democratica di quella italiana (ma i partiti di Roma si preparano a modificarla) e impedisce al movimenti autonomisti di portare la loro voce in Parlamento.
Il fenomeno Le Pen dimostra che, dove viene imbavagliata l’autonomia, cresce fatalmente il fascismo!
Un fermo NO! quindi ai fascisti che gridano al fascismo e ai razzisti che gridano al razzismo!
La Lombardia lotta per la Libertà, contro l’asservimento all’egemonia meridionale che si realizza a causa del centralismo dello Stato e attraverso i Partiti Romani.
LEGA LOMBARDA: COSCIENZA PARTIGIANA!»
Il motivo per cui questo manifestino salta fuori periodicamente dipende naturalmente dalla polemica del momento: ora a calarlo sul tavolo è la fronda “federalista” contro l’intervento di Marine Le Pen alla Pontida 2023, rappresentato dal “filosofo” del Partito (definito così perché ha insegnato filosofia nei licei), Marzio Favero, che in un’intervista al “Corriere del Veneto” ha espresso considerazioni anacronistiche sulla necessità di essere europeisti al 100% (invocando addirittura gli “Stati Uniti d’Europa”), stigmatizzando con giudizi tranchant la “visione miserabile dei sovranismi nazionali”.
Partecipare a tale bagarre sarebbe come pestare un formicaio (per evitare altri immagini meno auliche). Effettivamente però la Lega ha un problema ideologico e politico grande come una casa che assomiglia più a un cadavere imbalsamato in salotto che al proverbiale “convitato di pietra”. Non voglio discutere sulle origini oscure di tale partito, un punto dolente che è costata più di una querela a chi ha voluto parlarne, ma basterebbe leggersi le righe migliori di Gianfranco Miglio (comunque un genio) per rimettere in riga gli “immacolati” del federalismo. Anche il manifestino di cui sopra, del resto, esprime idee (come l’etnocentrismo) che i frondisti odierni ben si guarderebbero dal sostenere (più per ipocrisia che per “filosofia”).
D’altro canto, cos’è che possono rivendicare i “federalisti”, al di là del contributo all’italiotissimo “odio di se stessi” e alla frammentazione del potere centrale in favore di interessi sovranazionali che non hanno la benché minima attinenza con qualsiasi idea di “Europa”?
Non che un Salvini sia in qualche modo preferibile al nullismo (“nichilismo” sarebbe un’espressione troppo forte) mascherato da federalismo dei suoi oppositori: questo “professionista della politica” si è letteralmente tagliato le palle per fare un dispetto alla “moglie” (il governo giallo-verde), e ora, dopo aver bacchettato ripetutamente Giorgia Meloni sulla superiorità del “decretismo” rispetto al “blocco navale” in quanto soluzione “riconosciuta dall’UE”, si tira dietro una Le Pen in piena campagna elettorale che adesso tuona contro qualsiasi “soluzione europea” in base al fatto che solo ai governi nazionali spetta decidere sulle proprie politiche migratorie e non alla “mamma” («Il est vain d’en appeler à l’Union européenne pour résoudre la crise migratoire comme un enfant appelle maman quand il a un problème»).
Solo questo offre il quadro dell’intrico che ripetuti fallimenti politici generano, anche dalla mera prospettiva del “bisogna fare qualcosa”. Non penso ci sia molto altro da aggiungere…