Ibristofilia: come impedire alle donne di accoppiarsi compulsivamente con i criminali?

Colpiscono le notizie sulle guardie carcerarie (donne) che si scopano detenuti (maschi): la più eclatante è quella accaduta nel Canton Zurigo (secondina che fugge con stupratore seriale siriano) ma nel mondo il fenomeno si registra praticamente dappertutto. Gli ultimi casi riguardano una 27enne della Florida che in un carcere minorile ha iniziato una relazione con un detenuto sedicenne e una trentina di “secondine” del Kentucky che hanno trasformato gli istituti penitenziari dello Stato in bordelli (ne ho parlato qui).

Singolare quanto occorso in un carcere di Baltimora nel 2013: quattro guardie messe incinta dallo stesso detenuto!

«Quattro guardie carcerarie a sono state messe incinta dello stesso detenuto, e addirittura due delle donne si sono fatte tatuare il suo nome. Secondo l’accusa le agenti di custodia avrebbero hanno aiutato i membri della famigerata gang Black Guerilla a contrabbandare cellulari, marijuana e sigarette nella prigione e a fare migliaia di dollari. Il capo clan, Tavon White, avrebbe guadagnato 16.000 dollari in un mese da queste attività. Quattro agenti di polizia penitenziaria – Jennifer Owens, Katera Stevenson, Chania Brooks e Tiffany Linder – si sono fatte mettere incinta da White mentre era dietro le sbarre. La Owens si è fatta tatuare il nome di Tavon sul collo e la Stevenson sul polso».

Altra storia dal Galles: una agente penitenziaria tra il 2017 e il 2018 ha fatto sesso con un tizio che ha investito e ucciso un uomo mentre fuggiva da un posto di blocco. La donna, condannata a 12 mesi di reclusione, lo avrebbe fatto per “provare un brivido”.

Potete continuare le ricerche da soli, sorbendovi la solita morale anti-maschile (la quale però implica che le donne siano facilmente manipolabili e suggestionabili). Sulla stessa linea, la vicenda dell’agente dell’FBI che nel 2017 ha sposato un terrorista dell’Isis:

«Daniela Green, all’epoca 38 anni, era stata arruolata dall’Fbi per le sue conoscenze linguistiche ed era arrivata a ricoprire ruoli di grande importanza che le concedevano il più alto livello di accesso a informazioni e documenti delicatissimi. Le era stato affidato l’incarico di tenere d’occhio l’afrotedesco Denis Cuspert, conosciuto in Germania come Deso Dogg e in Siria come Abu Talha al-Almani, combattente dell’Isis. Ma la Green cominciò ad andare ben oltre i limiti della sua missione, arrivando a intessere una relazione virtuale con Denis, tramite un account Skype del terrorista ignoto allo Fbi. Il rapporto tra i due crebbe talmente tanto che la traduttrice decise, nel giugno 2014, di partire per la Siria, dove sposò Denis Cuspert al quale prima rivelò di lavorare per lo Fbi e poi svelò tutti i segreti delle indagini su di lui. Ma l’amore tra i due è durato poco. La Green è tornata presto negli Stati Uniti dove è stata arrestata e condannata a due anni di carcere. Con enorme imbarazzo l’Fbi ha cercato di insabbiare l’accaduto ed oggi Daniela è di nuovo libera. “Ero debole e non sapevo più come gestire la situazione, questa volta l’ho fatta davvero grossa” ha dichiarato la Green una volta tornata in Patria».

“L’ho fatta grossa”, “Ho combinato un pasticcio” [I really made a mess of things], manco si fosse rotta un tacco delle scarpe mentre entrava in un sushi bar. La storia completa è stata raccontata dalla CNN, nel frattempo il rapper afro-tedesco è morto e adesso insegnerà agli angeli le sue sofisticate tecniche di seduzione.

Al di là di alcuni episodi dai sconcertanti contorni politici (come il caso delle soldatesse israeliane che si fanno “sedurre” dai detenuti palestinesi), ci sono anche vicende di taglio diverso, come quelle di uomini condannati per i crimini più orrendi che in carcere trovano subito moglie e fidanzate (oltre a un codazzo di ammiratrici): i casi più eclatanti sono quelli di Ted Bundy o Charles Manson, oppure, per citarne uno più recente, le inquietanti “conquiste” da dietro alle sbarre di un femminicida olandese, anche nel nostro Paese è una cosa che accade con una certa frequenza. Ricordo, per esempio, la vicenda di quello che la stampa ha definito un baby killer (ha ucciso a colpi d’ascia i genitori di un suo amico) che ha trovato la fidanzatina un attimo dopo esser stato arrestato. Una storia lacrime strappa, come si dice.

Ai tempi in cui ero insegnante mi aveva colpito, assistendo alla presentazione di una raccolta di temini composti da “ex bulli”, il fatto che nei memoriali degli aguzzini scolastici in un modo o nell’altro emergesse la necessità di far colpo sulle ragazzine prendendosela con i più deboli e indifesi. Un cherchez la femme grande come una casa che naturalmente non mi sono sentito di evidenziare per non rovinare l’atmosfera gaia (absit iniuria verbis) e benevola creatasi nell’uditorio.

Mi sono ritrovato al cospetto dello stesso dilemma in un’altra presentazione di un libretto su giovani e mafia, dal quale si evince, sempre “tra le righe” che una gratificazione immediata di cui godono i mafiosetti di qualsiasi parte d’Italia è di tipo sessuale. Ennesima “lettera rubata” sulla quale non ci è consentito ipotizzare alcunché: eppure il materiale su cui meditare non mancherebbe, considerando che nell’occasione è stato evocato il nome di Placido Rizzotto, la cui fidanzata si mise col mandante del suo omicidio (“Adesso è facile giudicarmi”, si giustificò, “ma la gente non conosce le rinunce e le sofferenze di una donna sola”).

Gli psicologi parlano di ibristofilia (da hubrizein [ὑβρίζειν], che significa “commettere un affronto contro qualcuno”), una parafilia che comporta attrazione sessuale per coloro che si macchiano di qualche atto criminale, conosciuta nella cultura popolare americana (dove almeno se ne parla) come Sindrome di Bonnie e Clyde. Dovremmo dunque concludere che le prime fomentatrici della famigerata “mascolinità tossica” siano le “formidabili” di cui sopra, e che il Pianeta Donna sia un luogo lugubre, miserabile e inospitale? Sarebbe bello poter mettere d’accusa solo i “cattivi” senza badare al sesso, ma la corda è stata tirata troppo e ormai appare necessario declinare qualsiasi cosa in termini di genere, paradossalmente proprio per sfuggire ai dogmatismi e rifondare il rapporto tra sessi secondo giustizia, o almeno uguaglianza.

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