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L’omicidio di Willy è la continuazione del bullismo con altri mezzi

L’omicidio di Willy Monteiro Duarte, giovane italiano di origine capoverdiana massacrato di botte dal branco il 6 settembre 2020 in provincia di Roma nel tentativo di difendere un suo amico, ha scosso l’opinione pubblica italiana: ma non per il motivo per cui le note “agenzie culturali” hanno voluto amplificare la notizia, sostanzialmente allo scopo di fomentare nel Bel Paese un “caso George Floyd” e scatenare il caos a ridosso di una tornata elettorale (seppur insignificante rispetto a quella d’oltreoceano).

No, la ragione per cui l’assassinio Duarte ha turbato anche quelli che benpensano è stata l’emersione di un tipo di violenza che gli italiani non avevano ancora imparato a conoscere a tale livello. Non quella del fascismo, del razzismo o delle “arti marziali”, ma una violenza di stampo diverso, che si potrebbe definire come una sorta di ideologizzazione del bullismo.

Non è un caso che migliaia di italiani, sulle bacheche virtuali dei principali quotidiani, abbiano rievocato dolorose esperienze scolastiche, gli anni verdi in cui anch’essi si trovarono alle prese con i loro “fratelli Bianchi”: quelli che dettavano legge nei corridoi, che trasformavano ogni intervallo in una via crucis e che -punto fondamentale- si accaparravano tutte le femmine.

Se il caso del giovane Willy è stato messo subito a tacere è perché le stesse camarille intenzionate a politicizzarlo si sono accorte che sulla lunga distanza “il gioco non valeva la candela”, e cioè che il fatto di cronaca più che sobillare tafferugli metropolitani a bassa intensità tra allogeni e indigeni, era suscettibile di aprire uno spiraglio su un problema altrettanto scottante per l’ora presente: l’ipergamia femminile.

Uno dei pochi ad aver avuto il coraggio di parlare è stato il Redpillatore, che sul suo sito ha squarciato il velo di ipocrisia del mainstream nazionale, ponendo i suoi sempre più numerosi lettori di fronte alla cruda realtà (Perché i Criminali Fanno Bagnare le Donne, 12 settembre 2020):

«Negli ultimi giorni l’opinione pubblica italiana è stata scossa dalla morte di Willy Monteiro, un ragazzo ventunenne di origini capoverdiane, brutalmente pestato da quattro ragazzi solo perché aveva provato a sedare una lite in cui era coinvolto un amico. Nelle varie cittadine della periferia romana, dove è accaduta la barbarie, i suoi assassini erano dei noti piantagrane, dei bulli che picchiavano persone innocenti per puro spirito di prevaricazione, forti del fatto di praticare arti marziali. Ma erano anche noti per essersi ripassati tutte le ragazze della zona. Due di loro, i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, poco prima di andare ad accanirsi contro un ragazzino gracile fino ad ammazzarlo, si trovavano dietro a un cimitero e stavano facendo sesso con tre ragazze appena conosciute».

Abbiamo posto via email due domande al Redpillatore, che ha prontamente risposto con altrettanta brillantezza:

Credi che la chiave di lettura da te proposta dell’omicidio del giovane Monteiro (“Le donne si bagnano per i criminali”) sia anche quella adottata dalla maggioranza silenziosa degli italiani, al di là del teatrino contro il razzismo, il fascismo, il ghetto, le arti marziali ecc?

Molti sono più o meno consapevoli che gran parte delle donne non solo non condanna, ma addirittura premia i comportamenti arroganti e prevaricatori da parte di certi uomini. Tutti da ragazzi abbiamo avuto esperienza di bulletti che terrorizzavano i più deboli e che risultavano comunque affascinanti alle ragazzine. In certe zone d’Italia dove regna la criminalità organizzata il livello di consapevolezza su questo tema è ancora più elevato. Chi è a forte rischio di entrare nell’ambiente malavitoso è persuaso anche dalla possibilità di rimorchiare di più. Ricordo a tal proposito un’interessante intervista per la trasmissione “King of Crimes” di Roberto Sav1an0 all’ex boss Maurizio Prestieri, il quale raccontava senza mezzi termini di come le ragazze ambissero a diventare la “pupa del gangster” e disprezzassero i poveracci che lavorano.

L’assassinio di Monteiro sembra quasi una “prosecuzione del bullismo con altri mezzi”; si notano, non solo sul tuo sito ma anche nelle bacheche dei grandi giornali, moltissimi commenti di persone che ricordano i bulli di scuola col loro codazzo di odalische. Il problema dunque è piuttosto sentito e diffuso, quasi un “Segreto di Pulcinella”: è possibile che un giorno possa arrivare una soluzione, o almeno una risposta, a livello politico?

L’italiano medio si guarda bene dall’esprimere in pubblico certe idee verso le donne, perché sa che il rischio di subire la gogna sociale è elevato, però credo che questa volta pochi abbiano bevuto la farsa del fascismo e delle arti marziali come causa principale di ciò che è successo, e molti siano irritati dal fatto che il successo sociale e sessuale di quegli assassini sia passato totalmente in secondo piano nei media. L’omicidio di Willy ha davvero risvegliato le coscienze anche dei più scettici. Non ti so dire cosa accadrà in futuro, però certe situazioni sicuramente col tempo si esaspereranno, le disuguaglianze cresceranno, la condizione maschile peggiorerà e prima o poi si arriverà ad un punto di rottura per cui la qualità della vita sarà così bassa che anche i più cauti se ne fregheranno di essere politicamente corretti. Le donne non possono rimanere immuni al giudizio sui loro comportamenti per sempre.

