Questo articolo è opera di tale Captain Barf ed è disponibile solo nella versione archiviata. Ringrazio chi me lo ha segnalato.
Sono uno dei millennial più anziani. Alla mia generazione sta accadendo un qualcosa di terribile: stiamo morendo mentre siamo ancora bambini. Noi uomini stiamo diventando calvi e le donne cominciano a sfiorire. Abbiamo i capelli grigi. Quando sorridiamo si vedono le zampe di gallina. Abbiamo delle zavorre di grasso che non servono a nulla. Le nostre articolazioni scricchiolano sin dal primo mattino. Ci facciamo male se ci muoviamo troppo in fretta. La nostra visione si va semrpe più sfocando. I nostri riflessi rallentano. Molti di noi conoscono qualcuno della nostra età che è morto di cancro, di infarto o di qualche altra malattia senile che colpisce occasionalmente le persone di mezza età.
E siamo ancora dei bambini. I più anziani tra noi si stanno rapidamente avvicinando ai quaranta. Siamo la generazione meno feconda della storia. Attualmente solo il 30% delle persone sotto i 40 anni hanno contratto un matrimonio. I cervelloni accusano le condizioni economiche, in gran parte perché costoro vengono addestrati per anni [da scuole e università] a non vedere ciò che è proprio davanti ai loro occhi.
Abbiamo iniziato a diventare maggiorenni nel 2003, e le condizioni economiche non erano affatto così negative come negli anni ’30, ’40 o ’70, quando la gente non aveva alcun problema a sposarsi e riprodursi. Eppure eccoci qui, invecchiati, senza più la capacità di goderci l’infanzia, con la morte che lentamente si insinua in noi. I videogiochi sono diventati noiosi. Le maratone televisive soffocanti. Le caramelle non hanno più alcun gusto. Ci suicidiamo e consumiamo antidepressivi a livelli industriali. Cerchiamo di accumulare ancora più oggetti e questo non ci rende felici. Non sappiamo né perché né percome siamo arrivati a questo punto.
Beh, io ho qualcosa da dire. Per tutta la mia vita, l’unico messaggio che ho ricevuto dalla scuola, dalla chiesa, dall’università e dai media è stato che ogni decisione che avessi preso (da quale laurea conseguire a dove vivere, fino alla scelta di sposarmi) avrei dovuto farlo con l’obiettivo di godermi il più possibile la vita. È vero che, essendo cresciuto in una chiesa di indirizzo conservatore, sono stato comunque messo in guardia dalla fornicazione e dall’abuso di sostanze, ma anche tali divieti erano espressi nella prospettiva di non sprecare mai l’occasione di godersi i piaceri della vita. Negli anni ’90 cristiani e non cristiani condividevano questa visione generale: entrambi erano ugualmente inorriditi all’idea che una giovane donna brillante potesse non riuscire a “massimizzare il suo potenziale”, cioè lavorare 40 ore alla settimana in un cubicolo. Cristiani e non cristiani mettevano in guardia le donne dallo sposarsi troppo giovani, perché il matrimonio avrebbe potuto troncare una carriera promettente. Gli evangelici, da parte loro, si abbandonavano alla pia finzione secondo cui i venticinquenni non sposati della congregazione fossero tutti vergini, ma generalmente ognuno concordava sul fatto che il mondo andasse affrontato come un parco giochi.
Qualsiasi accenno alla responsabilità sociale delle nostre decisioni era completamente assente dai discorsi dei nostri genitori boomer. Qual è lo scopo sociale del matrimonio? I boomer conservatori non riuscivano a spiegarlo: si appellavano alla “tradizione” senza capire perché esistesse, a un letteralismo biblico tanto insensato quanto imbarazzante, in un mondo in cui il loro concetto tutt’altro che intransigente di matrimonio negli anni ’70 e ’80 aveva portato a tassi di divorzi da record, e aveva allevato una generazione che poteva vedere uno dei due genitori alternativamente ogni fine settimana [a causa dell’affidamento condiviso]. I boomer avevano già posto le basi per l’erosione del concetto di matrimonio, generando di conseguenza il cosiddetto “matrimonio gay”. Se il matrimonio ha uno scopo sociale, ovvero incanalare e dirigere la sessualità umana in modo da promuovere la coesione sociale e garantire una progenie a un uomo, allora il matrimonio gay non ha senso. È un’assurdità. Ma se si tratta solo di “essere felice con la persona che ami”, allora perché no?
