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Non Expedit 2022

Enrico Letta, segretario del Partito Democratico, in un talk show di La7 ha avuto il coraggio di sostenere che “Anche Mussolini le vinse le elezioni” (sic): nessuno in studio si è permesso di correggerlo, né la stampa ha voluto commentare tale scempiaggine, limitandosi semplicemente a riportare la dichiarazione (solo “Il Giornale” ha trovato il modo di ricordare qualche pillola di storia al leader del partito di quelli che si sentono più intelligenti degli altri).

L’idea che un Partito che si fa chiamare Democratico e stravolge la storia della democrazia italiana per umiliarne il concetto stesso (con pura mentalità tecnocratica) otterrà ancora più del 20 per cento dei consensi grazie a dei veri e propri automi mi fa salire il sangue al cervello. E mi fa pensare, spes contra spem, che l’unica decisione dignitosa in questa tornata elettorale sia quella di votare contro il PD, per fare in modo che i sedicenti “democratici” stiano finalmente all’opposizione.

Tuttavia, il proposito (miserabile, lo ammetto) cozza immediatamente con la realtà: qual è la vera antitesi al piddinismo in Italia? A conti fatti, nessuna. È da tanto che ci penso e se non ho detto ancora una parola non è solo perché questa campagna elettorale italiana è stata la più miserabile (da qui la miseria del proposito di cui sopra) della repubblica; ma soprattutto perché non so nemmeno in che “vesti” andare a votare.

Potrei presentarmi come “novax”, o più correttamente come uno dei tanti (ma purtroppo non dei troppi) che ha subito sulla propria pelle l’introduzione del Green Pass. A questo punto, dovrei escludere tutti i partiti che hanno sostenuto l’esecutivo di Mario Draghi, nonché quelli che si sono opposti solo a parole, per rivolgermi alle varie formazioni sorte a ridosso della caduta inaspettata del governo. Quindi dovrei “usare” il mio voto per premiare uno dei 3-4 partitini che a malapena raggiungeranno lo 0,1%. Sinceramente è una proposta oscena, che mi indignerebbe anche se seguissi tutti i giorni come un fanatico le loro dirette e i loro canali: il fatto di non esser stati capaci di formare una coalizione unica anti-sistema è la dimostrazione lampante di come nessuna di queste formazioni, neanche quella che rispecchia più le mie idee politiche, abbia a cuore l’interesse nazionale e collettivo.

Sono consorterie, camarille, settucole che hanno passato più tempo a farsi una ridicola guerriglia che a promuovere il proprio programma tra i sostenitori. L’unico tra di essi che ha la possibilità di superare forse il 2% è un “ircocervo elettorale” che rispecchia la confusione mentale del suo fondatore, un ex giornalista grillo-leghista del quale ho sentito un paio di “discorsi”, tutti urlati e senza né capo né coda, in cui peraltro costui dimostra di non conoscere nemmeno le basi (per fare solo un esempio, ignora cosa sia il “voto disgiunto”, facendo addirittura credere ai suoi elettori che c’entri qualcosa con l’esprimere un consenso differente per la Camera e per il Senato).

Il micropartitismo va punito, punto e basta: non si accettano discussioni al riguardo. Tutte queste primedonne in fondo avevano possibilità di unirsi sotto un programma minimo, che come primo punto avesse l’opposizione al Green Pass e alla dittatura sanitaria. Non è successo, dunque che spariscano pure nel giro di qualche mese. Per giunta, ragionando da una prospettiva anti-piddina questo potrebbe rappresentare il “voto inutile” per eccellenza. Ed è altrettanto superfluo che gli esponenti della galassia dello “Zero Virgola” ci vengano a ricordare i meccanismi per cui funziona la democrazia, perché loro non conoscono nemmeno la tecnica più rudimentale con cui gli uomini agiscono politicamente da millenni: l’unione delle tribù. Vergognatevi tutt*.

