Dall’aneddoto di un’amica, che mi ha raccontato di quando in Grecia venne rabbuffata per aver esclamato “che puzza”, ho appreso una nuova espressione, πούτσα, con la quale si indica volgarmente l’organo genitale maschile (credo che sia rivelatore che, dopo averla ringraziata per aver arricchito il mio vocabolario, la mia interlocutrice abbia risposto allusivamente “mi fa piacere, ma non penso ti sarà molto utile… almeno credo” – non a caso molti lo chiamano “amore greco”).
Sorvolando sui miei problemi personali, mi sembra che il termine rappresenti un buon esempio della penetrazione di un prestito linguistico in un altro idioma: infatti l’etimo di πούτσα considerato più plausibile è πιτσούνι [“pitsuni”], una parola che in greco moderno non indica tanto il volatile (che si chiama, come nell’antico, περιστέρι [“peristéri”]), quanto la sua versione al forno con patate o allo spiedo (mentre al plurale, πιτσούνια, corrisponde all’italiano “piccioncini”). Trovo suggestivo che i greci utilizzino due termini diversi per differenziare il piccione commestibile da quello selvatico.
La parola “piccione” ha origine onomatopeica sia in latino (pipiare) che in greco antico (πιππίζω), ma è plausibile pensare che essa sia ritornata nel greco moderno attraverso l’influenza italiana, forse sin dai tempi della dominazione veneta (essendo i veneti tra i più grandi mangiatori di piccioni, senza nulla togliere a toscani, marchigiani e umbri). Il piccione fu uno dei piatti principali della gastronomia rinascimentale italiana, quindi il collegamento non mi sembra del tutto campato in aria (in ogni caso questa “biforcazione” rimane degna di nota).
Restando in tema di parolacce, qualche anno fa in Grecia ebbe un discreto successo la canzone “Πουτάνα στην Ψυχή” [Putána stin Psykhí] di Νίκος Οικονομόπουλος [Nikos Ikonomopoulos], letteralmente “Puttana nell’anima” (qui una traduzione abbastanza fedele anche se fatta da un madrelingua greco).
Ora, πουτάνα in greco ha lo stesso significato dell’italiano (come ρουφιάνα, “ruffiana”), tuttavia il fatto che il termine venga utilizzato in un sdolcinatissimo brano pop dà l’impressione che i greci non percepiscano la sua “gravità” allo stesso modo degli italiani.
È un dato che, per esempio, a parità di soggetto “Bella senz’anima” di Riccardo Cocciante abbia avuto più successo di “Buon Natale alla puttana” del grande Ponzio Pilato.
Non credo che il biondo avrebbe avuto la stessa sicurezza (e popolarità) utilizzando un termine percepito come più “autoctono”; ma questo è ciò che si evince dalla storia della musica leggera contemporanea, non so se altre discipline possano confermare il dato.