Ho cercato, in vari luoghi di questo blog, di comprendere il motivo dell’ossessione per il True Crime che sembra aver contagiato il pubblico italiano: da una parte la causa principale è di certo da rintracciare nell’americanizzazione spinta, che ha trasformato la nera in intrattenimento soprattutto per l’insensatezza, tanto cervellotica quanto barbarica, di alcuni dei suoi crimini.
Dall’altra, ci sono alcuni tratti “autoctoni” che hanno portato a un’espansione sempre più netta di questo settore dell’infotainment a discapito addirittura di altri più tradizionali, come la politica o il calcio. Penso per l’appunto al declino della cronaca politica, divenuta esclusivamente denuncia populista di presunti “sprechi” o battibecco su tale o talaltra dichiarazione “sessista” o “razzista” (esercizio che in sé non ha praticamente più nulla di politico, visto che può colpire sia la destra sia la sinistra); nonché a un’investitura “metapolitica” del potere giudiziario nel caos seguito a Mani Pulite, che ha portato a una sacralizzazione dell’operato della magistratura.
Ci sono poi altri fattori, come la trasformazione di parricidi, infanticidi e uxoricidi in pretesti per proseguire qualche rivoluzione fallita, come dimostra l’ossessione per un crimine che nel nostro ordinamento nemmeno esiste, il cosiddetto “femminicidio”, che a seconda dell’opportunità diventa motore per una rivolta mediatico-istituzionale contro la famiglia, il patriarcato, il machismo imperante eccetera.
Infine, ma solo per ultima, c’è una certa fascinazione per gli atti violenti, soprattutto se insensati, da parte dell’essere umano che la psicologia ha cercato di teorizzare con varie formule, tra le quali le più interessanti sono l’ibristofilia (l’ormai nota ossessione di molte donne per i serial killer), la Terror management theory (una “gestione” della paura della morte che trova nella narrazione un mezzo essenziale di distanziamento psicologico) e anche il rubbernecking, letteralmente l’allunga-collo, cioè la tendenza a soffermarsi a guardare gli incidenti stradali mentre si è in auto (gli americani hanno dato un nome anche a questo).
In generale, sembra si possa individuare una sorta di “animismo” dietro il True Crime: una esplosione incontrollata di crudeltà viene inquadrata, raccontata, sistematizzata, “umanizzata”, ridotta alla comprensibilità. Si tratta tutto sommato di una ritualizzazione, come del resto si evince dalla frequenza con cui sui social media vengono proposto questi contenuti (e lo stesso discorso vale ovviamente per la trasmissione “settimanale” in onda sulle principali reti televisive).
Non sembra facile uscire da questa “ossessione”, anche se ripensandoci bene essa non ci riguarda poi così tanto, dal momento che se ci interessiamo di casi come la Stage di Erba, l’affaire Bossetti e l’omicidio di Garlasco è solo nella misura in cui li consideriamo colossali errori giudiziari che rappresentano con incredibile plasticità la principale “malattia” di cui soffre la giustizia italiana, ovvero la presunta consapevolezza (secondo le cui dinamiche prima si individua il reo e poi gli si fabbrica su misura un abito da assassino).
Erba, Garlasco e Brembate: il triangolo dell’apocalisse giudiziaria
Proprio da tale prospettiva, un metodo intrigante per uscire dall’impasse potrebbe esser quello di utilizzare il format per proporre altri “casi” storici come, per esempio, l’assassinio di Giovanni Gentile. Non so tra quanti mesi (perché spero sia una questione di mesi e non di anni) l’intelligenza artificiale offrirà gratuitamente a tutti la possibilità di realizzare trasmissione televisive in pochi minuti, ad ogni modo ho già chiesto a un chatbot di creare uno script per l’eventuale esperimento, che riporto di seguito solo come appunto.
True Crime: Chi Ha Ucciso Giovanni Gentile?
