Léon Bloy e la salvezza attraverso il peccato

Ha destato un certo interesse la notizia che lo scrittore francese Alain Soral è stato multato per aver pubblicato con la sua casa editrice un libro di Léon Bloy (Dagli Ebrei la salvezza) che compare tranquillamente da numerosi lustri nel catalogo Adelphi (colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che hanno condiviso il post).

Casa editrice francese condannata a 130mila euro di multa per aver pubblicato un “classico” Adelphi


Credo sia il caso di fornire qualche ulteriore ragguaglio sul volume “maledetto”: in primo luogo va ricordato che Le Salut par les Juifs in Francia è disponibile in decine di edizioni (persino in quelle “taroccate” di Amazon) per il semplice motivo che non si deve pagare alcun diritto per pubblicarlo. Se la famigerata LICRA (Ligue Internationale Contre le Racisme et l’Antisémitisme) si è accanita contro Soral è semplicemente per ragioni politiche, questo deve essere chiaro a tutti. Del resto a dimostrarlo c’è il fatto che, qualora pubblicato da una casa editrice che non vanti appartenenze ideologiche (o che sia “benedetta” dall’industria culturale come l’Adelphi), il libro di Bloy non suscita praticamente alcun scalpore.

Detto questo, è probabile che Soral non abbia nemmeno letto il testo, e se lo ha fatto non l’abbia capito: è un equivoco tutto sommato giustificabile, considerando che una buona parte della destra è “cascata” regolarmente nel tranello di Bloy (si vedano i diari di Ernst Jünger del 1941-1945, tradotti in italiano da Guanda col titolo Irradiazioni, dove lo scrittore francese viene trattato da profeta e consigliato ai giovani tedeschi). Il fatto è che Bloy spara a zero sugli ebrei (“schifosi”, “pestilenza”, “parassiti”, peuple démoniaque ecc ecc) e dunque questo fa molto “politicamente scorretto” soprattutto in un’epoca come la nostra.

Tuttavia sembra sfuggire, anche ai lettori più appassionati, il “segreto” della Redenzione proposta dall’improvvisato “Profeta” francese: potremo liquidarla come una forma delirante e terminale di gioachimismo (corrente escatologica che lega la Salvezza al succedersi delle Persone Sante, fino alla fatidica “Età dello Spirito”) che può apparire originale solo in un’epoca in cui dall’illuminismo scaturiscono nuove tenebre d’ignoranza. È Bloy stesso, inascoltato, a mettere in guardia chi pende dalle sue labbra (inclusi cardinali, teologici e ahinoi anche pontefici): “So che potrà sembrare assurdo, mostruoso e blasfemo il supporre un antagonismo nel seno medesimo della Trinità”.

Il Paracleto d’Amore annunciato nel libello, identificato nientedimeno che con Lucifero (a scanso di equivoci!), giungerà sulla Terra solo quando i cristiani avranno rinnegato Cristo e toccato “il fondo della Sofferenza e della Abiezione”, rinnovando contro lo Spirito Creatore “lo scatenamento della Sinagoga”. E si badi bene (mi si perdoni il tono sempre più didascalico, ma è l’unico modo per fare a capirsi) che Bloy non intende l’abiezione come un qualcosa di evenemenziale o transeunte: al contrario considera la “laidezza assoluta” del popolo ebraico, la sua “stupefacente abiezione”, non come una conseguenza del deicidio, ma come un attributo covato in eterno nel “seno di Abramo”, una “zizzania di maledizione” che racchiude in sé toute la chiennerie des usures et des brocantages (“tutta l’infamia delle usure e dei loschi commerci”).

Per Bloy il “mercanteggiare” di Abramo con Dio per la salvezza di Sodoma e Gomorra è già prefigurazione del “giudeo di Algeri o di Varsavia” che contratta “un putrido vestito cencioso”. Da tale allucinante prospettiva, la crocifissione di Cristo non è che un momento di questa interminabile corsa all’abiezione: rifacendosi ai classici stilemi antisemiti (l’ebreo usuraio ecc), Bloy afferma che attraverso il Denaro, “simulacro di potenza”, il popolo giudaico propizierà l’avvento del Messia abbruttendo il mondo intero. L’avarizia “paradigmatica” di Giuda sarà ancora “strumento di Redenzione”: quello che dovranno fare i cristiani per far tornare il Paracleto d’Amore sulla terra è semplicemente rinnegare Cristo -Bloy lo afferma chiaro e tondo, speculando su un passo del testo giovanneo: “Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vado, io ve lo manderò” (Gv 16,7)- e accomodarsi allo “stesso banchetto di turpitudine” del popolo ebraico.

In sostanza è il solito meccanismo della salvezza attraverso il peccato: anche se Bloy non si sofferma sulle caratteristiche del “giardino delle delizie” che dovrebbe precedere l’avvento del Messia, dilungandosi perlopiù sui classici stilemi di cui sopra, tutti confluiti nella sua prospettiva escatologica (per esempio l’odio nei confronti del Pauvre, il Cristo come prefigurazione del Paracleto eternamente crocifisso dall’avarizia, davanti al quale “tutto quello che di spirituale c’era [negli ebrei] si dileguò, e fu manifesta la loro carnale natura di idolatri contatori di denaro“), in ogni caso è evidente che egli si immagini ogni tipo di abiezione sabbatiana.

Tutto ciò è molto molto francioso, lo ammettiamo, ma non si capisce cosa se ne dovrebbe fare la destra, una qualsiasi destra, persino quella transalpina così degenerata e maudit (fatta di “tradizionalisti” che si sparano in testa a Notre-Dame e si vantano di sodmizzare le undicenni) la quale tuttavia, specialmente in questi anni e specialmente in virtù di  personaggi come Soral, vorrebbe comunque aspirare a une place au Paradis attraverso il lepenismo.

3 thoughts on “Léon Bloy e la salvezza attraverso il peccato

  1. Sembra perlomeno la via di Edom di Zevi e Frank per altri mezzi, tant’è che di Edom stesso non si parla mai ( tranne ovviamente la christian identity statunitense giusto per mischiare le carte e farne un mappazzone ridicolizzabile ov còrs ).

  2. “cattolico tradizionalista” Dominique Venner non lo era punto; piuttosto era dichiaratamente paganeggiante, come pagani si definiscono gli appartenenti alla cosiddetta nouvelle droite francese.

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