Beijing says it’s ‘very rude’ for 14 countries and the EU to ask them about detaining 1 million Muslims
(Business Insider Malaysia, 16 novembre 2018)
Le indiscrezioni sulla volontà da parte degli ambasciatori di alcuni Paesi occidentali di organizzare un incontro coordinato per mettere sotto torchio i funzionari del Partito Comunista Cinese nello Xinjiang sulla persecuzione della minoranza uigura hanno fatto indignare Pechino.
Una quindicina di ambasciatori aveva infatti richiesto un incontro con Chen Quanguo, segretario del Partito Comunista dello Xinjiang, ritenuto l’architetto della repressione, in modo da poter protestare ufficialmente per le violazioni dei diritti umani contro il gruppo musulmano di lingua turcica.
La Cina ha messo in atto una repressione senza precedenti sugli uiguri, sottoponendoli a migliaia di telecamere per il riconoscimento facciale, costringendoli a scaricare app che tracciano l’attività del cellulare e confinandone un milione in campi di rieducazione. Pechino giustifica la repressione come misura antiterrorismo e definisce i campi di rieducazione come centri di “formazione professionale gratuita”. Nonostante la Cina sostenga che i suoi campi di concentramento siano “divertenti”, essa si è sempre rifiutata di consentire le ispezioni delle Nazioni Unite.
Il ministero degli Esteri cinese si è scagliato contro l’appello dei diplomatici, definendo gli ambasciatori coinvolti dei “maleducati”. La portavoce Hua Chunying ha riferito ai giornalisti: “Penso che sia un atteggiamento davvero scortese e non possiamo accettarlo. Auspichiamo che, proprio nelle vesti di ambasciatori, costoro possano adempiere con professionalità alle proprie responsabilità, svolgere un ruolo positivo e costruttivo nell’aiutare i loro paesi a comprendere la Cina da tutte le prospettive e a promuovere la fiducia reciproca, l’amicizia e la cooperazione“.
Hua ha anche accusato i diplomatici di ipocrisia, sostenendo che tutti i gruppi etnici cinesi -inclusi uiguri e han- vivono in perfetta armonia e che i campi uiguri sono un mezzo per assimilarli nella società cinese: “Non sembra che questi ambasciatori abbiano fatto i compiti a casa: sanno per esempio che in Cina, oltre a uiguri e han, ci sono altre 54 minoranze etniche? Potremmo chiedere loro se anche negli Stati Uniti e nel Canada le minoranze etniche sono ‘costrette’ a imparare l’inglese? E se queste minoranze imparassero l’inglese, sarebbe considerato una forma di eradicazione e assimilazione forzata?”.
Gli Stati Uniti tuttavia non compaiono tra i firmatari dell’appello a Chen, che invece riportava i nomi degli ambasciatori di Gran Bretagna, Canada, Francia, Svizzera, Unione Europea, Germania, Paesi Bassi, Australia, Irlanda, Svezia, Belgio, Norvegia, Estonia, Finlandia e Danimarca. Secondo quanto riferito, il Canada si sarebbe occupato materialmente della stesura della lettera.