Non ho mai nominato Javier Gerardo Milei su questo blog perché l’argomento è abbastanza deprimentei (sic): si tratta infatti della solita figura ambigua che strumentalizza l’avversione popolare verso le politiche “sinistroidi” globali per portarle avanti con altri mezzi. È la Rivoluzione che cambia maschera a seconda della moda stagionale, esprimendosi in maniera ancor più irritante e ridicola.
Del resto, da buon schmittiano, considero ogni “liberalismo” una forma di “romanticismo politico”, cioè in un’ultima analisi la manifestazione di un profondo disagio psichico che infatti poi si realizza a livello “pratico” nella manganellata in testa al consumatore ideale, il quale, pur essendo perfettamente razionale e autocosciente, fatica ad apprezzare le caleidoscopiche opportunità offerte dal libero mercato.
Parlare con i liber-qualcosa è davvero come avere a che fare con degli psicopatici, dissociati non solo dalla realtà ma dalle loro stesse credenze. Potrei fare centinaia di esempi: c’è quello che vorrebbe che lo spazzino o la bidella cambiassero operatore telefonico ogni mese in base agli andamenti in borsa, perché “in Cina funziona così” (dimenticando che laggiù il settore è interamente statale e i vantaggi offerti sono concreti, tipo la possibilità di usufruire di nuovi servizi o avere una migliore ricezione, non risparmiare 30 centesimi al mese spendendone 30 per il cambio tessera eccetera); c’è quell’altro che lavora per la grande piattaforma di streaming e si stupisce di come quelli che si comprano i filmetti osé finiscono per acquistare sempre la stessa scena (ecco perché OnlyFans funziona: l’uomo è un essere grottesco e bestiale che si innamora delle pornostar, altro che una “toccata e fuga”).
E c’è poi il Milei di turno, che vorrebbe rimpiazzare il ladrón estacionario (la sua definizione di “Stato”, tradotta goffamente come “ladrone stazionario” mentre sarebbe “ladro in pianta stabile”) con una ridda di grandi gruppi finanziari (gli stessi che traggono profitto dalle instabilità monetarie che dice di voler eliminare), il sovranista della dollarizzazione, il liberale contro il diritto d’aborto (sulla base di quale principio morale non si sa, o forse lo ammetterebbe per una donna stuprata da uno statale?), il meritocratico che assume la sorella Karina Milei, l’arruffapopoli minarchista anti-casta che si vorrebbe incoronare imperatore del suo staterello.
Mi dispiace esser così caustico, ma questa roba non è basata! Il neoliberismo non è basato, come il filo-americanismo, le panzane da cacciavitari sul debito pubblico, il securitarismo moscio e piccolo-borghese che si trasforma subito in anarco-tirannia eccetera…
Ad ogni modo, mesi e mesi fa un lettore mi ha scritto presentandosi come parente di Milei e offrendomi un paio di dritte sul personaggio. No, non è il solito principe nigeriano che non sa dove mettere i trilioni, anzi mi è sembrato un testimone onesto e disinteressato che voleva rendermi edotto su qualche retroscena sul nuovo campeón della destra frocia internazionale. Io non me lo sono filato perché sono una brutta persona, ma ora è venuto il momento di parlarne, soprattutto perché al Presidente argentino è stata appena conferita la cittadinanza italiana.
Per ricapitolare quel che ho saputo in camera caritatis: in primo luogo, Milei è effettivamente italiano e non ha origine ebraica (dunque i meme su Mileiowksy e le presunte parentele con Netanyahu andrebbero messe da parte). Il problema è che, a differenza della stragrande maggioranza di italo-argentini che parlano italiano (o almeno veneto o siciliano), costui ha invece in odio l’idioma gentile per il semplice motivo che non ha mai voluto avere rapporti con la sua famiglia in quanto, a suo parere, lo avrebbero trattato male da piccolo e dunque li considera “tutti morti”. Ecco il motivo per cui anche al meeting meloniano non ha spiccicato una parola nella nostra lingua: a Milei l’Italia non piace, gli ricorda probabilmente un passato arcaico e illiberale che distorce il libero mercato degli affetti.
E a proposito di “libero mercato” degli affetti e delle idee, un altro dettaglio tanto interessante quanto inquietante è che Milei abbia scelto di “convertirsi” all’ebraismo perché, da una prospettiva liberista, essa sarebbe la religione attualmente “vincente”. A questa incredibile conclusione ci è giunto nientedimeno che sulla scorta di Margaret Thatcher, la quale probabilmente ha deciso di adottare il filosemitismo anche per questo motivo (al di là delle note vicende legate al British Israelism ecc.).
Cioè, questo è veramente un coglione! A parte che anche la Lady di Ferro una volta giunta al governo dovette rimodulare il suo fanatismo di fronte alle follie di Israele (come qualsiasi imbecille sionista che arriva con la sua bella faccia da goy convinto che i marescialli talmudici siano lì pronti a fargli la ola), ma comunque non si sceglie una fede in base alle “vittorie”, altrimenti l’Inter dal 1989 al 2009 o il Partito Marxista-Leninista Italiano negli ultimi cinquant’anni non avrebbero avuto adepti.
Tali osservazioni, purtroppo inverificabili, dimostrano in parte il punto da cui si è partiti: il liberismo è una malattia mentale. Penso anche alla storia dei mastini clonati: sì, Milei possiede cinque cani clonati da un “capostipite”, chiamati Milton (in onore di Friedman), Murray (in onore di Murray), Robert e Lucas (in onore di Robert Lucas Jr.), realizzati da una clinica americana per la cifra di 50.000 dollari. Li definisce i suoi “figli a quattro zampe” (non ne ha di umani) e li considera i veri fautori della sua vittoria elettorale. C’è altro da aggiungere?