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Pechino vuole distruggere le comunità uigure attraverso i “programmi di lavoro”

Per “errore” a metà del 2020 è comparso online uno studio commissionato dal regime cinese per la riduzione della popolazione uigura nello Xinjiang. Il documento, denominato dai media “Rapporto Nankai”, è stato divulgato a inizio marzo dall’antropologo tedesco Adrian Zenz e ripreso dai media internazionali soprattutto per alcune affermazioni controverse, come possibilità di diradare la presenza dei musulmani nella regione tramite adeguati “programmi di lavoro”.

Secondo Pechino, le sue politiche regionali servirebbero solo a ridurre l’influenza del fondamentalismo religioso. Il rapporto Nankai, tuttavia, rimarca che i trasferimenti di manodopera sono anche una misura pensata per “ridurre la densità della popolazione uigura nello Xinjiang e integrare le minoranze”.

Adrian Zenz è uno dei massimi studiosi mondiali sulle politiche del governo della Repubblica popolare cinese (RPC) nelle regioni occidentali del Tibet e dello Xinjiang. Nel 2017-2018, ha svolto un ruolo significativo nel portare alla luce la campagna di repressione e internamento di massa del governo cinese diretta contro le persone di etnia uigura nello Xinjiang. Zenz ha testimoniato davanti al Congresso degli Stati Uniti sullo sfruttamento del lavoro degli uiguri incarcerati. Precedenti ricerche dell’antropologo hanno portato alla luce l’esistenza di due programmi paralleli ma distinti di trasferimento di manodopera su larga scala nello Xinjiang, che si rivolgono rispettivamente ai “laureati” dei campi di internamento e ai lavoratori rurali disoccupati.

In questo rapporto speciale della Jamestown Foundation, il dottor Zenz fornisce nuove prove da fonti cinesi, in particolare documenti precedentemente non tradotti come il “Rapporto Nankai”, che i trasferimenti di lavoro dello Xinjiang ad altre regioni o province della Cina rientrano nella definizione di lavoro forzato dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Il rapporto Nankai, insieme ad altre fonti accademiche cinesi, indica che i trasferimenti di manodopera non servono solo a scopi economici, ma sono attuati con l’intenzione di deportare le minoranze etniche, per ridurre la loro densità di popolazione e distruggere comunità omogenee.

Sulla base delle nuove scoperte presentate in questo rapporto, diversi esperti di diritto penale internazionale concordano sul fatto che ci sono motivi credibili per concludere che il sistema di trasferimento del lavoro dello Xinjiang rappresenta un crimine contro l’umanità come definito dallo Statuto di Roma della Corte penale internazionale.

Tra gli strumenti utilizzato da Pechino per favorire indirettamente il genocidio culturale degli uiguri, va annoverato anche il femminismo, come ha ammesso apertamente l’ambasciata cinese negli Stati Uniti riprendendo uno studio del China Daily, segno che la collaborazione tra politica, diplomazia e accademia è orientata tutta a risolvere la “questione uigura” nel modo più indolore possibile.

Il femminismo come strumento di ingegneria sociale: la Cina e la questione uigura

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