Maya contro ebrei: la setta Lev Tahor in Guatemala

È notizia di questi giorni che le autorità guatemalteche hanno finalmente posto un giro di vite su una setta ebraica ortodossa, la Lev Tahor, che da anni funestava la vita dei paesini in cui si trasferiva non solo con un atteggiamento razzista e scostante nei confronti degli autoctoni, ma anche dedicandosi al proprio interno a matrimoni forzati, abusi sui minori e stupri.

La polizia del Paese si è dunque presa a carico almeno 160 minorenni che la setta considerava di sua esclusiva “proprietà”: durante la perquisizione del complesso del gruppo (una sorta di kibbutz) nel comune di Oratorio, gli agenti avrebbero rinvenuto anche i resti di un bambino.

Ricapitoliamo allora brevemente le vicende della Lev Tahor (in ebraico “cuore puro”) e la loro lunga “guerriglia” con le autorità della nazione centro-americana (nonché i suoi stessi abitanti).

Possiamo partire dal 2014, quando l’ex sindaco del piccolo comune di San Juan La Laguna, Antonio Adolfo Pérez (lol), fu il primo politico guatemalteco a trovarsi alle prese con questi estremisti decise di espellerli dalla sua città, ritrovandosi poi in un vortice di inchieste e processi che si sono conclusi con la clamorosa condanna a un anno di prigione nel 2017 (se ne stupì anche la stampa progressista israeliana). Durante il processo, il sindaco Adolfo dichiarò in sua difesa di aver posto fine a uno “scontro di civiltà”.

La congrega ortodossa, affiliata agli haredim, venne fondato da un israeliano, Shlomo Helbrans, negli anni ’80 del secolo scorso e non è vista di buon occhio nemmeno nello Stato ebraico per il semplice motivo che rifiuta il sionismo, affermando che la Terra Promessa può essere consegnata solo da Dio, e non conquistata dagli uomini.

Per chi si illude ancora che gli ebrei antisionisti siano i “buoni”, preciso subito che costoro vorrebbero che l’intero globo terraqueo fosse di proprietà ebraica, con i goyim a fare da schiavetti noachici. Ed è proprio per questo motivo che la setta è stata espulsa dal villaggio, in quanto la maggior parte dei diecimila abitanti di etnia maya (Tzʼutujil) non riusciva a sopportare gli atteggiamenti dei loro appartenenti, che si rifiutavano di avere qualsiasi contatto con chiunque al di fuori della loro comunità e a loro dire a volte manifestavano aperta ostilità sia verso i residenti che i turisti.

Negli ultimi anni oltre duecento adepti della Lev Tahor provenienti dal Quebec (che avevano dovuto lasciare per presunte “persecuzioni” da parte delle autorità canadesi, sempre per le disdicevoli accuse di sequestro di persona e violenza su minori) sono infatti giunti a ingrossare la setta nelle pacifiche cittadine centroamericane.

Le tensioni San Juan La Laguna sono divampate dopo che gli anziani del villaggio (i quali hanno potere decisionale per la comunità) hanno accusato gli ebrei di “voler imporre la loro religione” agli indigeni (peraltro quasi tutti di fede cattolica, ma anche animati da un variopinto identitarismo etno-culturale). Come dichiarò Miguel Vasquez, portavoce del consiglio degli anziani, “dobbiamo agiamo per autodifesa e per i nostri diritti di indigeni. La costituzione guatemalteca ci protegge e ci obbliga a conservare e preservare la nostra cultura“.

Dopo l’espulsione nel settembre del 2014, il gruppo si trasferì per l’appunto a Oratorio, prima alloggiando nelle famigerate “tende” (condizione che ha ovviamente acceso il loro messianesimo fondamentalista), e poi arrivando a rifondare la propria comunità. Dopo anni di ipocrisie, il Guatemala ha deciso di porre fine a questa assurda tolleranza, considerando anche che nel contesto latino-americano il Paese è forse quello con i migliori rapporti con lo Stato ebraico.

Bisogna infatti osservare, in conclusione, che questo tipo di ebrei estremisti, a meno che non servano a supportare le politiche genocide dello Stato israeliano, hanno paradossalmente migliori possibilità di ghetizzarsi in quei Paesi che hanno interesse a “sfruttarli” in senso antisionista, come nel caso dell’Iran, che a quanto pare ne tollera la presenza considerandoli persino alla stregua di “rifugiati”.

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