Veniamo alla seconda identità con cui potrei apporre un segno sulle schede: quella di filorusso, cioè di chi non vuole una guerra nucleare. Esclusi, per i motivi appena elencati, i micropartiti, la scelta verterebbe tra le formazioni che pur avendo sostenuto l’ultimo governissimo hanno fatto opposizione interna alle scelte scellerate di Draghi. Queste sarebbero la Lega di Matteo Salvini e il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte: eppure, non c’è mai stata una parola netta da tali leader (se si possono definire così). È sempre stato un non-detto, una strizzata d’occhio, un leggere tra le righe: ma qui non si tratta di mettersi le magliette con il volto di Putin o sventolare bandierine russe al Senato, solo di proporre la più blanda delle negoziazioni tra i due litiganti. No, nemmeno questo. E allora…

Vorrei qui soffermarmi su un punto: qualche giorno fa ho riportato le dichiarazioni dei principali candidati a queste elezioni riguardanti Vladimir Putin e la Russia. Non avevo commentato perché credevo fosse superfluo, ma qualche precisazione ora si fa necessaria: in primis, bisogna evidenziare il tradimento politico che la Lega ha perpetrato nei confronti di Mosca, a fronte delle dichiarazioni entusiastiche di un Salvini che lo rendono ancor meno credibile di quanto fosse in precedenza (se mai lo è stato). In secondo luogo, si evidenzia come l’assurda accusa di “intelligenza col nemico” rivolta anche a Giorgia Meloni (che invece nel suo libro afferma chiaramente che si doveva fermare “l’aggressiva politica imperiale di Mosca” senza spingerla a un asse con Pechino) non abbia mai invece sfiorato uno come Matteo Renzi, il quale in uno dei suoi volumi addirittura si vanta di aver chiamato direttamente Putin (che en passant ricopre di elogi) per fargli rettificare un servizio televisivo di Russia Today ai tempi del suo fallimentare referendum costituzionale.

Lasciamo correre le sparate degli altri segretari di partito, anche se andrebbe detto qualcosa sul fatto che Carlo Calenda nel lontanissimo 2020 e con immensa lungimiranza, affermò che “la subalternità (se non peggio) della Lega alla Russia di Putin ci porta su una strada che mette a rischio i nostri interessi economici (legati all’Ue e agli Usa)”; oppure andrebbe notato come Enrico Letta (salta sempre fuori) parli sempre dei rapporti tra Roma e Mosca da una prospettiva totalmente germano-centrica e ultra-merkeliana, ipocritamente mascherata da “europea”.

E allora non resta che l’ultima prospettiva: votare come fascio-sovranista, populista, reazionario, conservatore. Considerato il riallineamento moderato di tutti i partiti, non resterebbe che la Meloni. Peccato che in questi mesi Fratelli d’Italia si sia dimostrato il più filo-atlantico tra i partiti, esprimendo un fanatismo che probabilmente ha lasciato sconcertato anche i meno filo-russi all’interno di esso (nonostante in questi mesi sia anche emerso che molti pezzi grossi degli ex-missini venissero condotti amorevolmente in tour nelle basi NATO di mezza Europa – segreto di Pulcinella, è vero, ma allora non ci viene più nemmeno concesso di ragionare con la logica dell’occhio non vede cuore non duole).

Aggiungo che, anche qualora volessi scegliere la strada della reazione inginocchiandomi a Kiev Washington in cambio di meno immigrazione, meno degrado e meno propaganda gender nelle scuole elementari, comunque non avrei nessuna garanzia da una leader donna (!) che assicura che adempierà alle proprie promesse perché è del segno zodiacale del Capricorno (confermando l’ennesimo stereotipo sulle femmine che basano le loro scelte di vita sull’oroscopo).

