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Mavro ce skotinò

Ho scoperto anni fa questa canzone in griko grazie a un disco della serie “Tribù Italiche” dedicato alla Puglia, allegato a “World Music Magazine” (n. 82, Gennaio-Febbraio 2007).

Per anni ho cercato una traduzione del testo (del poeta calimerese Vito Domenico Palumbo [1854-1918]), ma nonostante l’attrattiva che in molti sembra suscitare questo idioma (a partire dal Presidente della Repubblica della Molossia, che sul sito ufficiale della sua micronazione ha pure pubblicato un dizionario inglese-griko), non era stato possibile trovare una versione italiana. Finché non è arrivato l’unico sito realmente utile per sapere qualcosa del griko, “Ciuri ce Pedì”, e l’ha tradotta (anzi, già che c’era, di buona lena ha pubblicato quasi l’intero repertorio dei Ghetonia).

Li ringraziamo e ci auguriamo che il loro impegno contribuisca alla riscoperta di questo patrimonio culturale e folkloristico, che a quanto pare risulta più interessante in Grecia che nella nostra Grecìa, come dimostra l’interpretazione degli Encardia di Kostas Kostantatos alla tv greca di qualche anno fa:

Pu e’ to rodo t’òrio, to miristò, t’asteri,
[Dov’è la bella rosa profumata, la stella,]

cino pu lustron èkanne,
[che sempre risplendeva,]

scimona, kaloceri?
[e l’estate e l’inverno?]

Pirte, chasi, to ròdommu,
[S’è persa la mia rosa,]

t’asteri spittarò;
[la stella scintillante,]

c’evò ftechuddhi èmina,
[ed ecco, poveretto,]

mavro ce skotinò.
[me ne sto triste e solo (nero e tenebroso).]

Ecì pu se filìsane,
[Là dove ti han baciata,]

epanu stin garzeddha,
[sulla tua bianca guancia,]

san ena’ rodo ènifse,
[è sbocciata una rosa]

fènese pleo’ kaleddha.
[che ti fa più carina.]

Ma t’addho mero e’ sbàlido,
[Ma l’altra guancia è pallida,]

‘e su prepi makà.
[questo bene non va.]

Fseri ti kame? Mìnone,
[Sai che facciamo? Aspetta,]

su dio mia filimà.
[ti do un bacio io di là.]

Otikané skotìgnase,
[Si è fatto tutto buio,]

tìpoti ‘en ei pleo’ chari
[nulla per me ha più grazia,]

arte pu e mavri tìchimu
[or che la nera sorte]

tèlise na mû’ pari!
[togliermela ha voluto!]

C’evò, ftechuddhi, èmina
[Mi è toccato restare]

sekundu itti’ rodea
[come quel bel roseto]

pu tis eskòrpise ànemo
[a cui il vento ha strappato]

ta roda es pa’ merea.
[le rose da ogni ramo.]

Ecì pu se filìsane,
[Là dove ti han baciata,]

epanu stin garzeddha,
[sulla tua bianca guancia,]

san ena’ rodo ènifse,
[è sbocciata una rosa]

fènese pleo’ kaleddha.
[che ti fa più carina.]

Ma t’addho mero e’ sbàlido,
[Ma l’altra guancia è pallida,]

‘e su prepi makà.
[questo bene non va.]

Fseri ti kame? Mìnone,
[Sai che facciamo? Aspetta,]

su dio mia filimà.
[ti do un bacio io di là.]

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