In maniera simile, non ci è mai stato detto che lo scopo del lavoro fosse provvedere al sostentamento della famiglia: ma se questo è l’obiettivo, allora il dogma dell’inserimento delle donne nel mondo del lavoro dovrebbe esser messo da parte. Infatti, perché le donne dovrebbero lavorare? Trovatemi una donna che lavorerebbe per comprare una macchina nuova al marito, o che si sentisse soddisfatta nel sapere che i soldi che guadagna verranno spesi dal marito per i figli, o che pensasse che poter portare marito e figli al mare per un fine settimana valga le fatiche quotidiane dell’ufficio. Ci è stato detto che il lavoro sarebbe stato “appagante”, che sarebbe stato un’altra fonte infinita di divertimento. Si scopre invece che il lavoro fa schifo.
Nessuno riesce davvero a chiarire il motivo per cui nonno fosse disposto a girare di città in città a vendere aspirapolveri, dal momento che ripetere continuamente gli stessi slogan non è affatto soddisfacente (nessuno di noi ha mai pensato di chiedere alla nonna se invidiasse le lunghe giornate del nonno al volante quando lei rimaneva a casa con i bambini). Il posto di lavoro suscita noia e rabbia nei millennial, mentre ci era stato detto che esso avrebbe rappresentato la nostra realizzazione. Invece non è altro che… lavoro. E poiché non abbiamo nemmeno una famiglia, esso non ha alcuno scopo.
È triste vedere la mia generazione sprofondare nel nichilismo e nell’angoscia, mentre nei nostri corpi si insinua il processo di morte. Gli uomini diventano insetti, vivono per consumare, riempiendo uno scaffale dopo l’altro di giocattoli che non possono offrire alcun divertimento ai loro cervelli di adulti, perché non riescono a trovare nient’altro da fare. Le donne sono in preda al panico, cercano disperatamente di conservare la loro giovinezza in procinto di svanire, vorrebbero dimostrare a se stesse che una donna può essere altrettanto sexy e seducente a 35 anni quanto lo sarebbe a 23. C’è molta rabbia nei confronti dei boomer, ma essa è confusa e priva di criterio: per lo più, ce la si prende con loro perché hanno “distrutto l’economia” o “l’ambiente”, come se nel 1978, con l’inflazione a due cifre e lo smog soffocante, si stesse meglio rispetto a oggi.
No, quello che i boomer ci hanno fatto è stato quello che i loro genitori hanno fatto a loro. Ci hanno rovinato cercando di darci la vita che non hanno mai avuto. I nostri nonni sono cresciuti durante la Grande Depressione e hanno viziato eccessivamente i loro figli con giocattoli e attenzioni al punto che i figli del boom [economico e demografico] non sono riusciti a sviluppare alcun vero senso di autoconsapevolezza. E cosa mancava ai boomer? L’idilliaca adolescenza boomer si è interrotta presto: la Seconda guerra mondiale e la “generazione silenziosa” esercitavano ancora un’influenza sul mondo, costringendo i nostri genitori a indossare una cravatta, andare a lavorare e darsi da fare prima ancora che fossero disposti a smettere di divertirsi.
Il maschio boomer medio guardava all’estate del ’69 con nostalgia sperando durasse all’infinito, risentito per il fatto che solo pochi anni dopo dovesse guidare una Toyota scassata, sopportare le lagne di sua moglie e le urla dei bambini. La donna boomer media invece credeva che se non fosse stato per quel matrimonio e quei bambini avuti all’età di 26 anni, sarebbe stata redattrice di una rivista di moda, non avrebbe mai messo su chili, sarebbe rimasta giovane e sexy per sempre.