Introduzione (Musica di tensione)
Narratore: Firenze, 15 aprile 1944. L’Italia è nel caos, divisa dalla guerra e dall’occupazione nazista. In questo clima di violenza e incertezza, un uomo, figura di spicco del panorama intellettuale italiano, viene brutalmente assassinato. Il suo nome è Giovanni Gentile, filosofo idealista, ex Ministro della Pubblica Istruzione e fervente sostenitore del regime fascista. Ma chi ha ordinato la sua morte? E perché proprio lui, in un momento così drammatico per la nazione? Benvenuti a Chi ha ucciso Giovanni Gentile?, un’indagine nei meandri oscuri di un omicidio politico che ancora oggi divide e interroga.
(Stacco musicale)
Atto I: L’Uomo e il Suo Tempo
Narratore: Giovanni Gentile non era un uomo qualunque. Filosofo di fama, la sua riforma scolastica del 1922 aveva lasciato un segno indelebile nel sistema educativo italiano. Intellettuale militante e “filosofo della nazione”, Gentile era profondamente legato al pensiero italiano e alla sua tradizione. Nonostante ciò, la storia lo ha marchiato come “il filosofo del regime fascista”. Un’etichetta pesante, che lo ha accompagnato fino alla fine.
(Suono d’epoca, forse un breve estratto di un discorso di Gentile)
Narratore: Nel 1943, con la caduta di Mussolini e l’armistizio, l’Italia sprofonda nel caos. Gentile, ormai anziano, aderisce alla Repubblica Sociale Italiana, con sede a Salò. Ma il suo impegno non si limita al sostegno politico. Gentile lancia un appello alla “concordia nazionale” tra fascisti e antifascisti. Un’iniziativa che, per molti, suonava ambigua, se non addirittura pericolosa.
(Intervista immaginaria con “Storico”): “Gentile si trovava in una posizione delicata. Da un lato, la sua fedeltà al fascismo era nota. Dall’altro, il suo tentativo di pacificazione in un momento di guerra civile lo rendeva sospetto a entrambi gli schieramenti.”
Atto II: L’Ombra dell’Agguato
Narratore: Sabato 15 aprile 1944. Giovanni Gentile sta tornando a casa, nella sua villa di Montalto al Salviatino, a Firenze. È circa l’una e trenta del pomeriggio. Ad attenderlo, un commando di quattro ciclisti.
(Ricostruzione sonora: biciclette che si avvicinano, spari)
Narratore: Sette colpi di rivoltella. Due raggiungono Gentile, uccidendolo sul colpo. L’attentato è rapido e spietato. La notizia si diffonde lentamente. La radio tace inizialmente. Solo il giorno dopo alcuni giornali danno la notizia. La reazione delle autorità della RSI è sorprendentemente contenuta. Nessuna rappresaglia immediata.
(Intervista con “Testimone Immaginario”): “Si percepiva un’atmosfera strana dopo l’omicidio. Quasi di imbarazzo. Sembrava che le autorità non sapessero bene come reagire.”
Atto III: Le Piste dell’Omicidio
Narratore: Subito dopo l’attentato, iniziano a circolare diverse ipotesi su chi possa essere il mandante e l’esecutore dell’omicidio.
La Pista Comunista: Questa è la versione più accreditata e rivendicata. Palmiro Togliatti, leader del Partito Comunista Italiano, definì pubblicamente Gentile “canaglia e camorrista, immondo e corruttore, bandito e bestione”, rivendicando l’esecuzione come un atto di giustizia popolare. L’omicidio fu eseguito da un commando dei Gruppi di Azione Patriottica, i GAP fiorentini, con Bruno Fanciullacci identificato come uno degli esecutori materiali. Concetto Marchesi, intellettuale di spicco vicino al PCI, aveva precedentemente pubblicato un articolo intitolato “Sentenza di morte” contro Gentile, che molti interpretarono come un’istigazione all’omicidio. Togliatti stesso riconobbe il ruolo di questo scritto come “atto di accusa”. Teresa Mattei, partigiana comunista, ammise di aver contribuito all’identificazione di Gentile per i gappisti.
