
Ho letto uno studio interessante sugli àvari pubblicato parecchi anni fa da “Eurasia” (L’ondata avara, luglio 2014, non so su quale numero della rivista): si discute, con un taglio “tradizionalista” ma scientifico, dell’impatto sui popoli europei di questa “misteriosa” popolazione dell’Asia centrale dai “caratteri mongolidi”, dei quali almeno alcuni (bassa statura, volto piatto, occhi scuri e capelli neri), avrebbero lasciato in eredità a diverse popolazioni, soprattutto dell’Est Europeo, fondendosi altri gruppi etnici (come ungari, protobulgari e slavi).
Il ruolo centrale avuto da tale popolo nell’ascesa dei Longobardi in Italia non sembra però aver lasciato molte tracce nella Penisola, nemmeno dal punto di vista toponomastico: si parla più che altro di influenze “culturali” (che ovviamente si estendono a tutto il Continente), come l’introduzione delle staffe di ferro (le quali rivoluzionarono tutta la cavalleria medievale) e di nuove tattiche militari (come le formazioni a cuneo e le finte ritirate), oltre addirittura ad alcuni “elementi decorativi di ispirazione steppica” in ambito artistico (come il grifone, che si ipotizza fosse considerato dagli avari una sorta di “animale totem”).
Questo per il passato. Per quanto riguarda i nostri giorni, è noto che le popolazioni considerate più vicine al ceppo originario degli “invasori” siano quelle del Caucaso. Tuttavia, più che concentrarci su caratteristiche o etniche, vale la pena (anche nella prospettiva dell’argomento di cui dobbiamo parlare) della lingua di tale popolo, conosciuta come магӀарул мацӀ, [maⱨarul maⱬ] (“lingua delle montagne”) o авар мацI, [avar maⱬ], considerata parte del gruppo avaro-andico parlata da quasi 800.000 persone, principalmente nel Daghestan occidentale (dove è insegnato nelle scuole) ma anche in piccole comunità in Cecenia, Calmucchia, Georgia, Kazakistan, Ucraina, Giordania, nella regione di Marmara (Turchia) e nelle regioni di Balaken e Zaqatala (Azerbaigian).
Nel XV secolo l’avaro venne traslitterato con l’alfabeto georgiano, poi dal XVII secolo fino agli inizi del XIX secolo venne adottata la scrittura araba, passando dal 1928 per breve tempo all’alfabeto latino, fino all’adozione definitiva del cirillico nel 1938.
Il web è molto avaro di testimonianze (scusate il gioco di parole) sull’idioma: esiste una breve presentazione di un anonimo daghestano racconta da Wikitongues (sfortunatamente senza sottotitoli).
Sempre su Youtube, oltre alla musica tradizionale troviamo enigmatiche canzonette con poche decine di visualizzazioni e, come prevedibile, nessuna indicazione sugli artisti né tanto meno sui testi. In ogni caso sono utili per apprezzare suoni come la [ʁ] (fricativa uvulare sonora), la [ɬ] (laterale fricativa alveolare sorda) e soprattutto la [ʜ] (fricativa epiglottale sorda). Il canale Avar MP3 contiene alcune pregevoli testimonianze.
Infine una versione del Padre Nostro in alfabeto latino e cirillico:
Emen Nedsher sovaldaisch bugewh,
Hallal bugabi dür zar;
Watschagai kodolch’ti dür;
bugabi chatir dür kin sovalda hagadin ratl’alda,
tsched nedsher kol’goh tle nedsher dshaka;
teh nedsher nalti kin nedshedsha toläh bugewh nedsher nalti bukarasa;
betschegä nish kadir alda, challastun nish tkuesch’tialda,
Dur bugewh aldshant’chli, gutsch, tschukur dunialaltchul.
Эмен, дур цІар гІадамаз мукъадасаблъун рикІкІаги, дур ПарччахІлъи тІаде щваги.
Зобалаздаго гІадин ракьалдаги дур амру билълъанхъаги.
Жакъа нижер бетІербахъиялъе хинкІ-чед кье нижее.
Нижер налъи-хІакъалда тІасаги лъугьа, нижерго налъулазда тІаса нижги лъугьарал ругин.
Нижер хІалбихьизеги биччаге, Квешалдаса цІуне ниж.
Fonte: Das Gebet des Herrn in den Sprachen Russlands (1870); per il testo in cirillico, online-bibliya.ru (versione di Matteo) e Лукаца бицараб Рохалил хабар (Mosca, 2000) per Luca.
Non è parlato in Ungheria?!?
Paolo Diacono narra dell’arrivo alla Corte di Pavia di guerrieri barbari della steppe, Avari, ma anche anche altri, guidati dal duca Alzeco (mi sembra che così si chiamasse), che rinnovagli antichi laegami di alleanza e vassallaggio che i suoi avi avevano con i Re Longobardi. In cambio, il Re cede loro delle terre nel Sannio. In effetti, negli anni ’90, propio a due passi dalla tana del dinosauro “Ciro”, furono trovate delle necropoli, in cui, secondo le usanze asiatiche (ma non celtico-germaniche), cavaliere e cavallo erano sepolti assieme nella stessa tomba.
Dovresti mandarlo a Cardini; ne sa a pacchi ed è molto appassionato di etnografia culturale. Ma fallo anonimamente.
Notare Hallal, bugewh, zar, nedsher, e mi pare pure un altro paio, non so come viene classificata ma ha tutta l’aria di una lingua vicina al sanscrito, comunque una ulteriore conferma della teoria dell’unica lingua prima di Babele.