Più case meno chiese (basta che siano tutte piene di immigrati)

Un amico catechista mi informa che per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato la CEI ha voluto fare le cose in grande, essendo il 2019 l’anno in cui è stata fissata ufficialmente all’ultima domenica di settembre. Si tratta tuttavia di una delle tante “giornate” dedicate all’immigrato, da non confondersi con la Giornata internazionale del rifugiato (20 giugno) o con la Giornata intenzionale del migrante (18 dicembre). Per completezza d’informazione, mi invia anche alcune pagine del materiale su cui ha dovuto impostare i suoi incontri con comunicandi e cresimandi, caratterizzati dal simbolo scelto dai vescovi italiani per rappresentare la “Giornata”: un condominio multietnico. Ciò spiega l’abbondanza di disegnini di balconi e finestre sulle locandine comparse per ogni dove negli ultimi giorni:


Tra le pagine salienti dell’opuscolo, il lettore ne ha scelte due in particolare, che pubblico di seguito (la qualità è bassa perché scattate col cellulare):

C’è l’anziana i fiori innaffiare
la mamma col velo, i suoi bimbi coccolare,
la coppia innamorata
è appena arrivata,
baci e abbracci scambiare
e l’amor scaldare.
Ecco la famiglia numerosa
tutti la chiaman rumorosa.
Come in ogni casa
anche qui si bisticcia,
ma poi finisce a pappa e ciccia.

Le finestre dei vicini
sono un libro semiaperto
per questo mi ci diverto.
Quando nell’aria
un profumo, una musica si espande
puoi entrarci dentro alla grande,
troverai sapore e magia
in un’incredibile sinfonia.

Sono convinto che il mio caro “chierichetto” lo abbia fatto per pura cattiveria, ben sapendo che il sottoscritto per un periodo è stato costretto a vivere in uno di questi “paradisi in terra”, finché non è dovuto letteralmente scappare per la violenza, lo spaccio, l’ubriachezza molesta, i furti, le minacce e il “magico sapore” che quotidianamente entrava dalle finestre.

Altro che melassa, qui mi sembra si sia passati a sostanze molto più “pesanti”: forse sono io che sto fraintendendo, ma non leggete anche voi a tra le righe cosa sta tentando di liricizzare la Chiesa di Bergoglio? Partiamo dalla coppia innamorata, che “è appena arrivata”: in una enigmatica -si fa per dire- corrispondenza con l’andazzo odierno della reclamistica americana, ci troviamo al cospetto di un ragazzo nero e una ragazza bianca. Imagine my shock…

“Baci e abbracci scambiare / e l’amor scaldare”, continua la filastrocca (che per l’ispirazione assomiglia a un pezzo rap di un noto artista afro-italiano), a rappresentazione dell’edificante spettacolo che possiamo osservare dal “libro semiaperto” delle finestre del condominio di fronte: un amplesso tra una bionda italiana col vestito a fiori e un moretto ricciolino con una maglietta stile Caritas (senza offesa!). Questa sarebbe l’avanguardia dell’evangelizzazione?

Andiamo avanti: “Come in ogni casa / anche qui si bisticcia, / ma poi finisce a pappa e ciccia“. Questo passaggio è meno esplicito, soprattutto perché non è facile comprendere se si riferisca alla coppia di cui sopra, oppure alla “famiglia numerosa” (musulmana, naturalmente) che tutti “chiaman rumorosa”. In ogni caso si spera che non siano un “velo pietoso” a coprire le urla strazianti della “mamma col velo” in balia del buon padre di famiglia (à la marocaine, s’intende), alternate a squittii soffocati di piacere. Che bella, l’Italia multikulti: certo, talvolta si “bisticcia” e moglie e figli si prendono qualche cinghiata, ma poi si “finisce a pappa e ciccia”, magari con la consorte incintata a forza (un altro dono di Allah Dio!).

Concludiamo in bellezza con rumori e odori molesti: “un profumo, una musica si espande”, “troverai sapore e magia”… C’è un avvocato in sala? Va bene, è un manuale di propaganda catechismo per bambini, ma alla fin fin non è che ai cattolici adulti (in tutti i sensi) raccontino favole poi così diverse. In generale mi sembra che il cattivo gusto si sia ampiamente superato.

Non mi piace fare la vittima, ma è inevitabile interpretare certe sviolinate alla luce della realtà in cui si è costretti a vivere, al degrado di province modeste ma vivibili trasformate nel giro in pochi anni in ghetti impermeabili a ogni legge umana e tanto meno divina. Penso alla catapecchia che ero riuscito a permettermi in ossequio al magro salario (prima o poi dovremo anche discutere dell’Italia che ha riscoperto finalmente le antiche virtù della carestia frugalità!): un bugigattolo quasi inagibile in una corte decadente dove l’età media dei pochi autoctoni rimasti superava probabilmente i novant’anni. Il resto non era che un infinito vortice afro-balcanico-mestizo le cui prodezze risparmio a tutti, anche perché non mi va di giocare alla proverbiale “guerra tra poveri”.

Certo, come pietra di paragone mi tornano in mente i modi dignitosissimi con cui i nostri patriarchi sopperirono a ristrettezze leggendarie: ma non voglio “liricizzare” nemmeno io il Belpaese del buon tempo antico (del resto, mica sono Bergoglio!). Lasciamo stare il vino in cartone, i “sapori dal mondo”, gli atti di crudeltà gratuita e tutte le piccole e grandi miserie che la Chiesa “affrancescata” vorrebbe ammantare di folklore e pastoralismo: però, seppur da pessimo cattolico, sono convinto si possa tracciare una linea netta tra carità e filantropia. La prima è propriamente “cristiana”, la seconda non ha aggettivi perché percepita come “neutrale” quando invece si sposerebbe brillantemente con etichette tipo “massonica” (è solo per fare un esempio).

La carità cristiana ha ben presente i limiti in cui deve operare, in primis se si trova alle prese con quella brutta bestia che è l’uomo. Ci sovviene la cinica sapienza di un don Abbondio: “Quelli che fanno il bene, lo fanno all’ingrosso: quand’hanno provata quella soddisfazione, n’hanno abbastanza, e non si voglion seccare a star dietro a tutte le conseguenze“. Sembra la descrizione del filantropo medio, quello che per censo o privilegio ideologico non vivrà mai le delizie dell’integrazione “possibile”, e dunque si profonde in manifestazioni di umanitarismo e misericordia verso il “remoto suo” (mentre il “prossimo” è italiota retrogrado analfabeta funzionale ur-fascista sessista webete evasore ontologico cafone risalito accattone spendaccione stupratore terrone razzista scansafatiche fariseo populista sovranista eccetera eccetera).

Va bene, facciano come vogliono, ma non vengano a raccontarmi che tutto questo è “cristiano”: è soltanto il nulla mascherato da caroselli, una orchestrina che vorrebbe coprire le trombe dell’apocalisse, una testimonianza di disprezzo verso il proprio gregge così palese e indissimulabile che nemmeno il più bollito politicante sinistrorso potrebbe permettersi. In breve, la Chiesa degli ultimi giorni.

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