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Macron fa censurare il Financial Times

Il 2 novembre Merheen Khan, corrispondente del Financial Times, ha firmato un pezzo decisamente critico nei confronti della “crociata” lanciata da Emmanuel Macron contro il “separatismo islamico”, accusandolo (naturalmente esagerando) di aver fatto entrare nel vernacolo politico francese espressioni divisive se non razziste, nonché di voler “nazionalizzare” una religione contro la libertà di culto.

Dopo poche ore il Presidente francese scrive una lettera di protesta all’autorevolissimo foglio britannico (France is against ‘Islamist separatism’ — never Islam) e il pezzo viene immediatamente rimosso perché “inaccurato”.

Letter: France is against ‘Islamist separatism’ — never Islam
(Emmanuel Macron)

“Per i suoi lettori, e io sono uno di essi, essere informati dal Financial Times significa essere certi di accedere a notizie confermate, analisi ricche e informazioni affidabili, senza bisogno di verificarne la veridicità. Quindi, chi si sarebbe mai potuto immaginare che le dichiarazioni rese pubblicamente dal capo di uno Stato membro del G7 potrebbero essere distorte da questa testata giornalistica?

Eppure è quel che è successo ieri in un editoriale pubblicato online. Il pezzo ha distorto le mie affermazioni, sostituendo “separatismo islamico” – un termine che non ho mai usato – con “separatismo islamista”, che nel mio Paese è una realtà di fatto. Mi ha accusato di stigmatizzare i musulmani francesi a fini elettorali e di promuovere un clima di paura e sospetto nei loro confronti.

Non discuterò il dubbio rigore dell’articolo e nemmeno i fondamenti ideologici su cui è basatp. Desidero semplicemente ricordare ai vostri lettori alcuni semplici fatti, spiegare la situazione del mio Paese e le sfide che deve affrontare.

Da più di cinque anni, e dagli attacchi a Charlie Hebdo, la Francia deve affrontare un’ondata di attacchi perpetrati da terroristi in nome di un Islam distorto. Circa 263 persone -agenti di polizia, soldati, insegnanti, giornalisti, fumettisti, semplici cittadini- sono stati uccisi nel nostro Paese. Recentemente un altro attacco -che fortunatamente non ha provocato vittime- ancora una volta ha colpito i locali di Charlie Hebdo; un insegnante, Samuel Paty, è stato decapitato; a Nizza, due donne e un uomo sono stati assassinati in una chiesa.

Di fronte a questo male che sta divorando il nostro paese, la Francia si è mobilitata con resilienza, con determinazione.

In primo luogo, rimanendo salda ai suoi principi. La Francia viene attaccata dai terroristi islamici perché incarna la libertà di espressione, il diritto di credere o non credere e un certo stile di vita. Il popolo francese si è alzato per dire che non rinuncerà a nessuno dei valori, alla sua identità o alla sua idea della Francia. Né a nessuno dei diritti umani che Essa proclamò al mondo nel 1789.

La nostra nazione si è anche mobilitata dando la caccia i terroristi ovunque si trovassero. L’esercito francese ha mostrato un coraggio esemplare nel Sahel e la sua azione contro i gruppi terroristici è a vantaggio di tutta l’Europa. I nostri servizi di intelligence e di polizia, che hanno pagato un prezzo molto alto, prevengono dozzine di attacchi ogni anno. L’intero stato si mobilita sulla base delle leggi discusse e votate dal parlamento. Perché non ci arrenderemo né alla democrazia né allo Stato di diritto.

Dal 2015 è tuttavia diventato chiaro -e l’ho detto anche prima di diventare Presidente- che ci sono terreni fertili per i terroristi in Francia. In alcune enclavi e su Internet, gruppi legati all’Islam radicale insegnano ai nostri figli l’odio per la repubblica, esortandoli a ignorarne le leggi. Questo è ciò che ho chiamato “separatismo” in uno dei miei discorsi.

Se non mi credete, andata e vedere i post sui social condivisi in nome di un Islam distorto che ha provocato la morte di Paty. Visitate i ghetti in cui le bambine di tre o quattro anni indossano il velo integrale, separate dai maschi e, sin dalla tenera età, dal resto della società, cresciute nell’odio per i valori della Francia.

Parlate con i prefetti del governo che si trovano di fronte a centinaia di individui radicalizzati, che temiamo possano in qualsiasi istante prendere un coltello e uccidere persone. Questo è ciò contro cui la Francia combatte: piani di odio e morte che minacciano i suoi figli, non l’Islam. Ci opponiamo all’inganno, al fanatismo, all’estremismo violento. Non a una religione.

Diciamo: “Non nel nostro paese!” E abbiamo tutto il diritto di dirlo, come nazione sovrana e popolo libero. Contro i terroristi che vogliono distruggerci, rimaniamo uniti. Possiamo fare a meno degli articoli sui media che vorrebbero dividerci.

Non permetterò a nessuno di affermare che la Francia, o il suo governo, promuove il razzismo contro i musulmani. La Francia – siamo attaccati per questo – è laica per i musulmani come per i cristiani, gli ebrei, i buddisti e tutti i credenti. La neutralità dello Stato, che non interferisce mai negli affari religiosi, è garanzia di libertà di culto. Le nostre forze dell’ordine proteggono allo stesso modo moschee, chiese e sinagoghe.

La Francia è un paese che sa cosa deve alla civiltà islamica: la matematica, la scienza, l’architettura. Ho annunciato la creazione di un istituto a Parigi per dimostrare questa grande eredità culturale. La Francia è un paese in cui i leader musulmani si esprimono quando accade il peggio e invitano i fedeli a combattere l’islamismo radicale e difendere la libertà di espressione.

Si può fingere di non vedere queste realtà, ma non le si può ignorare indefinitamente. Infatti, come scrisse una volta Averroè, l’eclettico filosofo del XII secolo: “L’ignoranza porta alla paura, la paura porta all’odio e l’odio porta alla violenza”.

Pertanto non alimentiamo l’ignoranza, distorcendo le parole di un capo di stato. Sappiamo fin troppo bene dove questo può portare. Preferiamo invece un rigore lucido e un lavoro rigoroso: una saggezza illuminata”.

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