Nel Donbass non c’è stata alcuna occupazione russa

Ong “di Soros” ammette (all’alba del 2019): nel Donbass non c’è stata alcuna “occupazione russa”
(Gog&Magog, 20 luglio 2019)

Per l’International Crisis Group, l’aver considerato la rivolta dell’est Ucraina come una mera interferenza esterna di Mosca è stata una semplificazione gravemente erronea da parte occidentale e di Kiev: il nuovo presidente Zelensky la deve superare, se vuole comporre il conflitto.

È uscito il 16 luglio un report dell’International Crisis Group (sede a Bruxelles e finanziato, fra gli altri, dalla Open Society di George Soros), secondo cui Mosca si starebbe distanziando dai ribelli del Donbass, perché il Cremlino avrebbe abbandonato l’idea di annettere le repubbliche separatiste o di riconoscere una loro indipendenza, peraltro mai veramente abbracciata.

A detta degli analisti (qui il report completo in pdf), ciò offrirebbe al nuovo presidente ucraino Zelensky l’opportunità di ricucire i rapporti con la popolazione dell’est Ucraina, anche allentando l’embargo commerciale: la Russia potrebbe concordare, se (come già previsto negli ultimi accordi di Minsk) venisse garantita l’autonomia dei territori di etnia russa, o un loro statuto speciale.

Il documento è comunque interessante, perché una fonte non certo filorussa dà atto di come le proteste in Est Ucraina dopo Maidan siano state spontanee (a grassroots movement), in reazione alle mosse aggressive del nuovo governo non eletto di Kiev (come la minacciata messa al bando della lingua russa). Anche la svolta militare è stata ispirata dalle mosse di Mosca nella crisi del 2014 (i ribelli confidavano in una annessione come per la Crimea), ma si dà atto che non era stata organizzata dal Cremlino né tantomeno compiuta da “truppe russe”.

Un supporto (seppure informale) è stato dato successivamente (e forse obtorto collo, aggiungiamo noi), nel momento in cui la sgangherata “operazione antiterrorismo” lanciata da Kiev per riprendersi i territori dell’est stava per fare una strage fra i civili di quelle zone: un bagno di sangue ai danni di russi che sarebbe stato anche solo politicamente intollerabile per Mosca (gli ucraini schieravano non poche milizie di estrema destra se non palesemente naziste). In ogni caso, nonostante l’afflusso di volontari dalla Russia, la maggioranza dei combattenti separatisti è sempre stata di nativi del Donbass, che hanno preso le armi per difendere la propria città. Un dato che è confermato anche dalla nazionalità dei caduti, in gran numero ucraini dell’est.

Il report non nasconde, infatti, che le politiche di Kiev hanno continuato a mirare ad una “punizione collettiva” sugli abitanti dell’Est, non solo con le operazioni militari e dando mano libera a battaglioni irregolari, ma anche recidendo ulteriormente, con sanzioni economiche, i legami con i territori ribelli. Negli anni sono state bloccate le pensioni agli abitanti del Donbass (“se sono rimasti là, si facciano pagare le pensioni dalla Russia”, disse un ministro di Poroshenko), e si è proibita ogni transazione economica fra i due lati del conflitto.

Il Crisis Group vede però nella nuova presidenza ucraina una opportunità per ricomporre la situazione: se Mosca non è (anzi a ben vedere, non è mai stata) interessata a espansioni territoriali, potrebbe non vedere negativamente un riassorbimento da parte ucraina di territori che altrimenti, resterebbero un peso economico e politico esclusivo sulla Russia, nella impossibilità di investimenti in infrastrutture. Da parte di Kiev, però, andrebbe garantita, dietro un cessate il fuoco dei separatisti, una vera autonomia e federalismo all’intero est ucraino. Una manovra che, sulla base di quanto esposto nel report, non potrebbe mai andare in porto senza una ricucitura dei rapporti fra lo stato ucraino e i suoi cittadini delle aree ribelli, senza la quale anche un accordo col Cremlino potrebbe rivelarsi inutile, se le forze separatiste dovessero decidere di non rispettarlo.

Dopo 5 anni di guerra e 13 mila morti, di fatto la proposta sul tavolo si rivela essere quella formulata, nel’immediato post-Maidan, da parte russa…

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