Ha destato qualche perplessità l’allarme lanciato dalla “Bild” riguardo al rischio di attentati sulle spiagge italiane (Isis: Bild, allarme attentati su spiagge Italia e Spagna, “Ansa”, 19 aprile 2016): secondo l’autorevole foglio, i kamikaze sarebbe pronti a camuffarsi da venditori ambulanti per farsi saltare in aria nelle località balneari più frequentate dai turisti (tedeschi?).
Dopo aver saggiato più volte in questi anni la proverbiale “lealtà alemanna”, viene il sospetto che se i servizi tedeschi avessero qualche sentore di un attentato in Italia, probabilmente non troverebbero il tempo di comunicarlo a chi di competenza. Non ne faccio una questione etica, è solo il loro stile nazionale, al quale appartiene anche la tendenza a stringere patti faustiani con la convinzione che ci sarà sempre un lieto fine (colpa di Goethe): è così assurdo sospettare che il Mefistofele della nostra era non sia salafita (apprezzare almeno la consonanza)?
Basterebbe osservare a quali personaggi è in mano l’intelligence teutonica: il capo dei servizi segreti internazionali, Gerhard Schindler è stato costretto ad annunciare le sue dimissioni per non aggiungere anche un attentato alla lista dei suoi fallimenti. Ricordiamo infatti che, a parte scandali personali (nel 2012 utilizzando un aereo dei servizi fece trasportare da Kabul a Berlino un tappeto acquistato da un ministro per non farlo passare dalla dogana), Schindler è stato protagonista in negativo dell’affaire NSA (gli americano hanno intercettato le telefonate della Merkel per oltre un decennio) e di tutto il disastro legato all’esodo dei profughi siriani verso la Germania.
I tedeschi dunque non posso dare troppe lezioni sulla questione sicurezza, nemmeno con la scusa del titolo a effetto (altrimenti ci costringerebbero a pensare che la rimozione di Schindler abbia avuto come scopo la scelta di un capro espiatorio da dare in pasto ai giornali). Del resto la “Bild” non è estranea a questo tipo di “allarmi”: nell’agosto del 1993 sparò a caratteri cubitali il titolo I serbi minacciano di bombardare Rimini. All’epoca ne parlò anche la stampa italiana:
«Il servizio non dice molto di più di quanto pubblicato dalla stampa italiana. La minaccia, però, è esasperata. Viene presa con la massima serietà la promessa del leader degli ultrà nazionalisti serbi, [Vojislav Šešelj]: “Se la Nato ci attaccherà dall’Italia spareremo razzi sulle spiagge adriatiche, massacreremo i turisti”. A conferma viene citato il ministro dell’Interno sloveno, Bukovnic: “Ci risulta che i serbi preparino rappresaglie contro luoghi turistici”. Segue la descrizione delle misure adottate dalle autorità italiane: “Soldati hanno eretto posti di blocco nelle più importanti città dell’Adriatico… Il prefetto di Udine ha ordinato di tenere pronte dosi di plasma e ambulanze a Lignano Sabbiadoro perché gli ospedali locali potrebbero ospitare al massimo 8000 degenti e i turisti sul posto sono 70 mila, 30 mila i tedeschi”. Su tutta la costa, aggiunge l’articolo, si trovano almeno 80 mila cittadini della Bundesrepublik. Le minacce sono quelle di salve di missili dell’artiglieria serba, raid dei Mig 29, autobombe piazzate da terroristi per far strage di bagnanti. Tutto nello stile serrato della stampa popolare» (La Bild: Bombe su Rimini, “Repubblica”, 13 agosto 1993).