“Info Wars”, il canale online del controverso Alex Jones, ha mandato un inviato a Londra per intervistarne gli abitanti riguardo all’impennata di violenza che si è registrata nell’ultimo anno: va bene, i londoners sono tutti tolleranti e multiculturalizzati, ma è statisticamente impossibile che nessuno abbia mai chiamato in causa l’immigrazione di massa. Si è parlato di musica, disagio sociale, xenofobia, esagerazioni della stampa, ma fisiologicamente uno stronzo che dicesse “è colpa dei negri” doveva pur saltare fuori. L’impressione è che gli inglesi abbiano timore di esprimere liberamente le proprie opinioni perché oltremanica il thoughtcrime è già una realtà: centinaia di persone negli ultimi tempi sono state arrestate per un commento su Facebook o Twitter (vedi qui e qui).
A non aver paura di dire la verità, è però la stampa inglese, fedele all’anticonformismo che un tempo la rese celebre nel mondo. Ad esempio lo “Spectator“, per bocca di un ex appartenente a una di queste gang tanto appassionate di coltelli, è riuscito a scrivere che:
«Negli ultimi 10 anni, i somali e i congolesi che si sono piazzati a Londra ci hanno insegnato un nuovo livello di violenza. Queste persone avevano visto i loro famigliari fatti a pezzi, quindi quando dicevano “Sto per farti ai pezzi” e noi ragazzi rispondevano “Ma che cazzo dici?”, quelli tiravano fuori una lama e puntavano al petto. Tutto ciò ha aumentato il livello della violenza tra noi ragazzi di origine britannica. Dovevamo armarci per proteggerci. Si è creato così un circolo vizioso».
Al dilagare delle coltellate “esotiche” ha contribuito il lassismo indotto nelle forze dell’ordine, riassunto nella lapidaria sentenza di un ex poliziotto: “Una volta eravamo buoni con i buoni e cattivi con i cattivi”: oggi invece i bobbies si accaniscono su chi scrive un commento “islamofobo” su internet o butta una sigaretta per terra, mentre hanno abbandonato completamente le perquisizioni per paura di essere accusati di razzismo.
Ora la City è alle prese con una criminalità “tribalizzata”, divisa per appartenenze etnico-religiose e galvanizzata dalla oscena drill music, che esalta la “cultura delle coltellate” con le sue tragiche e puerili filastrocche.
Per salvare Londra dalla catastrofe servirebbe come minimo la zero tolerance di Rudolph Giuliani, ma nessuno si azzarderebbe a esprimere un pensiero del genere senza il terrore di trovarsi la polizia alla porta per hate speech. Londra quindi si arrende al suo destino di microcriminalità e sciatteria, come una Malmö o una Bruxelles qualsiasi? Forse gli inglesi hanno tardato troppo ad abbandonare l’Ue: ormai il “morbo” ha contagiato anche loro e non c’è più Brexit che tenga, né soft né hard.