Siamo contenti che Papa Bergoglio sia stato accolto con applausi e boati di approvazione all’Università Roma Tre: sicuramente avrà espresso le solite str…avaganti opinioni, alcune stup…efacenti arguzie e, infine, le sue tipiche fes…tanti chiamate alla tolleranza.
Che dire invece di coso… no, non Ratzinger, quello ormai è passato… intendo il DALAI LAMA! Sì, perché in un’università della Californa, a San Diego, gli studenti cinesi si oppongo alla sua prossima visita, in quanto leader “oppressivo e offensivo”. Spiace dire che ve lo avevo detto, ma io ve lo avevo detto: al Dalai Lama, Pope Francis gli ha fregato il posto. Per esempio, per anni il buon Tenzin Gyatso ha fatto la solita battutina sul prossimo Lama che se ha da essere donna, allora deve avere una “bella faccia”, altrimenti i fedeli scappano. E per anni i giornalisti hanno ridacchiato, finché un giorno del 2015 ha rifatto esattamente la stessa battuta, e allora l’hanno massacrato. Ci sarà un motivo?
Il motivo è appunto che adesso il nuovo Dalai Lama è Papa Francesco, mentre il nuovo Ratzinger è il povero Dalai Lama (gli capitano persino le stesse cose!).
Il potere mediatico ragiona così, per stereotipi, schematismi, e anche quando il personaggio da loro creato non dice le cose che vogliono sentire… gliele fanno dire lo stesso! È successo qualche mese fa, quando la stampa ha trasformato una meditazione sulla sofferenza del Pontefice in un nuovo slogan, “Dio è ingiusto”: parole estrapolate dal contesto e manipolate a piacimento, ma che rispecchiano quel che ormai un “certo tipo di pubblico” desidera.
Il buon Bergoglio, complice anche una personale tendenza alla megalomania, continua a stare al gioco e sembra intenzionato a non fermarsi davanti a nulla (scisma, apostasia di massa, apocalisse).
Tuttavia deve stare attento, il Santo Padre, a non scherzare col fuoco, poiché il mondo a cui vuol piacere a tutti i costi non è così tollerante come egli crede. Un accenno di quel che potrebbe aspettargli qualora cominciasse a dire “cose sbagliate” lo si è già avuto l’anno scorso, quando durante l’Udienza Giubilare del 14 maggio Bergoglio ha osato pronunciare queste parole:
«La pietà non va confusa […] con la compassione che proviamo per gli animali che vivono con noi; accade, infatti, che a volte si provi questo sentimento verso gli animali, e si rimanga indifferenti davanti alle sofferenze dei fratelli. Quante volte vediamo gente tanto attaccata ai gatti, ai cani, e poi lasciano senza aiutare il vicino, la vicina che ha bisogno… Così non va».
Non è un segnale privo di significato (anche per chi non è complottista): se il Papa non dà i titoli giusti, allora gli amici giornalisti dovranno fraternamente correggerlo con queste “contro-notizie”.
È un fenomeno che si è già verificato nella storia recente, e che un gruppo di studiosi del Kansas City ha identificato come Montini Effect, dal nome della sua vittima più prestigiosa, quel Paolo VI che oggi viene ricordato (sans jeu de mots) come il “Papa dimenticato”.
Si tratta di un effetto talmente potente da avere valore retroattivo: colpì infatti anche Pio IX, acclamato in principio come il “Papa liberale” e poi travolto dall’immortale odium di chi voleva persino gettarne la salma nel Tevere al grido di “al fiume il Papa porco”.
Ai tempi erano più grossier: per Paolo VI, che tutti desideravano passasse alla storia come il “Papa della Pillola” è bastata la damnatio memoriae. E Bergoglio afferma di ispirarsi a Montini: lo ha pure proclamato Beato nel silenzio generale (altro brutto segno…). Ma qualcuno gli dica com’è andata a finire, al di là delle fiction rai!