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Maschio bianco etero stoico: l’American Psychological Association classifica ufficialmente la mascolinità come “malattia mentale”

L’American Psychological Association ha decretato ufficialmente che la mascolinità è una malattia mentale: «La mascolinità tradizionale, caratterizzata da stoicismo, competitività, sete di dominio e aggressività, è, nel complesso, nociva. Gli uomini che socializzano in questo modo hanno meno possibilità di adottare comportamenti virtuosi». Al di là delle prevedibili polemiche, è interessante segnalare la reazione dei veri stoici americani, che l’hanno presa sul personale, cioè sul filosofico, ribattendo alle accuse a suon di Epitteto e Marco Aurelio.

We Need Stoicism More Than Ever
A Response to the New APA Guidelines

(D. Gallimore, “Areo Magazine“, 15 gennaio 2019)

Recentemente, l’American Psychological Association ha preso di mira la “mascolinità tradizionale”, pubblicando le loro “prime linee guida per interagire con uomini e ragazzi”, riassunte in tal guisa:

“Quando gli psicologi iniziarono ad analizzare le esperienze delle donne attraverso la prospettiva di genere, divenne sempre più evidente che l’analisi degli uomini necessitava di uno stesso approccio di genere… L’obiettivo principale della ricerca è quello di dimostrare la pericolosità della mascolinità tradizionale, caratterizzata da stoicismo, competitività, dominio e aggressività“.

Dall’annuncio è stato un assalto all’APA da parte degli intellettuali conservatori, che hanno demolito tutto dal contenuto delle linee guida al trattamento della mascolinità. L’APA è accusata di voler trasformare la mascolinità in “una patologia che ha bisogno di una cura” e le linee guida sono state definite un attacco “grave e sconcertante” alla “intrinseca natura dei maschi”.

Sono in gran parte d’accordo con queste critiche, seppur sopra le righe. Tuttavia qui in gioco c’è qualcosa di molto più importante: lo stoicismo (che le linee guida dell’APA menzionano due volte) non dovrebbe essere combattuto o sradicato, ma compreso e promosso. Lo stoicismo è, contrariamente alle critiche dell’APA, una attitudine mentale totalmente positiva.

L’APA elenca lo “stoicismo”, assieme a “competitività, dominanza e aggressività”, come uno dei tratti della mascolinità tradizionale. Se esistono sicuramente argomenti morali e psicologici contro la dominanza e l’aggressività (entrambe emozioni intrinsecamente negative, che motivano gli individui a sottomettere gli altri), l’attacco dell’APA allo stoicismo è fuorviante e dannoso.

Ci sono due tipi di stoicismo. Il primo, quello con la lettera maiuscola, è una filosofia ellenistica fondata da Zenone di Cizio e seguita tra gli altri da Epitteto, Seneca, Catone l’Uticense e Marco Aurelio. Lo stoicismo valorizza il carattere, la saggezza, il giudizio e l’autodisciplina; insegna che “non possiamo controllare e affidarci a eventi esterni, ma solo a noi stessi e alle nostre reazioni… la fonte della nostra insoddisfazione sta nella nostra dipendenza impulsiva dai sensi piuttosto che dalla logica”.

Il “secondo tipo” di stoicismo è una disposizione generale di calma e sobrietà; un impegno a non essere emotivi o passionali, a non reagire di fronte agli eventi esterni. Il dizionario lo definisce come “resistenza al dolore e alle difficoltà senza lamentarsi o mostrare emozioni”.

Le nuove linee guida dell’APA delineano una caricatura dello stoicismo, il cliché dell’uomo che rifiuta di esprimere le proprie emozioni e le comprime auto-distruggendosi. Questo è un banale stereotipo: sia gli uomini che le donne si sforzano di affrontare ed esprimere le proprie emozioni. Nel mirare a questo facile bersaglio, l’APA denigra entrambi i tipi di stoicismo.

È una vergogna, perché una dose di stoicismo -sia come atteggiamento generale che come pratica filosofica- è proprio ciò di cui gli uomini e le donne americane hanno bisogno in questo momento.

Viviamo in una società sempre più isterica, afflitta da una costante indignazione, da sconvolgimenti politici e da un sentimento onnipresente di disperazione. Incitati dalla rabbia nella nostra politica e nella nostra cultura, siamo entrati in un’era di guerre tribali, definite dalla cieca solidarietà con i nostri alleati “culturali” e la paura e l’odio verso i nostri presunti nemici “culturali”. Questo ha un impatto misurabile sia sulla nostra cultura che sulla nostra psiche individuale: la politica sta portando le persone sul lettino degli psicologi e la depressione, l’ansia, l’uso di droghe e il suicidio macinano nuovi record.

