Quando i maya cacciarono gli ebrei

Haaretz ci informa che l’ex sindaco di una piccola città guatelmateca, San Juan La Laguna, è stato condannato a un anno di prigione per aver espulso una setta di estremisti ebrei (Lev Tahor, “cuore puro”) dal suo comune nel 2014. volti.

La congrega ortodossa, affiliata alla corrente ultraconservatrice degli haredim, venne fondato da un israeliano, Shlomo Helbrans, negli anni ’80 e rifiuta lo Stato di Israele, affermando che la Terra Promessa ebraica può essere stabilita solo da Dio, non dagli uomini.

La setta è stata espulsa dal villaggio perché la maggior parte dei diecimila abitanti di etnia maya (Tzʼutujil) non riusciva a sopportare gli atteggiamenti dei loro appartenenti, che si rifiutavano di avere qualsiasi contatto con chiunque al di fuori della loro comunità e a loro dire a volte manifestavano aperta ostilità sia verso i residenti che i turisti.

Durante il processo, Perez ha dichiarato di aver posto fine a uno “scontro di civiltà”. Negli ultimi anni oltre duecento adepti della Lev Tahor provenienti dal Quebec (che avevano dovuto lasciare per presunte “persecuzioni” da parte delle autorità canadesi, che li accusava di sequestro di persona e violenza su minori) sono infatti giunti a ingrossare la setta nella tranquilla cittadina sudamericana.

Le tensioni sono divampate dopo che gli anziani del villaggio (i quali hanno potere decisionale per la comunità) hanno accusato gli ebrei di “voler imporre la loro religione” agli indigeni cattolici: “Dobbiamo agiamo per autodifesa e per i nostri diritti di indigeni. La costituzione guatemalteca ci protegge e ci obbliga a conservare e preservare la nostra cultura”, ha affermato Miguel Vasquez, portavoce del consiglio degli anziani.

Dopo l’espulsione, nel settembre del 2014 il gruppo si è poi trasferito a Oratorio, un villaggio a 30 miglia a est di Città del Guatemala, abitando temporaneamente in tende.

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