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Muqtada al-Sadr: Come nasce un guerriero

Ogni tanto si sente ancora parlare di Muqtada al-Sadr, il leader sciita iracheno che scompare e ricompare da inizio dell’invasione americana. Capo dell’esercito del Mahdi, poi ridotto a movimento paramilitare (affinché non venisse dichiarato fuorilegge), appartiene a una delle famiglie più illustri dello sciismo (tanto per dire, la celebre Saddam City nel 2003 venne ribattezzata Sadr City in onore di suo padre, l’ayatollah Mohammed Sadiq al-Sadr).

Oggi lo vediamo inturbantato e impalandranato, portare i suoi quarantatré anni con una certa stanchezza (come se ne avesse venti di più), ma conservando sempre la sua ieraticità e il suo carisma.

In verità il buon Muqtada, non avendo completato gli studi in teologia, non può rivendicare il titolo di mujtahid; di conseguenza l’unico attestato che gli conferisce un’autorità religiosa deriva dal suo lignaggio. Molti anni fa (quasi dieci, accidenti), un blogger iracheno sotto il soprannome Last of Iraqis pubblicò alcuni dettagli biografici sul personaggio. Probabilmente solo delle dicerie da parte di qualcuno che aveva più di un motivo per odiarlo, le ho trovate tuttavia talmente “incoraggianti” da conservarle tra i miei appunti (il testo originale è ancora reperibile qui). A quanto pare c’è davvero speranza per tutti…

«Prima dell’assassinio di suo padre [fatto ammazzare da Saddam nel 1999], l’attività principale di Muqtada al-Sadr era quella di usciere della casa paterna, addetto all’accoglienza degli ospiti. La gente di Najaf [città sacra per gli sciti e roccaforte della famiglia al-Sadr] non lo rispettava affatto, sia per la sua mancanza di preparazione religiosa che per i suoi atteggiamenti infantili: tutti dicevano che era un fanatico dei videogame e che passava giornate intere alla sala giochi. Per questo cominciarono a chiamarlo “Muqtada Atari” (o “Sayyid Atari”) e “Muqtada PlayStation”. Prima della guerra aveva anche l’usanza di indossare blue-jeans, una cosa disdicevole non solo per un chierico ma anche per un politico, perché le tribù sciite considerano i jeans una cosa da froci»

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