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Prima lezione di slavofonia

Come sosteneva il grande slavista Riccardo Picchio (1923–2011), chi conosce una lingua slava può serbare almeno la certezza di non morire di fame o sete per migliaia di chilometri (orientativamente “dall’Adriatico al Mar Giallo”). Proprio per questo il modo migliore di approcciare questo vastissimo “territorio” a mio parere è quello di partire da Occidente (ceco-slovacco-polacco) o dal Meridione balcanico, invece di gettarsi immediatamente sul russo.

Non solo per assimilare il lessico più facilmente grazie all’utilizzo dell’alfabeto latino,  ma soprattutto per abituarsi all’uso particolare che la slavofonia fa dei casi. L’argomento talvolta viene affrontato un po’ alla leggera dai testi di grammatica, i quali dapprima lasciano intendere che i casi rispondano alle solite domandine (genitivo “di chi? di che cosa?”, strumentale “con chi/cosa?”, locativo “dove?”) ma poi aggiungono una trentina di pagine di “eccezioni”, rendendo nella pratica impossibile avere una visione d’insieme o trovare dei punti fermi sui quali costruire una sola frase.

Per capire come funziona una grammatica slava, dobbiamo ad esempio pensare che in polacco per indicare il predicato nominale in presenza di un sostantivo si usa il caso strumentale (Polska jest krajem [“La Polonia è un Paese”]; Jestem prawnikiem [“Sono un avvocato”]), mentre con un aggettivo si deve usare il nominativo (Matka jest wesoła [“La mamma è felice”]; Chleb jest dobry [“Il pane è buono”]); se invece ci si trova di fronte a un nome e un aggettivo allora si usa ancora lo strumentale (Matka jest wesołą kobietą [“La mamma è una donna felice”]; Polska jest ciekawym krajem [“La Polonia è un Paese interessante”]).

In pratica l’aggettivo concorda col soggetto (nominativo), il sostantivo invece vuole lo strumentale (e l’aggettivo che lo accompagna si “conforma” a esso). È giusto dire che To ćwiczenie jest irytujące (“Questo esercizio è noioso” [nom.]), in tutti i sensi – ma con la pratica si riesce a farsene una ragione.

Un’altra eccezione (sempre a titolo d’esempio) è rappresentata dall’utilizzo dell’accusativo laddove parrebbe più che pacifico usare un locativo. Si veda l’espressione Upaść na ziemię (“Cadere per terra”), che vuole l’accusativo di ziemia (“terra”). Questo accade perché la proposizione “na” può indicare un’azione dinamica o statica. Quando è statica, si usa il locativo: Gdzie jesteś? Na koncercie (“Dove sei? Al concerto”); Gdzie jest książka? Na ziemi (“Dov’è il libro? Per terra”). Quando invece è dinamica, vuole l’accusativo: Gdzie idziesz? Na koncert (“Dove vai? Al concerto”); Gdzie kładziesz książkę? Na ziemię (“Dove appoggi il libro? Per terra”).

Prima di scalare la russofonia bisognerebbe dunque farsi le ossa con qualcosa di più vicino alla nostra sensibilità: solitamente io consiglio appunto il polacco, oppure il croato, in quanto culturalmente più affini alla latinità (e all’italianità in particolare).

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