Traduciamo questo pezzo che circola su vari siti francesi (tutte fonti da prendere con le pinze), perché mancano ancora ricerche adeguate sul tema in italiano. Non solo Sankara, dunque: gli omicidi politici riconducibili direttamente o meno ai francesi sono oltre una ventina. Riportiamo la lista così com’è stata stilata dall’Autore del pezzo, anche se l’affermazione che anche politici come Sadat e Gheddafi siano stati uccisi su mandato di Parigi è controversa.
“La Francia non ha amici, ha solo interessi” è una frase attribuita a molti statisti, tra i quali il generale De Gaulle: a quest’ultimo pare più appropriata se pensiamo alla lunga lista di leader africani fatti uccidere per essersi ribellati al giogo parigino. Dal 1963, infatti, 22 Presidenti africani sono stati assassinati con la complicità dei servizi segreti francesi: lo SDECE (Service de Documentation Extérieure et de Contre-Espionnage), la DGSE (Direction Générale de la Sécurité Extérieure) e la DST (Direction de la Surveillance du Territoire). Sono questi tre “bracci armati” che hanno fomentato colpi di stato in Africa attraverso lacchè e traditori.
Lo SDECE è responsabile della disinformazione; la DGSE è il principale servizio segreto all’estero, incaricato di monitorare i governanti africani; la DST, il cui raggio di “sorveglianza del territorio” dovrebbe limitarsi alla Francia, agisce anche in Africa (con l’alibi di occuparsi di immigrazione). Quindi la DST, che è una forza di polizia che risponde al ministro dell’Interno (dal 2008 fusa con la Direction centrale des renseignements généraux), coopera anche con le forze di Paesi dittatoriali. Dopo la DGSE, la DST e lo SDECE, c’è la Direction du Renseignement Militaire (DRM) che fa propaganda filofrancese durante i conflitti in Africa.
Il sistema è ben oliato sin dai tempi del generale de Gaulle, che ha sacrificato l’indipendenza africana a vantaggio di quella francese per quattro ragioni: 1) il mantenimento della posizione dominante della Francia all’ONU, che può servirsi del voto di una serie di stati clientelari; 2) l’accesso a materie prime strategiche tra cui petrolio, uranio, oro, legno, cacao, ecc.; 3) il finanziamento della politica francese, tramite i fondi destinati agli aiuti allo sviluppo o la vendita di materie prime; 4) il ruolo della Francia come “scagnozzo” degli Stati Uniti in Africa. Quindi, per questi quattro motivi, Parigi ha messo in atto un sistema per mantenere le ex colonie sotto scacco. Questi sono i motivi per cui il sangue continua a scorrere nel continente nero.
In Camerun, il leader del partito indipendentista UPC (Union des Populations du Cameroun) Um Nyobé fu massacrato assieme ai suoi compagni nel 1958; i bombardamenti al napalm sul Paese tra il 1957 e il 1970 provocarono tra 100.000 e 400.000 morti.
In Togo, appena tre anni dopo la proclamazione dell’indipendenza, Sylvanus Olympio, primo presidente democraticamente eletto, fu assassinato il 13 gennaio 1963 dal sergente Étienne Eyadema a capo di una cricca di ex soldati. Il golpe è stato portato a termine col sostegno di un ufficiale francese incaricato della sicurezza del presidente Olympio. Dopo aver trascorso più di quarant’anni al potere, Étienne Eyadema, morto nel 2005, è stato sostituito dal figlio Faure Eyadema sempre sostenuto dai francesi
Nella Repubblica Centrafricana, un promettente statista, Barthélemy Boganda, è morto in un incidente aereo il 29 marzo 1959 durante la campagna elettorale. Abel Goumba, medico, ministro e presidente del consiglio di governo, assunse la presidenza ad interim. David Dacko, giovane insegnante ed erede politico di Barthélemy Boganda, con il sostegno dei circoli francesi a Bangui, riuscì a rimuovere Abel Goumba dalla successione. Quest’ultimo fondò dunque un partito di opposizione, MEDAC (Mouvement d’Évolution Démocratique de l’Afrique Centrale), che avrà vita breve perché Dacko farà arrestare Goumba e i suoi sostenitori. La Repubblica Centrafricana di Dacko, in preda a gravi crisi finanziarie (appropriazione indebita di fondi pubblici), soccomberà poi al colpo di stato di Jean Bedel Bokassa, che si impossessa del potere il 1° gennaio 1966 con la benedizione della Francia, la quale coglierà l’occasione per trasformare la nazione in un impero e saccheggiarne le risorse.
Nelle Comore, due capi di stato assassinati e altri due deposti dal mercenario Bob Denard.
In Niger, non appena Hamani Diori tentò di vendere l’uranio ad altri Paesi che non fossero la Francia, venne deposto da un golpe militare e arrestato.
In Gabon il 19 febbraio 1964 Léon M’ba fu messo al potere da paracadutisti francesi. Il diplomatico Germain M’ba, dopo aver protestato contro le condotte neocoloniali, divenne un appestato per la comunità franco-africana: si rifugiò dapprima a Brazzaville, dove venne espulso, poi a Kinshasa, dove venne arrestato per un mese. Mentre tornava da un cinema, Germain M’ba fu infine ucciso a colpi d’arma da fuoco all’ingresso della sua residenza a Libreville il 18 settembre 1971 (la moglie e la figlia rimasero ferite nell’attacco). Il suo cadavere scomparve. E da allora è calato il silenzio su questa vicenda.
Questa la lista dei 22 presidenti africani assassinati dal 1963:
1. Sylvanus Olympio, presidente del Togo (1963);
2. John-Aguiyi Ironsi, presidente della Nigeria (1966);
3. Ali Shermarke, presidente della Somalia (1969);
4. Abeid-Amani Karumé, presidente di Zanzibar (1972);
5. Richard Ratsimandrava, presidente del Madagascar (1975);
6. François-Ngarta Tombalbaye, presidente del Ciad (1975);
7. Murtala-Ramat Mohammed, presidente della Nigeria (1976);
8. Marien Ngouabi, presidente della Repubblica del Congo (1977);
9. Tafari Bante, presidente dell’Etiopia (1977);
10. Anwar al-Sadat, presidente dell’Egitto (1981);
11. William-Richard Tolbert, presidente della Liberia (1981);
12. Thomas Sankara, presidente del Burkina-Faso (1987);
13. Ahmed Abdallah, presidente delle Comore (1989);
14. Samuel-Kanyon Doe, presidente della Liberia (1989);
15. Mohamed Boudiaf, presidente dell’Algeria (1992);
16. Melchior Ndadayé, presidente del Burundi (1993);
17. Cyprien Ntaryamira, presidente del Burundi (1994)
18. Juvénal Habyarimana, presidente del Ruanda (1994);
19. Ibrahim Barré-Maïnassara, presidente del Niger (1999);
20. Laurent-Désiré Kabila, presidente della Rep. Democratica del Congo (2001);
21. João Bernardo Vieira, presidente della Guinee-Bissau (2009);
22. Muammar Gheddafi, presidente della Libia (2011).