Mattarella: la peggiore delle mosse possibili

In queste ore in cui si sta consumando lo psico-melodramma della politica italiana, con Mattarella che disfa un governo garantito da una maggioranza parlamentare per convocare al Colle il solito “tecnocrate che fa quello che gli dicono i tecnocrati tedeschi” (© Vincenzo Visco), si rende necessario esprimere una semplicissima considerazione: questa è la peggiore delle mosse possibili che il Presidente della Repubblica potesse fare.

Il governo M5S-Lega era ormai stato accettato da tutti, persino da quei piddini che, nonostante gli alti lai sullo spread e cialtronate varie, sotto sotto covavano la convinzione che i populisti una volta al potere avrebbe causato tali catastrofi da far tornare le loro pecore all’ovile. L’analisi più giusta proveniente da quel tipo di “sinistra” era stata appunto quella di Massimo D’Alema, che ieri (26 maggio) in un fuorionda aveva affermato: «Se torniamo a elezioni per il veto a Savona quelli pigliano l’80%».

La micro-demonizzazione che il professor Paolo Savona ha dovuto subire in questi brevi frangenti ha in effetti dei lati inquietanti: un tecnocrate cresciuto in Bankitalia, uomo di Confindustria, ministro di Ciampi, ben inserito negli ambienti che contano, non avrebbe dovuto essere portato in palmo di mano dalla stampa, riverito come esempio di chi “è dalla parte giusta della storia”?

Al contrario, per alcune dichiarazioni tutt’altro che compromettenti sull’euro (in sostanza: l’Italia dovrebbe avere un Piano B per contrattare meglio con gli altri partner dell’Unione…), Savona è diventato un pericoloso eversivo, un mitomane, un distruttore. Da un lato si comprende che la polemica su tale personalità sia stata del tutto pretestuosa, ma dall’altro un atteggiamento del genere dimostra come l’eurofilia abbia raggiunto livelli da purga stalinista o da sharia saudita.

Lega e Cinque Stelle, bisogna ammetterlo, si sono comportati in maniera impeccabile e indipendente da quanto accadrà, da tutta questa vicenda ne escono da vincitori. Tragica invece la scelta di chi ha spalancato le porte al trionfo delle stesse forze che avrebbe voluto puerilmente sabotare. Ancora valido dunque il vecchio adagio: Quos Deus perdere vult, dementat prius.

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