A questa lettura aggiungerei quella di Matteo Fais, uno dei pochi ad aver subito identificato il nocciolo della questione (Sempre più like femminili al killer di Willy, “Il Detonatore”, 9 settembre 2020):

«Uno degli assassini di Willy, già seguitissimo su Instagram, ha visto incrementare enormemente il numero dei suoi follower in un giorno, dopo l’uccisione del ragazzo – e no, uno non diventa follower per insultarlo, lo insulta e basta. Potete constatare voi stessi. Manco a dirlo, sono tutte donne. Come volevasi dimostrare, il genere femminile – almeno per la maggior parte – si è totalmente e oscenamente bagnato al pensiero dell’assassino. Sono in calore. Tutte le squallide puttane lustra palle di bulli e violenti vari si eccitano all’idea di uno che ha la meglio su un povero ragazzino mingherlino e indifesoEsattamente come alle scuole superiori, le donne vanno su di giri al pensiero di un burbero senza cervello che picchia e massacra uno incapace di difendersi. L’abbiamo visto milioni di volte. Chi sottometteva gli altri compagni di classe e li faceva vivere nel terrore, giorno dopo giorno, di divenire soggetti delle loro angherie, guadagnava uno status».

Detto ciò, è un fatto che la reazione dell’italiano medio all’uccisione di Willy sia completamente sfuggita agli schemi imposti dai media di massa. Questo è, a tutti gli effetti, un sintomo dei  rivolgimenti in atto nella nostra società. Possiamo, senza dilungarci in improvvisate analisi sociologiche, osservare l’emergere di dinamiche simili in diversi Paesi occidentali: in primis, le conseguenze di un fenomeno migratorio incoraggiato dalla stessa parte politica che si è poi totalmente disinteressata alla fatidica “integrazione”.

Quando l’illuminato editorialista del giornale progressista descrive il ventunenne di origine capoverdiana come “perfettamente integrato”, nemmeno si accorge che tale “integrazione” si è verificata a debita distanza di redazioni e sedi di partito. È una “integrazione” che da sempre la casta dei filantropi affida ai ceti subalterni: per dirla terra terra, il gazzettiere che scrive coccodrilli per Willy è probabilmente lo stesso che non avrebbe permesso ai suoi figli di frequentarlo. Sarà anche per questo che la famiglia della vittima è intervenuta per stigmatizzare ogni strumentalizzazione dell’orrendo massacro del figlio, caduto per «crudeltà e ferocia ingiustificata che non ha colore né razza».

Affermiamo ciò per indicare che, al di là di qualche provocazione probabilmente proveniente -ma è solo un sospetto- dalla stessa area delle gazzette illuminate di cui sopra, non è stata nemmeno registrata quella reazione “razzista” sempre auspicata dai media: come se la “questione maschile” si stesse lentamente imponendo su qualsiasi altra chiave di lettura, provenga essa dalla plebe o dalle élite.

Peraltro, per chiudere la digressione sullo spinosissimo tema, a fronte degli stranieri “perfettamente integrati”, ci sono quelli “perfettamente apocalittici”, cioè la marea di giovani maschi “appena sbarcati” che l’irresponsabilità dei “buoni” ha trasformato in polveriera sociale. Pensiamo al caso svedese, in cui la politica di “asilo per tutti” ha prodotto uno sbilanciamento tra numeri di maschi e femmine alla “cinese”: troppi sbandati senza nulla da perdere e incapaci di incanalare la propria virilità in progetti costruttivi. Stiamo ancora parlando di una frangia di lunatici? Perché anche questo aspetto, sulla lunga distanza, rientrerà nella famigerata “Questione Maschile”.

Ricordiamo, infine, che nel 2010 un’associazione cattocomunista patrocinò la pubblicazione di una raccolta di racconti da parte di “ex-bulli” che erano stati caritatevolmente accuditi dall’associazione stessa: mi colpì uno dei “temini” in cui il Franti di turno accusava le compagne di classe ad averlo istigato a “fare lo scemo”. Lamentava anche l’assenza del padre, la crescita in un “quartiere difficile” e tante altre disgrazie, ma era l’approvazione del gentil sesso a ossessionarlo.

Stupisce che questo fattore, per quanto non debba essere ingigantito, non sia mai stato preso in considerazione nell’analisi del fenomeno, nonostante esista una sterminata letteratura scientifica sulla tendenza tutta femminile a essere attratte dai bad boys: uomini senza arte né parte, violenti, perdigiorno, stupidi e prevaricatori. Gli psicologi parlano di ibristofilia, parafilia per cui l’eccitazione sessuale dipende dal fatto di essere a conoscenza che il proprio partner abbia commesso crimini, anche efferati, come omicidi, stupri o rapine.

Tale tendenza confluisce nella più ampia piaga dell’ipergamia femminile nella misura in cui, come nota ancora il Redpillatore,

«Anche se al giorno d’oggi gli esseri umani possono soddisfare più facilmente i loro bisogni primari e non si scannano più per il cibo (anzi il furto è punito dalla legge) e le donne sono protette dallo Stato attraverso le forze dell’ordine, il loro cervello non si è adattato alla moderna struttura sociale, quindi inconsciamente tendono ancora ad essere attratte da individui manipolatori, prepotenti e psicopatici, che sono poi spesso quelli che finiscono per compiere reati».

Può darsi che ad aver favorito l’estensione del dominio del bullismo a livello di massa abbiano contribuito un’infinità di fattori, ma l’idea che quanto detto finora non si possa in alcun modo includere tra le cause è un modo per mascherare la realtà e non rendere giustizia a nessuno.

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