I miei lettori mi chiedono ripetutamente di scrivere qualcosa sul motivo per cui chi si dichiara di “estrema destra” spesso si accoppia con donne provenienti da tutte le parti del mondo, mentre chi si dichiara di “sinistra” (anche estrema) si sposa con una donna bianca e fa pure figli in età in cui il “fascio” spreca la sua vita in palestra o al parco col pitbull o a giocare con i videogames. L’ultimo messaggio in ordine di tempo che ho ricevuto si riferisce a J.D. Vance, il vicepresidente scelto da Trump che ha sposato una indiana e ha sfornato una prole che ha già ispirato meme esecrabili (da me ovviamente non condivisi):
«La moglie di Vance conferma uno dei topoi dell’alt-right: più il militante è suprematista più la moglie sarà coloured. Se ci pensi funziona anche in Italia: più un leghista è estremista e anti-immigrazione più aumentano le probabilità che sia sposato con una Iliescu o con una Popescu…»
Sul tema andrebbero stilati decine di studi psicologici, sociologici e antropologici, ma siamo tutti impegnati a memare e dunque lasciamo la risposta ai meme come quello che segue, che in realtà già allargherebbe la questione a livelli inimmaginabili:
Provo a dire la mia senza alcuna presunzione di avere la verità in tasca (come la proverbiale pistola/banana al posto dell’erezione, riferimento che solo i boomerennial potranno afferrare). Partiamo da un dato di fatto: il problema è trasversale e, paradossalmente, è forse più sentito negli Stati Uniti che non dai noi.
Oltreoceano infatti i “bianchi piddini” formano una vera e propria élite etno-politica che vive nel suo quartierino di lusso, si accompagna con un cane di razza, ha un numero di figli superiore alla plebe e possiede una gradazione della pelle direttamente proporzionale alla volontà di votare qualsiasi candidato democratico si presenti alle elezioni.
Non posso parlare della situazione americana perché non la conosco dall’interno (nonostante legga spesso il settimanale online 4 Canali e segua la rubrica quotidiana di Nicola Fuentes su “Confortevole Tivù”), però posso dire che in Italia riscontro la nascita di un medesimo social cluster a partire almeno dagli anni ’80. E il motivo per cui mi arrogherei il diritto di discuterne è che sono nato e cresciuto in ‘sto cluster.
Il vostro Mister Totalitarismo è infatti stato allevato da una famiglia realmente piddina, sorta dalle unione della linea materna “partigiano-nonnistica” con la paterna “socialismo della provincia settentrionale”, un connubio che nella periferia milanese si è concretizzato, tra le altre cose, nell’indicazione di esprimere il proprio essere solo nel social group di riferimento.
Al di là delle formule, ciò che si è concretizzato nelle incessanti ammonizioni, ricevute fin da bambino, a non frequentare i figli degli immigrati meridionali nonché, a cavallo con la Grande Sostituzione, di evitare come la peste i compagni di scuola di estrazione balcanica, latino-americana o –vade retro– africana.
Sì, in sostanza il “bambino piddino” già a metà degli anni ’90 non poteva andare alle feste di compleanno del coetaneo albanese, brasiliano o capoverdiano: le ragioni non venivano nemmeno esplicitate del tutto, perché l’accettazione del divieto risultava pacifica in virtù di alcune regole non scritte e probabilmente inconfessabili.
Al contrario, i figli dei democristiani per specie (cioè nati per essere tali), come dei berlusconiani e degli ex missini, partecipavano senza alcuna remora ai baccanali balcanico-tropicali-subshariani, guadagnando addirittura parecchi punti nel tabellario della loro casta di riferimento, la plebe. Credo che questa sia un’esperienza condivisa da molti rampolli della piddineria, poiché ricordo ancora vividamente come tutti gli appartenenti alla élite venissero ammoniti in egual modo.
Potrei anche sbagliarmi, ma a darmi ragione sono le dinamiche stesse attraverso cui si è evoluta tutta la faccenda: in Italia è il fascio-sovranista, o comunque il normie che disegnava le svastiche nei cessi della scuola, ad avere ora la moglie dell’Ecuador, del Marocco o della Romania. Il piddino invece, piuttosto che meticciarsi, accetta coscientemente l’estinzione.
Questo per parlare solo del presupposto etno-politico del mating; chiaramente poi subentrano altri fattori. Per esempio, se il figlio di un leghista battezzato del Po si sposa con una bengalese, non farà comunque più di 1-2 figli, mentre il piddino se trova la piddina bianca e cristiana giusta potrà arrivare addirittura a 3 pargoli in barba a qualsiasi climate change. Oltre a quanto accennato, qui si impone la dicotoma “privato/pubblico” a livello lavorativo. Lo shtataleh da imbranato senza arte né parte è diventato specie protetta che può godere di una stabilità assoluta sotto diversi aspetti (parliamo soprattutto di salario e tempo libero). Al contrario il fascio plebeizzato, in specie se residente al Nord, non avrà neppure la domenica libera per ingravidare la sua femmina cingalese-moldava.