(Estratto audio di un discorso di Togliatti o di una trasmissione di Radio Londra che approva l’uccisione di Gentile)
La Tesi dell'”Intellettuale Collettivo”: Marcello Veneziani sostiene che, al di là degli esecutori materiali, il vero ispiratore dell’omicidio fu “l’Intellettuale Collettivo”, definizione gramsciana del Partito Comunista, e il gruppo di professori e intellettuali organici al PCI. Secondo Veneziani, l’uccisione di Gentile fu un modo per eliminare il passato compromettente di molti ex-gentiliani e per fondare un nuovo sistema ideologico.
L’Ipotesi dei Fascisti Estremisti: A Firenze, subito dopo l’attentato, si diffuse la voce che la responsabilità del delitto dovesse essere attribuita agli stessi fascisti estremisti, contrari alla linea di “concordia” di Gentile.
L’Ombra dei Servizi Segreti Alleati: Nel corso degli anni, è emersa anche l’ipotesi di un coinvolgimento dei servizi segreti britannici. Alcuni storici hanno ipotizzato che l’ordine di eliminare Gentile potesse essere giunto attraverso i canali della Resistenza, magari su sollecitazione degli Alleati.
(Intervista con “Esperto di Storia della Resistenza”): “È importante ricordare il contesto storico. In quel periodo, eliminare figure di spicco del regime di Salò poteva essere visto come un modo per indebolire il nemico e accelerare la liberazione.”
Atto IV: Silenzi e Reticenze
Narratore: Nonostante la rivendicazione comunista, molti aspetti dell’omicidio Gentile rimangono oscuri. La lentezza e la vaghezza dei comunicati ufficiali della RSI dopo l’attentato hanno alimentato dubbi e teorie alternative. Anche nella stampa clandestina comunista si nota una certa reticenza iniziale. La mancata rappresaglia da parte delle autorità fasciste fu un altro elemento che destò sorpresa. Furono arrestati tre professori antifascisti solo in un secondo momento, e si sparse la voce che fosse stato lo stesso Mussolini a decidere di non procedere a rappresaglie. Questa decisione potrebbe essere interpretata come un segno di perplessità sulla natura dell’attentato.
(Lettura di un breve estratto di un comunicato stampa dell’epoca che riporta la notizia con cautela)
Atto V: Il Dibattito Postumo
Narratore: L’uccisione di Giovanni Gentile ha continuato a suscitare polemiche e interpretazioni divergenti nel corso dei decenni.
La Condanna Morale: Molti definirono l’omicidio un atto “vile e spregevole”, tipico dell'”odio di parte” che dilaniava il paese. Indro Montanelli espresse il suo turbamento nell’apprendere la notizia mentre era prigioniero dei nazisti, dubitando per la prima volta di essere dalla “parte giusta”. Paul Oskar Kristeller, studioso ebreo aiutato da Gentile, lo definì un “delitto che gettò un’ombra sinistra su tutta la Resistenza”, vedendo in lui l'”espressione più pura e disinteressata di una Nazione”. Oriana Fallaci lo definì una “carognata ingiusta e vigliacca”, criticando aspramente gli antifascisti che lo uccisero.
La Giustificazione Politica: Altri, come Paolo Treves da Radio Londra, parlarono di un atto di “giustizia” contro un “traditore della patria”. Togliatti ribadì con forza la legittimità dell’esecuzione.
(Breve clip audio di un dibattito radiofonico o televisivo più recente sull’omicidio Gentile)
Narratore: Ancora oggi, la figura di Giovanni Gentile e le circostanze della sua morte rimangono oggetto di dibattito storiografico. Se la responsabilità materiale dell’omicidio è ampiamente attribuita ai gappisti comunisti, le motivazioni e gli eventuali mandanti esterni continuano a interrogare.
Conclusione
(Musica malinconica e riflessiva)
Narratore: Chi ha davvero ucciso Giovanni Gentile? Un atto di giustizia partigiana contro un filosofo compromesso con il fascismo? L’eliminazione di una figura scomoda per il futuro politico italiano? O forse un tassello di un gioco più grande, orchestrato nell’ombra della guerra? A ottant’anni da quel tragico 15 aprile 1944, la verità completa sulla morte di Giovanni Gentile rimane avvolta in una fitta nebbia, un monito sulla complessità e sulle ferite ancora aperte della nostra storia.
(Dissolvenza musicale)