Meno zone rosse, più pillole rosse

È iniziato tutto venerdì sera 19 marzo 2021: guardo per cinque minuti la trasmissione con questo Zoro, Propaganda Live su LA7, e vedo questi cazzoni che non indossano mascherine e fanno battute parapiddine alle quali ridono soltanto loro. Parlano a un millimetro di distanza, si sputacchiano vicendevolmente addosso e i loro cachinni, proprio perché artefatti e non spontanei, sono carichi di saliva e risentimento. Se almeno mettessero la mutanda facciale non dovrei appunto sopportare i loro volti da subumani, ma solamente le loro posture scorrette e le movenze imbarazzate. In effetti non riesco nemmeno ad ascoltare quel che affermano: la loro spocchia è come una barriera prima estetica che etica.

A un certo punto noto una fila di cartonati al posto del pubblico: sono gigantografie di Patrick Zaki, un tizio che studiava a Bologna ed è stato arrestato in Egitto perché ghei. Accanto a essi hanno piazzato l’immagine del generale Francesco Paolo Figliuolo, appena nominato Commissario straordinario alla vaccinazione dal Governo Draghi. Il fatto è che con quella divisa Figliuolo sembra una controfigura di al-Sisi, e l’effetto al cospetto dei poveri Zaki è a dir poco grottesco. Glamourizzazione del covidiotismo e blando moralismo stile Amnesty producono questi cortocircuiti: se il mainstream fa di un generale qualsiasi il nuovo santino del momento, accanto a virologi e attivisti lgbt, la sinistra perbene naturalmente si accoda.


La goccia che ha fatto traboccare il vaso di latte di soia non è stata però questa desolante coreografia, ma l’apparizione di un inserviente (un tizio assunto per spostare le aste dei microfoni, tipico lavoro boomer) con la mascherina. Nel magico mondo di Zoro, gli sguatteri dunque sono comunque obbligati a indossare il bavaglio. In quel preciso istante ho deciso che anche per me non sarebbe più esista alcuna “zona rossa” (a parte quella delle d-parola col ciclo che mi perseguitano con i loro scleri).

Dunque sabato siamo prima andati da Greek Fusion sui Navigli a comprare un po’ di merda d’asporto da gettare alle anatre e poi a una manifestazione di negazionisti (“Rinasceremo con le cure”) a Parco Sempione. In realtà ci siamo imbattuti in essa per caso e la cosa che più ci ha colpito è stata l’eterogeneità del pubblico: lefebvriani, zekke, boomer, mamme informate (praticamente Partick Zaki e al-Sisi a braccetto).

Un manipolo di zekke (tendenza hare krishna anni ’70), si è poi spostato all’interno del parco per imbastire un concertino di puro cringe. Accanto a loro, altre zekke più agguerrite, che stavano fumando il centesimo trombone della giornata: non ho capito se anch’esse si trovassero alla manifestazione di cui sopra, ma ho provato a chieder loro cosa ne pensassero della “dittatura sanitaria”. Le risposte che ho ricevuto (per giunta con tono da fattoni leggendari stile Isabella De Bernardi in Un sacco bello) mi hanno fatto cadere le braccia: “È anche colpa nostra”, “La gente deve essere più responsabile”. Queste persone, oltre naturalmente a non aver mai indossato una mascherina nemmeno per finta o aver mai dovuto stamparsi una “auto-certificazione” nell’ultimo anno, sono le stesse che vivono in quelle cloache dette “centri sociali” dove circolano malattie che nei luoghi cristiani furono debellate a metà XIX secolo.

Ho sentito subito puzza di Zoro. Zoro è dappertutto: è lo squatter che sdraiato sull’erba con un mega-cannone in bocca si lamenta dell’irresponsabilità dei comportamenti altrui nella prevenzione della pandemia; è il der ewige venditore bengalese di rose che, al di sopra di qualsiasi legge umana naturale e divina, può mettersi a importunare militari e carabinieri implicando la loro omosessualità con l’offerta di un omaggio floreale; è lo zingaro in stazione che si lava i piedi su una panchina insultando gli ormai sparuti viaggiatori italiani ispezionati da un codazzo di tizi con la pettorina catarifrangente; Zoro è Zoro, è l’oscenità del potere sinistrorso senza maschera o mascherina.

Zoro è anche l’unica cretina che finora si è permessa di chiedermi di “indossare meglio la mascherina”, una tizia sul treno che credendo stessi snobbando il suo surreale rimprovero piovuto come un cazzo nel culo dal cielo proprio per ignoranza della lingua italiana e non perché la considerassi una cretina fatta e finita, ha voluto rivolgersi a me dicendo: “Please stand up your mask”. Sì, certo, alle elementari ha imparato che stand up vuol dire “alzatevi” e ora va bene per tutto… What’s that supposed to mean?, ho liquidato quella stupida d-parola che è venuta a rompermi i coglioni in Executive (classico scompartimento piddino che un non degenerato sceglierebbe solo perché “tutti i posti sono prenotati e non c’è altra scelta”).

Zoro è l’arroganza del potere che ci governa dall’alto al basso. A ogni lockdown emerge sempre più l’esistenza di un apparato di repressione efficientissimo schierato esclusivamente contro chi non è Zoro. Ma chi potrebbe permettersi di essere Zoro, e conservare un minimo di dignità e morale? Tutt’al più si finirebbe per fare da zavorra a uno dei più imbarazzanti sistemi di controllo emersi nella storia dell’umanità. Non siate Zoro, invece: uscite di casa punto e basta. Meno zone rosse, più pillole rosse.

2 thoughts on “Meno zone rosse, più pillole rosse

  1. Se trabocca la soia, il latte è già versato e piangere resta inutile… oltre che sbagliato!

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