Per comprendere tale bailamme dobbiamo altresì prendere necessariamente in considerazione altri pattern: in primo luogo, il bispensiero a cui tutti siamo costretti, ispirato da chi ci governa (e non dico altro per non essere censurato). Per dirla in poche parole, siamo quotidianamente costretti a rifiutare la realtà in nome di un “sogno” che non ci appartiene: il fascio che favoleggia sulla famiglia “bianca e cristiana” si trova costretto a vivere in un buco finanziato dai preti perché ha dovuto divorziare dalla moglie marocchina che gli ha gettato l’olio bollente addosso (un case study che prima o poi sottoporrò alla vostra attenzione), mentre il piddino che vorrebbe una società fatta di trans che ordinano su una app i figli mette sui social foto delle cene natalizie con maglioni abbinati, un golden retriever da 5000 euro che fa da guardia ai 2-3 pargoli bianchissimi e sorridenti.
Dunque i maschi alfa palestrati che si fanno bloccare su Facebook perché sfoggiano il braccio teso nella foto profilo hanno la moglie dello Sri Lanka e un cane tipo pitbull o rottweiler, mentre il soyboy che consegnerebbe persino la zia boomer ai khmer debunkeristi o si estingue in un sottotetto meneghino affittato a 1200 euro al mese oppure ingravida una pariestetica turlupinata con fantasmagorie ideologiche e ricrea gli anni ’50 nel suo microcosmo.
Mi spiace dover affrontare il tema in termini così brutali, sapete che non è da me comportarmi così. Però la questione è lancinante perché we live in a society ecc… Per me è rivoltante vedere il fascio sfegatato che manda a puttane il suo patrimonio genetico senza alcuna contezza: ma è possibil? Una volta sono stato a uno di questi raduni di estrema destra, ai tempi in cui ero INSEGNANTE STATALE (dunque tradendo la mia casta per i pariah), e mi sono imbattuto in tizi -a parole- basatissimi altri un metro e ottanta accompagnati da una nana centroamericana o vietnamita.
Cioè, mettetevi nei miei panni. Sono confuso. Se io fossi convinto che un solo immigrato sbarcato a Lampedusa sia in grado di rovinare in Italia, non mi butterei nel primo buco abissino raccattato all’angolo. E, al contrario, se fossi un “coccolanegri” (scusa Google Adsense, ma è una citazione) cercherei di fare come il Buddha che scappa dal palazzo reale per rendersi conto della realtà (Dio caro vi giuro su Dio che tutte le lezioni di religione della scuola pubblica negli anni ’90 erano improntante su questa favoletta del cazzo). Invece siamo qua, a romperci i coglioni a vicenda su cazzate in cui non crediamo e di cui ce ne sbattiamo nel momento in cui dobbiamo sborrare. Questa volgarità peraltro non sarebbe accettata dai miei capostipiti piddini, ma con la sessuofobia si aprirebbe un altro capitolo.
In conclusione, i destri scopano chiunque manco fossero un meme di Montanelli, mentre i sinistri preservano la pura razza ariana al costo di estinguersi. Da tale prospettiva, mi azzarderei di suggerire ai fasci di andare a pescare nel cluster piddino perché in esso se non altro esistono ancora d-parola in grado di essere condizionate a livello psico-sociale, nel momento in cui l’ideologia viene posta al di sopra dell’ipergamia (il che si traduce, papale papale, nell’interdizione di “scoparsi un negro” qualora tale atteggiamento in un contesto di integrazione non riuscita potrebbe condurre a esiti controrivoluzionari: e.g. prole meticcia resa violenta da influssi esotico-patriarcali).
L’unico conforto, ora come ora e come da millenni da questa parte, possiamo trovarlo nella Bibbia:
Stillano miele le labbra di una straniera
e più viscida dell’olio è la sua bocca;
ma ciò che segue è amaro come assenzio,
pungente come spada a doppio taglio.
(Pv, 5,3-4)
PS: Al giorno d’oggi zarah [זָרָ֑ה] viene tradotto come “donna immorale”, ma anche la CEI riporta l’esatta dicitura di STRANIERA, e il trucchetto è stato reso possibile dal fatto che l’aggettivo indica anche l’individuo che idolatra divinità straniere. Eppure si evince dalle ricorrenze che quello non è il significato originale, ma una edulcorazione posteriore dettata da motivi palesemente extra-esegetici.