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Oscar Gold, il film più triste sull’Olocausto

Tra le tante pellicole sulla Shoah che saranno trasmesse durante la “Giornata della Memoria”, consiglio a tutti la visione di Oscar Gold, definito dalla critica il film più triste di tutti i tempi.

È la storia di un ragazzino ebreo ritardato affetto da alcolismo che nella Polonia del 1939 trova il coraggio di affrontare la vita grazie all’amicizia con un cagnolino, il quale per disgrazia morirà.

Questa cosa Italia1 avrebbe potuto risparmiarsela almeno oggi… si scherza, in realtà non è stato tramesso nulla. La polemica tuttavia c può stare, non tanto contro il filone olocaustico in sé (che, oltre ad averci regalato dei capolavori, ci ricorda quanto sono cattivi i tedeschi), quanto questa specie di “licenza di antisemitismo” che viene conferita a certi “intoccabili”.

Oscar Gold è infatti uno spezzone tratto da un episodio (“Tearjerker/Strappalacrime”) del cartone animato americano American Dad!, trasmesso regolarmente durante le ore pomeridiane da Mediaset (Italia 1) e negli anni passati anche da Sky (Fox). Assieme all’altra serie animata, I Griffin, ideata dallo stesso autore, è forse l’unico programma in onda sulla tv italiana in cui si possono sentire battute apertamente antisemite.

Gli ebrei vengono infatti ritratti secondi i peggiori stereotipi: affamati di soldi, poco dediti all’igiene personale, affetti da migliaia di nevrosi e dal carattere insolente e arrogante. Anche la Shoah viene spesso ridicolizzata attraverso i suoi simboli più significativi (per esempio Anna Frank).

Ora, certe cose potrebbe pure essere adatte a un pubblico americano, ma in Italia non hanno molto senso, considerando quanta attenzione venga posta dalle comunità ebraiche nel censurare qualsiasi forma di antisemitismo.

Non vorrei che questo silenzio un po’ sospetto fosse dovuto a una sorta di conformismo, che impedirebbe di scagliarsi contro taluni bersagli per non sembrare “bigotti”. Come si può facilmente intuire, il primo obiettivo polemico di questi cartoni resta il cristianesimo, che viene oltraggiato in modo ancora più crudele dell’ebraismo.

È chiaro che oggi i cattolici non possono (e non vogliono) dire nulla contro chi si fa beffe della loro religione: ma l’Ucei, essendo autorizzata a criticare qualsiasi cosa, potrebbe finalmente prendersela non con il solito capro espiatorio (magari già preventivamente lapidato dalla stampa), ma contro qualche avversario decisamente più scomodo da affrontare.

D’altronde il gesto non condurrebbe in automatico alla censura, che in fondo non è nemmeno necessaria (quella la riserviamo solo agli storici), ma in sé sarebbe apprezzabile, perché dimostrerebbe la volontà di vivere in una società più giusta e tollerante verso tutti, e non semplicemente dominata dai professionisti del vittimismo.

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