I boomer hanno una mentalità adolescenziale perenne che i loro genitori non hanno mai capito, e ci hanno cresciuti per diventare gli eterni adolescenti che loro non sono riusciti a essere. Quando sei adolescente l’idea di poter comprare tutto quel che vuoi, fare sesso senza conseguenze e passare le giornate a dipendere compulsivamente dai media per il resto della tua vita sembra affascinante. A quell’età non si può comprendere che quando si avranno quarant’anni non si vorrà più fare roba del genere. Ci sono una marea di ragazzi della mia età o più giovani, che indossano magliette di Star Wars, collezionano pupazzetti della Marvel e si sono sottoposti a vasectomia, ma non hanno idea del motivo per cui sono così infelici. Ci sono donne della mia età che hanno appena lasciato l’ennesimo fidanzato con cui hanno convissuto per tre anni, e non hanno figli.
Quindi ecco il punto: stiamo cadendo a pezzi. I nostri genitori non avrebbero mai dovuto instillarci tale egoismo, assicurandoci al contempo che il matrimonio e la famiglia “sarebbero arrivati” quando “il momento sarebbe stato giusto”. Per quanto li riguarda, è proprio quello che è accaduto loro: solo che in tal caso “è successo e basta” grazie al capitale sociale delle generazioni precedenti del quale potevano ancora godere, e che hanno completamente distrutto.
La mia generazione è ora assolutamente infelice, perché stiamo raggiungendo quell’età in cui il cervello cambia modalità da “consuma e accoppiati” a “prepara la prole per l’età adulta”, e non comprendiamo cosa stia realmente accadendo. Alle donne della mia generazione è stato detto per tutta la vita che la solitudine è un disturbo psicologico, che i bambini sono parassiti e che il vero significato della vita consta nell’esaurirsi per 40 ore settimanali al lavoro. Si scopre che continuare a vivere come se fossi un adolescente in realtà non conferisce l’eterna giovinezza. “L’età è solo un numero” è il più insidioso di tutti i modi di dire dei boomer.
Per la mia generazione non esiste via d’uscita. Tutte le istituzioni sociali degli Stati Uniti sono state distrutte dalla brama di denaro o dall’egoismo, o attraverso la classificazione isterica di ogni tipo di relazione sociale organica come “sessista” o “razzista”. Nelle città nessuno conosce nessuno. Le associazioni professionali e i club sociali sono praticamente inesistente. Nessuno conosce nessuno o si preoccupa del prossimo, e non si sa come recuperare i rapporti umani. È una cosa così perversa che la mia generazione usi l’espressione “comunità” per riferirsi a persone che acquistano gli stessi prodotti di consumo, come se andare a vedere un film significasse far parte della “comunità di Star Wars”.
Persino le chiese sono state trasformate in enormi parchi a tema, dove masse anonime di persone vanno a divertirsi; agglomerati antichi di secoli hanno chiuso i battenti, mentre la gente si trasferiva in falansteri. Gli intellettuali “conservatori”, cerebralmente morti, possono solo preoccuparsi del nostro tasso di natalità in calo in termini di sussidi o PIL; difficilmente qualcuno ammetterà apertamente che una società con bassa fertilità è malata e disfunzionale sin dalle fondamenta.
I millennial dovrebbero rendersi conto che i valori in loro inculcati sono solo un mucchio di stupidaggini, ma non credo che ciò accadrà, poiché siamo sconvolti dal fatto di non poter vivere le vite idilliache che i boomer ci avevano promesso. Anche suggerire che il divorzio dovrebbe essere reso più difficile, che ci si dovrebbe sposare il più presto possibile e che le donne andrebbero cresciute nella prospettiva di diventare madri e non scaldasedie da ufficio, provoca nei millennial una reazione isterica di indignazione. Siamo la generazione che pensa che far parte di una nazione sia una cosa razzista e che l’elemento cruciale nell’esplorazione spaziale sia assicurarsi che le musulmane col velo possano entrare a far parte della NASA. Quindi probabilmente non ne usciremo più. Saremo sepolti in bare col marchio di Batman, circondati dai nostri giochi della Xbox. E forse chi ci seppellirà metterà finalmente da parte la moralità dei boomer.