Che cos’è una donna? (What is a woman?)

Il portale conservatore Daily Wire ha prodotto un eccellente documentario sulla confusione che l’ideologia gender/transessualista sta seminando tra i progressisti di tutto il mondo. Diretto da Justin Folk, What is a woman? ritrae il viaggio che il giornalista Matt Walsh ha compiuto per le parrocchie liberal degli Stati Uniti alla ricerca di una risposta alla domanda “Che cos’è una donna?”.

Walsh non si aspettava di ritrovarsi invischiato in un baccanale di “terapiste familiari” lesbiche che parlano di genderizzazione (o come vogliamo tradurre il nuovo slang anglo-transessuale) e di “donne con peni e uomini con vagine”, damazze newyorchesi che si rifiutano di rispondere alla questione, una psicologa di San Francisco che definisce i tanti cambi di sesso a cui lei ha presieduto come “patti faustiani”, una pediatra del Rhode Island (Michelle Forcier) che per giustificare il proprio relativismo morale arriva a sostenere l’esistenza di Babbo Natale e l’inesistenza del sesso delle galline (affermando inoltre che la terapia ormonale è reversibile come “la messa in pausa di un pezzo musicale”), dei passanti (con le mascherine) che dichiarano bellamente “se sentirti donna ti fa sentire felice, a me va bene”, fino alla “Accademia Americana” (entità a se stante), i cui rappresentanti si ritengono “disturbati dalla verità e dalla realtà” e vengono ridicolizzati in modo piuttosto agevole.

Nonostante c’è chi vuol ridurre Walsh a un “Borat di destra”, il suo documentario non è soltanto un Circo Barnum di nudisti californiani, trans che si identificano “biologicamente” con i lupi e manifestanti della “Marcia delle Donne” che non sanno dare una definizione di donna perché “ora tutto è fluido”: da What is a Woman? emergono diverse voci critiche, alcune perfettamente integrate (come il medico che riesce comunque ad affermare che il sesso è basato sui cromosomi, mentre il genere è “una percezione, un sentimento, un’esperienza, un modo di identificarsi”), altre totalmente schierate contro il “sistema” come lo psicologo Jordan Peterson e la ricercatrice Debra Soh (entrambi canadesi e ostracizzati dall’accademia, per questo divenuti idoli del pensiero conservatore a livello internazionale), oppure dei docenti cacciati per aver usato il pronome “sbagliato” con un alunno, un padre arrestato per aver tentato di fermare la “transizione” della figlia tredicenne e persone che si occupano della questione della cosiddetta “de-transizione” (che in futuro diventerà un allarme sociale, considerando la propaganda rivolta a un pubblico sempre più giovane rispetto agli anni precedenti).

I dubbi a livello medico per “cure ormonali mai usate in questa maniera” sono legittimi, ma a suscitare ancora più scalpore sono i risvolti sociali di questa follia collettiva, come la trasformazione dello sport femminile in una competizione fra uomini che si definiscono donne (mentre le atlete in disaccordo mantengono anonimato per paura di apparire “transfobiche”), nonché la presenza in spogliatoi per ragazze quindicenni di uomini adulti che si credono ragazze quindicenni (i link rimandano a notizie non legate direttamente al documentario, ma che testimoniano lo “stato dell’arte”).

Alla fine Walsh, dopo aver constatato che nessuno sembra in grado né di rispondere alla domanda iniziale (se non con frasi tipo “Donna è chi si dichiara tale”, “Non è nessuna cosa in particolare”), né definire l’espressione “donna” senza usare tautologicamente l’espressione “donna”, sceglie di volare in Africa per consultare il popolo dei masai (attualmente divenuto, per vari motivi, un feticcio del mainstream), i cui appartenenti gli comunicano che “un uomo ha un pene e una donna ha una vagina” e che l’identità maschile si fonda sul “lavorare per la moglie e sfamare i figli”, per poi concludere che un uomo che vuol diventare una donna “ha qualcosa che non funziona nel cervello”.

Soddisfatto almeno per queste delucidazioni, il giornalista negli ultimi passaggi del documentario discute del suo libro per l’infanzia Johnny the Walrus (uscito lo scorso marzo) che narra di un bambino che vuole diventare un tricheco e viene assecondato dalla madre fino a quando i medici giungono a obbligarlo a mangiare vermi, dipingersi il corpo di grigio e trasformare i suoi piedini in pinne (con un’operazione poco “reversibile”).

Nella scena conclusiva Walsh, su consiglio di Jordan Peterson, pone direttamente a sua moglie la domanda fatidica, sentendosi rispondere che una donna sarebbe “una femmina umana adulta che ha bisogno di una mano per aprire i barattoli”.

Dal documentario il giornalista ha tratto anche un libro omonimo, che approfondisce alcuni aspetti delle interviste raccolte (un capitolo è dedicato alla figura di John Money, psicologo neozelandese padrino della ideologia gender) e offre diversi spunti bibliografici a cui dovrebbe interessarsi anche il lettore italiano, a un passo dal vivere sulla propria pelle gli effetti del “transessualismo di stato”.

4 thoughts on “Che cos’è una donna? (What is a woman?)

      1. Lo hanno ‘liberato’ in Giugno di quest’anno, l’ho sottotitolato e diffuso ovunque riesca. Con Youtube è inutile provare perché lo cancella. Ma altrove, dove si vuole. Io l’ho messo su Odysee, su Telegram, sul sito Substack, persino su Facebook. Su Twitter c’è pubblicato l’originale inglese.
        L’ho adorato e continuo a riguardarmelo…

        https://odysee.com/@TraduzioniDalMondoLibero:5/Matt-Walsh—What-is-a-Woman-(2022)-sub-IT_TdML:3

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