Viviamo in tempi di inversione, se non addirittura di satanismo politico: per fare qualche esempio, chi ha votato convintamente per un partito novax “senza sé e senza ma” come i Cinque Stelle si è ritrovato l’imposizione di un obbligo per un vaccino sperimentale (e questi si opponevano a quelli tradizionali!); chi ha votato convintamente per un partito contro l’Unione Europa e l’euro come la Lega si è ritrovato un piano economico che porterà alla definitiva meridionalizzazione dell’Italia e all’irreversibilità (non più solo politica, ma a questo punto anche economica) della moneta unica.

Ora, già si è visto come il partito anti-immigrati abbia applaudito all’ingresso di immigrati ucraini nel Bel Paese (smentendo persino il principio che un profugo dovrebbe fermarsi nel “Paese di prima accoglienza” solo perché la Polonia non è in Africa): non vorrei che l’inversione regnasse pure su temi come la legalizzazione della cannabis o il “prima gli italiani” o “prima le mamme cristiane”. Cioè che il normaloide che vota Fratelli d’Italia si ritrovasse poi il quartiere pieno di coffe-shop gestiti da transessuali slavi. Misteri dell’inversione politica.

Restano dunque tre opzioni (che poi si riducono ad una): annullare il voto (scheda bianca o scarabocchi); presentarsi al seggio e non accettare la scheda; astenersi. Fa specie che il professor Andrea Zhok (in realtà candidato per uno dei tanti micropartiti, dunque non fa specie affatto) inserisca tra le sue obiezioni anti-assenteiste anche la possibilità di “rifiutare la scheda, registrandosi però come votanti, per simbolizzare il proprio dissenso”. Non si possono mettere assieme scelte così diverse sotto l’unica etichetta di “sconfittista” (che in italiano sarebbe disfattista, ma forse suona ancora troppo politico). Posto che le “obiezioni alle obiezioni” di Zhok sono già state formulate sopra verso il micropartitismo (e non vorrei ripetermi, ma non si possono accettare  lezioni di “istituzionalismo” da persone che non sono nemmeno riuscite a mettere in atto il meccanismo basilare della politica, rodato da millenni, cioè l’unione delle tribù), l’unica difficoltà sta nell’ammettere che in Italia non esiste una tradizione “astensionista” degna di tale nome.

A dimostrarlo, tra le altre cose, che a sostenere tale posizione siano stati due giornalisti parapiddini come Fabio Fazio e Aldo Cazzullo, i quali in effetti a differenza di politici e intellettuali conservatori possono pure concedersi il lusso di invitare all’astensione ben sapendo che il Partito Democratico avrà sempre il suo 20% persino qualora proponesse come programma minimo la cancellazione della Penisola tramite auto-bombardamento nucleare. La destra, giustamente, non si fida: anche il professor Zhok evoca il pericolo di brogli rappresentato dalla scheda bianca o inutilizzata, che “può essere votata a posteriori da qualche compiacente membro della commissione scrutinante” (ipse dixit).

L’argomento più importante è però che in Italia “astensionismo” fa rima con “assenteismo”. E non c’entrano qui la Costituzione, i Doveri dell’Uomo o il “darsi da fare”: semplicemente, chi propone una posizione astensionista accettando che “non esiste soluzione politica”, non può limitarsi a stare sui social a scrivere “non esiste soluzione politica”. Quando i Pontefici preunitari proclamarono il non expedit, stavano esercitando un residuo potere temporale contando su quelle “divisioni” che Stalin, da vero barbaro, irrideva: non a caso Cavour all’epoca parlò letteralmente di abuso delle armi spirituali.

Dunque chi adotta il non expedit lo faccia non con spirito anti-politico (alla fine vedete dove ci ha portato…) ma tuttalpiù meta-politico. Non si tratta di fondare un nuovo “(micro)Partito degli Astensionisti”, ma di dare alla propria scelta un contenuto non necessariamente incanalato nei percorsi riconosciuti. Qui habet aures audiendi, audiat.

PS: L’estremo “voto inutile” che potrei concedermi è quello all’unico politico della seconda repubblica che ha parlato esplicitamente di lobby ebraica, Clemente Mastella.

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