Tempo fa ho trovato questa immagine (di A. Garegnani) in una rivista di fotografia degli anni ’70, a corredo di un articolo che forniva consigli ai cultori dell’arte su come operare nelle zone di conflitto (e che in realtà non conteneva alcun riferimento al contesto in cui era stata scattata).
Si tratta di graffiti anticattolici ad opera di lealisti protestanti (UVF, Volontari dell’Ulster), che invitano i cattolici (taigs) ad andarsene.
Preso da invincibile curiosità, sono andato a controllare su Google Maps se questa casa di Belfast esistesse ancora (ho pensato che conoscere almeno il nome delle strade l’avrebbe resa facilmente individuabile); purtroppo tra Mountjoy e Azamor Street non ve n’è alcuna traccia (e tra l’altro le due strade non comunicano più direttamente).
Mi sono però accorto che la zona in cui doveva trovarsi era la stessa nella quale operarono i famigerati “macellai di Shankill” (Shankill Butchers), l’unità dell’UVF che tra gli anni ’70 e ’80 seminò il terrore nel quartiere, massacrando civili cattolici a caso: tra sparatorie e attentati, si calcola che i “macellai” abbiano fatto oltre trenta vittime.
Uno dei loro ritrovi era proprio il pub all’angolo tra la Mountjoy Street e la Shankill Road, il Brown Bear, ora chiuso, che nonostante venga ricordato come luogo di bisbocce (come nel cartellone qui di seguito) era in realtà un vero e proprio ufficio di reclutamento per terroristi.
Ancora oggi il quartiere è disseminato di murales lealisti, come questo:
o questo, con i versi del poeta britannico Alfred Edward Housman (1859-1936):
Here dead lie we,
because we did not choose,
To live and shame the land,
from which we sprung.
Life, to be sure,
is nothing much to lose;
But young men think it is,
and we were young.
Un altro particolare rappresentativo di questo pugno di strade sono i poster di propaganda per la Brexit (il 60% dei protestanti ha in effetti votato Leave, mentre l’85% dei cattolici ha parteggiato per il Remain):
L’immagine quindi racconta a suo modo una storia tragica, perché nonostante lo slogan unionista “No Pope Here” (cavallo di battaglia del reverendo Ian Paisley) campeggi su diversi muri dell’Irlanda Nord, in tal caso si può ipotizzare che esso rappresenti più di una “provocazione” o una “goliardiata”, ma una minaccia concreta nei confronti di chi viveva nei paraggi.
Possiamo domandarci, non retoricamente, se costoro siano riusciti a sopravvivere alla ferocia della guerra civile, o se abbiano come minimo dovuto abbandonare il loro quartiere (il che forse spiegherebbe perché la casa non esiste più).