Per favore non picchiate gli studenti

Su Facebook circola un video in cui un insegnante prende a ceffoni uno studente reo di avergli tirato una pallina di carta e una gomma (al momento la pagina che ho la riproposto ha totalizzato quasi due milioni e mezzo di visualizzazioni) il filmato è presente su YouTube da un pezzo e obiettivamente sembra un classico fake realizzato esclusivamente allo scopo di farlo diventare “virale”.

Del resto, se il fatto si fosse davvero verificato, allora il tizio sarebbe già stato denunciato, perché in Francia, così come in Italia, è reato abusare dei mezzi di correzione (come si dice in legalese). Può sembrare una precisazione superflua, ma leggendo certi commenti al video su Facebook si capisce che la cronaca recente (un professore “bullizzato” dagli alunni) ha eccitato un po’ troppo gli animi. Peraltro certi italioti non vedevano l’ora di additare qualche esempio del Prestigioso Estero tanto per sputare ancora un po’ di veleno sui propri connazionali, quando invece casi peggiori si registrano in tutto il mondo, persino in Cina.

Certi discorsi andrebbero evitati, perché il rischio è che, attraverso la “magia” della comunicazione, i media provvidenzialmente si trovino davanti un altro fattaccio con cui annullare il precedente: un professore ha schiaffeggiato un alunno, quindi tutto a posto, si torna al punto di partenza.

Per giunta la Francia è proprio l’ultimo “esempio” da seguire nell’ambito delle politiche scolastiche; a dirla tutta, non esiste alcun “modello” valido, poiché, per citare un dato risaputo, al vertice della classifica dei Paesi col sistema educativo migliore ci sono Finlandia e Corea del Sud, simboli di due approcci radicalmente diversi sotto qualsiasi aspetto: uno “aperto”, l’altro “chiuso”; uno all’avanguardia, l’altro tradizionalista; uno “democratico”, l’altro “gerarchico”, ecc ecc.

Nonostante non esista una formula univoca, anche questo particolare ci fa comprendere come il problema non sia tanto la “destra” o la “sinistra”; o, per meglio dire, la questione potrebbe pure avere la sua valenza politica, ma solo a livello di mezzi e non di fini: il “modello finlandese” è minimale, svagato, libertario, persino fricchettone se volete, ma appunto solo nella forma (essendo un modello), non nei contenuti. Meno compiti, più simpatia, empatia, tolleranza ecc… ma la lezione la devi sapere. Lo stesso ragionamento, a contrario, vale per il “modello coreano”: l’essere meticolosi e rigorosi nell’approccio non influenza in alcun modo la “sostanza” dell’insegnamento; anzi, per certi versi i coreani del sud hanno una mentalità infinitamente più aperta di quella europea o americana.

Le statistiche dimostrano quindi che un approccio “nozionistico” può avere la stessa efficacia di quello “creativo”, a patto che sia chiaro qual è la raison d’être della scuola: dopotutto si tratta sempre e comunque, metaforicamente parlando, di “imparare le tabelline” (e/o le capitali).

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