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Manuale di pretura creativa

Come si fa a recensire negativamente i libri che ti vengono regalati a Natale? Forse è proprio su questo effetto che contano gli autori, quando ti sfornano qualcosa a ridosso delle festività. Ovviamente non voglio sostenere che se non mi fosse stato donato da amici, mi sarei permesso di parlar male di un libro di Gianrico Carofiglio, dal momento che De morosis nihil nisi bonum. Infatti ne posso dire soltanto bene, non sia mai…

Prima di tutto riconosco che Con parole precise (Laterza, 2015) non vuol essere il solito “manuale di scrittura creativa”, e me ne compiaccio. L’esperienza in magistratura ha permesso allo scrittore di portare esempi i più pratici possibili, estrapolati da prose avvocatizie, verbali, sentenze, circolari e note burocratiche. Questo avvicina il saggio più alla sceneggiatura di una classica commedia all’italiana che a un “breviario di scrittura civile” (come annuncia il sottotitolo) – a meno di non voler intendere quel civile proprio in senso giudiziario.

Tuttavia è necessario rilevare che dietro agli ammaestramenti stilistici non viene mai a mancare un impulso etico: Carofiglio condanna l’utilizzo del “difficilese” in quanto «lingua inutilmente oscura» adoperata da direttori di dipartimento, burocrati, politici e giuristi per «[difendere] il loro privilegio, la loro posizione altolocata» (p. 52).

Se nel farlo l’Autore esagera forse nel ridicolizzare “pseudo-tecnicismi” e “virtuosismi”, è perché sulla scorta dell’immancabile De Mauro, riconosce in Totò uno dei più grandi innovatori del lessico nazionale: i suoi “scherzi verbali” hanno «contribuito ad ammodernare l’italiano rendendo inutilizzabili, nella lingua di tutti i giorni, espressioni come è d’uopo e all’uopo». Il problema, per Carofiglio, è che tale castigat ridendo si è fermato solamente al linguaggio colloquiale, senza lambire l’italiano giuridico nel quale «cinquant’anni dopo quelle espressioni sono tutt’altro che rare» (p. 112).

Tutto sommato è coraggioso, da parte dello scrittore-magistrato, mettere alla berlina soprattutto i “potenti”, trascurando invece bersagli molto più facili come presentatori televisivi, giornalisti e blogger. Anche le citazioni sono di un livello superiore rispetto alla manualistica corrente: alla fine del libello compaiono addirittura una ventina di pagine di note ai capitoli che analizzano puntigliosamente le fonti utilizzate (una sorpresa inaspettata).

In generale è quindi un volumetto apprezzabile, anche se lo scopo che si prefigge (la semplificazione del gergo burocratico) lo rende una lettura più utile ad aspiranti politici, magistrati o addirittura questurini che non scrittori (il che a pensarci bene non è affatto negativo, considerando il numero esorbitante di aspiranti scrittori che sprecano la loro vita a commentare gli scritti altrui).

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