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Perché Renzi ha spaccato il PD proprio adesso

Due righe sulla situazione politica attuale, più per pena che per reale voglia di commentare il teatrino a cui stiamo assistendo, maschera di un contesto dove ormai a dominare sono soltanto i vincoli esterni e i piloti automatici.

Partiamo da una delle poche certezze: era scontato che Renzi avesse in mente una “mossa a sorpresa” contro il governo giallo-rosso, ma che abbia affrettato i tempi in tal modo, ancor prima che il PD riuscisse a riprendersi i voti rosicchiati dai Cinque Stelle, è talmente sospetto da appare quasi come una forzatura.

A mio parere tale atteggiamento si potrebbe spiegare in due modi: da una parte con l’egomania del personaggio (che ormai abbiamo imparato a conoscere); ma dall’altra anche con una effettiva pressione da parte dell’Europa.

Esiste un livello in cui questi due fattori si intersecano, ed è quello del potere opaco che fa il bello e il cattivo tempo nel Vecchio Continente. Non è un caso che i politici che piacciono all’Europa si assomiglino un po’ tutti: ambiziosi fino alla patologia, “indipendenti” dai loro stessi partiti (e in parte anche dagli elettorati), pronti a qualsiasi compromesso pur di ottenere qualche carica a Bruxelles (magari inventata appositamente per loro).

L’operazione di Renzi sembra dunque prettamente “macroniana”, almeno nella misura in cui mette in difficoltà un partito che, seppur filo-europeista, possiede un’impronta ancora troppo “politica” per l’UE (soprattutto dopo l’affiancamento ai Cinque Stelle). Da questo punto di vista, credo che lo scenario prospettato da Zingaretti fosse il seguente: chiedere all’Europa la fatidica “flessibilità” come ricompensa per aver scongiurato temporaneamente un trionfo di Salvini alle urne e come mezzo per ampliare il proprio consenso da una posizione di potere.

Ciò spiegherebbe alcune mosse risolute e asseverative che il PD ha voluto intraprendere sia a livello nazionale, con la “politicizzazione” (dopo anni di pseudo-tecnici) di un ministero chiave come quello dell’economia, sia a livello europeo, con tutti i maneggi per l’assegnazione del posto di commissario agli Affari Economici a Paolo Gentiloni, immediatamente “blindato” dalla signora von der Leyen con l’affiancamento del falco Dombrovskis (addirittura promosso, nonostante le sue poco brillanti imprese da Riga a Bruxelles).

L’idea dei giallo-rossi sembra pertanto abbastanza chiara: sfruttare tutta la flessibilità consentita dai trattati per ridare un po’ di sangue all’economia italiana (anche, come dicevamo, nella mera ottica dell’acquisizione del consenso, o quanto meno del consolidamento dei voti attuali messi in pericolo proprio da questa colossale operazione di trasformismo); magari approfittando della necessità tedesca di spendere finalmente qualcosa, nonché della nuova moda green che potrebbe essere sfruttata per scorporare alcune voci di spesa dal deficit (persino recuperando un’idea assolutamente marginale nel dibattito politico d’oltreoceano come quella del Green New Deal, evocata dallo stesso premier in Senato).

Pure il presidente Mattarella, propiziatore dell’accrocchio PD-M5S, ha voluto “scendere in campo” per rendere più palese tale orientamento, auspicando al Forum di Cernobbio una revisione del fatidico patto di stabilità, proposta peraltro immediatamente frustrata dal viceministro tedesco dell’economia che, lì presente, si è subito precipitato a dichiarare che “per noi tedeschi il patto di stabilità concede anche troppa stabilità” (qui vediamo un pattern che probabilmente dominerà la prossima stagione di “amicizia” con l’Unione).

In effetti, sono solo gli europeisti d’accatto a credere che a Bruxelles interessi qualcosa dei valori democratici o del tanto sbandierato “antifascismo”: l’unico diktat rimane quello della stabilità finanziaria e contro di esso non c’è “solidarietà” che tenga (tanto è vero che se Salvini vi avesse obbedito, sarebbe andato benissimo anche lui, immigrati o meno).

Dunque questo potrebbe essere il motivo per cui Renzi ha voluto “uccidere il bambino in culla”: impedire che il governo PD-M5S potesse in qualche modo “montarsi la testa”, o comunque dare finalmente un taglio politico ai rapporti con l’Unione Europea, da anni paralizzati da una prospettiva fintamente “tecnica”.

Certo, tutti gli insulti lanciati verso Salvini ora andrebbero raddoppiati nei confronti di Renzi: non solo perché non è riuscito a resistere più di un giorno senza “farla fuori dal vasino”, ma anche perché ha indirettamente accorciato la distanza temporale che ci separava dalle elezioni, compromettendo così la stessa possibilità che il suo partitino superi la soglia di sbarramento.

Non so se una sola riga di questa analisi sia sia valida, ma che almeno si lascino da parte i discorsi sul “machiavellismo” del rignanese, che in ogni caso è incapace di portare a termine il compito più importante di un Principe: mantenere il potere indipendentemente dal modo in cui lo ha conquistato.

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