Il percorso verso la felicità e la realizzazione personale in un momento straziante come il nostro non si deve tradurre in più indignazione, più attivismo, più urla e più guerra politica e culturale, come molti suggeriscono. Piuttosto, è lo sviluppo consapevole e attento di un atteggiamento stoico: un atteggiamento di calma, accettazione e razionalità nel perseguimento della pace interiore, di fronte alle prove, alle tribolazioni e alla confusione.

Lo stoicismo insegna che non abbiamo potere sugli eventi esterni e che essi non hanno alcun potere su di noi, se esercitiamo le nostre menti di conseguenza. Sosteneva Marco Aurelio:

“Tutto ciò che accade è o sopportabile o no. Se è sopportabile, allora resisti. Smetti di lamentarti. Se è insopportabile… allora smetti di lamentarti. La tua morte significherà anche la sua. Ricorda: puoi sopportare tutto ciò che la tua mente può rendere sopportabile, trattandolo come se fosse nel tuo interesse farlo. Nel tuo interesse o nella tua natura”.

Epitteto sostiene che “non è tanto ciò che ti accade, ma come reagisci a ciò che ti accade quello che conta”; Seneca che “soffriamo più nell’immaginazione che nella realtà”, e domanda “come può essere d’aiuto… rendere i problemi più gravi lamentandosi di essi?… Esiste una sola via per la felicità: smettere di preoccuparsi per quelle cose che vanno al di là del potere della nostra volontà“.

Lo stoicismo insegna che l’antidoto all’ansia, alla confusione, alla frustrazione e alla rabbia non è di accanirsi implacabilmente contro le circostanze, ma accettare la nostra relativa impotenza verso di esse e concentrarsi invece sul miglioramento di noi stessi e del nostro carattere attraverso la sobrietà e l’autodisciplina. Indipendentemente da come vengono riportati, gli eventi politici del nostro tempo -come tutti gli eventi politici di qualsiasi tempo- sono sopportabili, quindi dovremmo accettarli e conservare la nostra energia emotiva per ciò che conta veramente: migliorare noi stessi.

Si possono trovare tracce stoicismo in ogni grande religione: tutte, in un modo o nell’altro, insegnano che la pace interiore è realizzabile, anche in momenti di incredibili difficoltà. Abbiamo poco controllo sul futuro e ancor meno conoscenza di esso, e le nostre reazioni ansiose e viscerali a eventi esterni spesso infliggono più danni alla nostra psiche rispetto agli eventi stessi.

Il suggerimento di adottare un approccio stoico alle circostanze esterne può sembrare anacronistico, o, per alcuni (specialmente quelli che hanno trascorso gli ultimi anni assimilando l’indignazione alla loro identità come espediente per dare un senso alla vita) anche offensivo e disfattista. “Perché essere stoici quando tutti attorno si abbandonano all’emotività, che è ora una dimostrazione dell’avere cura di sé?”, chiede retoricamente David French sul “National Review”.

Paradossalmente, che il consiglio di praticare lo stoicismo in risposta alla disperazione politica e culturale susciti una reazione così viscerale tra coloro che campano di indignazione dimostra che si tratta della soluzione giusta. Lo stoicismo implica la padronanza delle proprie emozioni, non la loro repressione.

Ecco perché è proprio il momento sbagliato per schernire l’idea di affrontare gli eventi uno alla volta e sforzarsi di essere giudiziosi, calmi, pazienti e saggi nelle nostre reazioni emotive nei loro confronti. Per molti, un comportamento stoico e la pratica consapevole della filosofia stoica possono fornire i migliori antidoti possibili ai sentimenti di rabbia, confusione, smarrimento e impotenza che caratterizzano lo spirito dei tempi.

La mascolinità tradizionale, come il femminismo moderno, può essere animata da buone intenzioni ma rimane imperfetta e, a volte può essere più interessata a distruggere che a costruire. Invece lo stoicismo -lo stoicismo reale, non la caricatura dell’APA- è uno dei più grandi doni della mascolinità al genere umano. In questi tempi esplosivi, sarebbe folle gettarlo nel fuoco.

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