Mario Monti e i khmer grigi: un lato inquietante della personalità del super-tecnocrate

Sul “Corriere” del 15 luglio 2017 compare l’ennesima intervista di Mario Monti contro Renzi: non è la prima volta che il tecnocrate riesce a ridare credibilità al rignanese facendolo passare come suo acerrimo nemico (ci aveva provato anche durante il referendum costituzionale, ma pure allora gli andò male).

In questa nuova tirata (come sempre “al riparo” dal contraddittorio), Nonno Monti ha un po’ esagerato in quella che gli israeliti definiscono chutzpah; cioè le ha sparate più grosse del solito, giungendo ad affermare (o confermare) non soltanto che fu Mario Draghi a far cadere un governo democraticamente eletto interrompendo “gli acquisti di titoli di Stato italiani da parte della Bce”, ma anche che il Presidente della Banca Centrale agì in tal modo per “accreditarsi presso quel mondo tedesco che era preoccupato per l’arrivo al vertice della Bce di un italiano”.

Vogliamo ricordare en passant che uno dei dogmi della Bce è proprio la fatidica “indipendenza”, dunque in teoria Draghi non avrebbe avuto alcun bisogno del permesso di Berlino per assumere decisioni da egli ritenute giuste o necessarie (come poi del resto ha fatto, dopo la “manovrina” per togliersi dai piedi Berlusconi). Per come la racconta Monti, sembra invece che il cosiddetto fiscal compact sia stato dettato esclusivamente dalla necessità di Draghi di “farsi bello” agli occhi della Merkel.

Insomma, per ricapitolare: come reazione alla “macchina del fango” messa in moto da Renzi contro la sua persona, Monti non trova di meglio che dirottare il flusso di melma verso Draghi. Non pare un atteggiamento molto corretto: forse che ai piani alti sta accadendo qualcosa che i comuni mortali non possono nemmeno intuire?

Poi, per il resto, il “patrigno costituente” avrebbe tutte le ragioni di rinfacciare a Renzi le parole con cui si presentò alle primarie del Pd nel 2012: “A livello europeo, l’autorevolezza di Mario Monti ha facilitato l’assunzione di decisioni importanti, che vanno nella giusta direzione”.

L’ipse dixit però ci riporta al dubbio di partenza: perché Monti è intenzionato a partecipare ancora alla squallida commedia che, guarda caso, si ripresenta sempre a ridosso di qualche importante appuntamento elettorale? È evidente infatti che Renzi voglia utilizzare la polemica per rifarsi la verginità, quello che appunto sfugge è perché il tecnocrate caschi regolarmente nella provocazione.

La risposta potrebbe risiedere in un lato inquietante della personalità di Monti, emerso proprio in questi anni: dietro alla maschera di compassato tecnocrate, il professore sembra nascondere una certa dose di megalomania e animosità. Per esempio, il fatto che nelle elezioni del 2013 egli abbia preteso di correre col suo micropartitino, nonostante Napolitano gli avesse praticamente garantito la Presidenza della Repubblica, dimostra un’incredibile mancanza di lungimiranza: era a un passo da diventare il nuovo Ciampi, ma inspiegabilmente ha preferito passare alla storia come il gemello cattivo di Scrooge.

Ciò fa sorgere il sospetto che le movenze distaccate da “Nonno d’Italia” nascondano un alto grado di irrazionalità e sentimentalismo: a questo punto, siamo costretti a pensare che l’avversione nei confronti di Renzi sia soprattutto dovuta alla durezza con cui costui ha osato riprenderlo in Senato qualche mese fa.

Lasciando tuttavia da parte le scaramucce, sarebbe stato interessante se durante l’intervista un giornalista si fosse presentato al cospetto di Monti e gli avesse chiesto conto dei 300 miliardi che, secondo l’attuale Ministero dell’Economia, sarebbe costato agli italiani il suo governo “tecnico”. Non è una questione da poco: che anche Gentiloni e Padoan stiano sfruttando l’immagine dell’ex “Salvatore della Patria” come spauracchio contro gli altri eurocrati, per scongiurare l’eventualità di un nuovo “Salva Italia” (che obiettivamente rappresenterebbe la pietra tombale sull’economia nazionale)?

Già, perché era vero che fare austerità in tempo di crisi porta direttamente alla carestia: ma c’era bisogno di provarlo sulla propria pelle, per arrivarci? A quanto pare sì, visto che molti ancora non hanno capito. Del resto nemmeno a me è del tutto chiaro perché si debba tirare avanti con questa feroce ideologia anti-economica, uno stile di governo talmente meschino che nemmeno ha il coraggio di dichiarare i propri intenti.

Peraltro il fatto che nessuno dei perpetratori di tale scempio trovi l’onestà di ammettere i propri errori, mi lascia scettico sulle possibilità di un cambiamento: è evidente ormai che non si ha a che fare con semplici “professori” (seppur golpisti e incapaci), ma con dei veri e propri khmer grigi. Se ultimamente si sono presi una piccola pausa, è solo per dare al popolaccio l’illusione di aver spento per un attimo il “pilota automatico”: ma sono pronti a tornare, per nuovi e affascinanti esperimenti nel campo dell’ingegneria sociale.

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